Un anno fa, il 10 gennaio, il mondo piangeva la scomparsa di un grande della musica, il “duca bianco” David Bowie. La data di morte del cantante britannico è arrivata poco dopo il suo sessantanovesimo compleanno e la pubblicazione di Blackstar, quello che poi è diventato un capolavoro quasi postumo. Il disco è uscito proprio l’8 gennaio, compleanno di Bowie, come una sorta di regalo a tutti i fan. Appena due giorni dopo, la notizia della morte – assolutamente inaspettata – ha fatto il giro del mondo in maniera virale.
La vita di David Bowie
David Robert Jones nacque a Londra l’8 gennaio 1947, precisamente nel quartiere di Brixton. Come molti artisti che sono diventati famosi nel corso degli anni, il piccolo David era un grande appassionato di musica: imparò a suonare il sassofono in età giovanissima, molto prima di raggiungere il successo. Stando alla biografia del cantante, sul suo proprio sito ufficiale, David iniziò a praticare il sax a tredici anni, prendendo lezioni da Ronnie Ross: il jazzista britannico, oltre ad aver insegnato il sassofono al giovane David, qualche anno dopo fu solista in Walk on the Wild Side – prodotta in compartecipazione, per altro, dallo stesso Bowie – di Lou Reed. Prima di diventare conosciuto come David Bowie, il giovane artista partecipò a diversi progetti musicali con i The Konrads, i The King Bees, i Mannish Boys e i Lower Third, per poi intraprendere una gloriosa carriera solista: un percorso musicale iniziato nel 1966 che lo fece diventare conosciuto come il cantante che il mondo intero ha amato. La carriera solista dell’artista britannico è cominciata attorno al 1967, con la pubblicazione dell’album (auto)intitolato David Bowie. Nonostante il primo disco del duca bianco non sia diventato un best-seller, esso ricevette critiche positive che fecero conoscere il giovane londinese al pubblico. Il trampolino – in questo caso una vera e propria rampa – di lancio che può aver dato la svolta alla carriera di David Bowie è forse stata la diretta dello sbarco sulla Luna. La BBC, durante il live-coverage della partenza della missione Apollo 11, inserì Space Oddity in alcuni servizi dedicati all’allunaggio, facendo diventare il singolo una vera e propria hit.
Space Oddity, rampa di lancio verso il successo
La prima scalata delle classifiche coincide proprio con la celeberrima canzone incentrata su Major Tom: in un’intervista rilasciata a Teamrock, Bowie affermò che l’ispirazione di quella hit indimenticabile era arrivata dal capolavoro di Stanley Kubrick 2001: Odissea nello spazio. Sempre durante lo stesso intervento, il cantante raccontò di come lui fosse un grande fan di quella pellicola e di quante volte l’avesse vista. Alla terza visione del celebre film del regista di Arancia Meccanica, Bowie ebbe l’ispirazione di scrivere Space Oddity: «Era il senso di isolamento a cui sono legato, trovai il tutto veramente formidabile. Ero sempre abbastanza fatto quando andavo a vedere questo film, ed è stato come una rivelazione per me. Questo film mi fece partire l’ispirazione per la canzone». Bowie aggiunse poi, durante la stessa intervista, come il personaggio di Major Tom fosse nato dal suggerimento di una sua fidanzata del periodo, l’attrice Hermione Farthingale: «È stata Hermione a farmi scrivere su di una determinata persona […]. Quando originariamente scrissi su Major Tom, pensavo al grande sogno americano, da dove inizia e dove dovrebbe finire. Era praticamente una grandissima critica al “so tutto io” della tecnologia americana che ha mandato quel tizio nello spazio, ma una volta arrivato lì lui non è sicuro del perché sia lì. E proprio lì ce l’ho lasciato». Il singolo uscì in fretta e furia l’11 luglio 1969, e venne spedito anche ai disc-jockey negli Stati Uniti – in vista della missione Apollo 