Questo secondo numero, già necessariamente altro dal primo, è per una felice coincidenza dedicato a Eraclito, filosofo efesino passato alla storia come colui che scoprì il cambiamento.
Come si è detto, i filosofi di quel tempo consideravano la filosofia un’indagine della natura. Eraclito è andato più in là: la vita, l’universo e tutto quanto non sono un edificio fermo e instabile, quanto semmai una colossale serie di azioni. Il mondo è tutto ciò che accade: una totalità di eventi. Ed è proprio con il problema scoperto da Eraclito – quello di un mondo in continuo movimento – che Parmenide, Democrito, Platone e Aristotele si confronteranno.
Sin da subito, Eraclito avverte i propri lettori che probabilmente non capiranno, e che anzi essi assomigliano a persone inesperte, nonostante – come fortemente suggerisce – egli abbia qualcosa da dirci a proposito del mondo e, ovviamente, della condizione umana. Eraclito critica non solo, come si è detto, i costumi dei suoi concittadini, ma anche un certo tipo di sapienza. Egli osserva, infatti, che poeti, storici e filosofi che lo hanno preceduto erano sì sapienti nelle più vaste discipline, ma non conoscevano il lògos: legge capace di governare il mondo, ragione in grado di interpretarlo, fondamento del linguaggio tramite cui esprimere ciò che se ne comprende.
Mantenere lo stessa lemma per tre nozioni così diverse è fondamentale: solo così, infatti, è possibile esprimere quell’unità che il filosofo vede tra uomo e natura, tra l’oggettività del reale, la logica del pensiero e la linguistica. Questo è, per molti autori, caratteristica peculiare della filosofia presocratica. Nel momento storico all’interno del quale Eraclito vive e pensa, poi, l’oralità è ancora una parte rilevante nella trasmissione della Sapienza: il lògos quindi è il discorso che si è chiamati ad ascoltare per raggiungere la verità.
L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 30-32.