11 – cercando di cavalcare l’onda dell’allunaggio. Il singolo di David Bowie ricevette più successo in Inghilterra, dove – come detto prima – esso venne usato come tema durante la diretta BBC della missione NASA. «Fu selezionata dalla BBC, e usata come musica di sottofondo proprio durante l’atterraggio sulla Luna, in tutta la Gran Bretagna […] anche se secondo me non stavano ascoltando per nulla il testo: non era tanto piacevole sovrapporlo con l’atterraggio sulla Luna. Ovviamente ero contentissimo che l’avessero fatto!» spiega Bowie. Tra le sue tante canzoni celebri, Space Oddity è una delle più famose e caratteristiche dell’artista, tanto che il suo produttore, Gus Dudgeon, ne ebbe a dire: «Ninna nanna intergalattica, collegata con la NASA, Space Oddity è questo ed altro. Una storia estremamente inventiva, scritta in una canzone che fece cominciare un decennio fertile di pop rivoluzionario. Non penso che fosse un qualcosa che qualcuno avesse già fatto, ed è per questo che il pezzo è ancora un classico». Questo status di classico intramontabile si dimostra anche con il fatto che il singolo del 1969 rimane il più venduto di sempre in tutto il Regno Unito.
La stagione d’oro di David Bowie
Ziggy Stardust
In tanti hanno definito l’inizio della decade degli anni ’70 come la migliore stagione di David Bowie. Dopo il successo di Space Oddity, con l’uscita di The Man Who Sold the World il duca bianco – da trend setter quale era – aveva portato delle sonorità diverse nella musica del periodo, tanto che alcuni definiscono l’album del 1971 come una pietra miliare per la nascita del glam rock. Caratterizzato da uno stile definito camaleontico, Bowie ha saputo reinventare la sua immagine più volte, dando vita anche a quelli che sono i suoi alter ego. Ziggy Stardust e Aladdin Sane sono un esempio di come il cambio d’immagine coincida con la volontà di David di non rimanere sempre nello stesso personaggio, evolvendo così anche il suo punto di vista musicale. Uscito nell’anno 1972, The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders From Mars ha dato vita a un alter ego che – secondo lo stesso Bowie – era molto di più di un semplice concetto. Intervistato da Rolling Stone, l’artista ebbe a dire: «Quello che ho fatto con Ziggy Stardust era un pacchetto, assolutamente credibile, di un cantante rock and roll assolutamente modellabile […] voglio dire, il mio cantante rock and roll era più plastico di qualunque altro in circolazione, ed era quello che serviva in quel momento». Nello stesso intervento Bowie raccontò come diverse cose avessero ispirato sia il personaggio di Ziggy Stardust sia il nome stesso dell’alter ego: ad esempio, l’idea di una rock star aliena deriva da Vince Taylor, anche lui musicista inglese, il quale – dopo un crollo emotivo e dopo l’abuso di droghe – si ritrovò a far parte di un culto secondo il quale lui era un dio alieno sceso sulla Terra. Allo stesso modo, il nome Ziggy deriva da una sartoria che Bowie vide da un treno, e l’appellativo Stardust deriva da Legendary Stardust Cowboy, pioniere del genere psychobilly. Ed è così che David Bowie affronta la storia del suo quinto album: «Ziggy viene consigliato in sogno dagli infinites a scrivere sull’arrivo di uno starman… questo fantastico uomo dello spazio che scenderà per salvare la Terra. […] Ziggy inizia a credere lui stesso in tutto ciò e soprattutto pensa di se stesso come un profeta dei futuri starmen. Lui si eleva a un’altezza spirituale incredibile ed è tenuto in vita dai suoi discepoli. Quando gli infinites infine arrivano, prendono pezzi di Ziggy per rendersi reali, perché nel loro stato originale sono l’anti-materia e non posso esistere nel nostro mondo. Gli infinites poi faranno a pezzi Ziggy sul palco durante la canzone Rock ‘n’ Roll Suicide».
Aladdin Sane
David Bowie – come già spiegato – era un trasformista, e ad un anno da Ziggy Stardust pubblicò Aladdin Sane, album che contiene grandi successi come Jean Genie e Watch That Man. Visto l’epilogo del suo disco precedente, e vista la sua volontà di non rimanere sempre sullo stesso personaggio, David Bowie inventò l’alter ego Aladdin Sane. Intervistato sempre da Rolling Stone, l’artista dichiarò: «Ci fu un momento nel 1973 in cui sapevo che tutto era finito […]. Non volevo rimanere intrappolato in questo personaggio di Ziggy per il resto della mia vita. Penso che quello che stavo facendo con Aladdin Sane fosse di muovermi verso un’altra direzione, ma usando una specie di imitazione un po’ meno chiara di Ziggy. Nella mia testa era Ziggy Goes to Washington: Ziggy sotto l’influenza dell’America». Oltre la differenza nel personaggio, dovuta al cambio di alter ego, si notano delle sonorità diverse più forti, quasi un po’ rozze. David Bowie scrisse le canzoni di Aladdin Sane durante i tour in giro per gli Stati Uniti, infatti ogni canzone del suo LP è elencata con un luogo che ha visitato: ad esempio, Watch That Man e Jean Genie sono ispirate dalla visita a New York, mentre Drive-in Saturday riguarda il passaggio a Seattle e Phoenix. Questa scelta è stata quasi una motivazione per argomentare l’influenza americana di Aladdin Sane, enfatizzando l’idea originale. Inizialmente Bowie partì con l’idea di intitolare l’album con il nome di Love Aladdin Vein, per poi decidere di intitolarlo come il suo alter ego, anche per ovviare alle questioni che lo riguardavano sul presunto uso di droghe. In The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders From Mars, rispetto al personaggio di Aladdin Sane, Ziggy risulta quasi una persona innocente. Il cambio di personaggio ha fruttato all’album di Bowie ben 4,6 milioni di copie vendute, rendendolo il terzo in classifica, superato soltanto da The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders From Mars (7,6 milioni) e da Let’s Dance (10,7 milioni).
Il periodo berlinese
Dopo successi del calibro di Diamond Dogs, disco che ha reso famose canzoni indimenticabili come Rebel Rebel, David Bowie si trasferì a Berlino. Durante la sua permanenza nella città divisa registrò tre album: Low, Lodger e Heroes. L’ultimo di questa lista è stato registrato effettivamente a Berlino: Bowie iniziò il lavoro a Heroes poco dopo aver concluso la collaborazione con Iggy Pop per Lust for Life. L’album venne registrato negli Hansa Studios, un luogo che tempo prima non solo ospitava feste all’aperto nel periodo nazista, ma si affacciava anche sul muro di Berlino. Proprio questo ambiente post-bellico, nel pieno della guerra fredda, ha ispirato la storia che c’è dietro all’album: il disco racconta la vicenda di due persone che si amano e che si incontrano sotto il celebre muro della città divisa. Sebbene non fosse proprio una delle canzoni di maggior successo, Heroes è sicuramente il pezzo più apprezzato del repertorio del duca bianco. Lo stesso chitarrista che la registrò per l’occasione, Robert Fripp (fondatore per altro dei King Crimson), definì lo stesso pezzo come una canzone stupenda, rimarcando come esso facesse scattare qualcosa a livello emotivo.
Blackstar e l’eredità di David Bowie nella musica
Dopo una carriera di lunghi successi, iniziata negli anni ’60, David Bowie annunciò la pubblicazione di un nuovo disco, a distanza di tre anni dall’uscita di The Next Day: per l’appunto Blackstar. Quando uscì il singolo Lazarus, i fan di tutto il mondo acclamarono la grandezza del personaggio che era David Bowie e la portata del suo lavoro. Col senno di poi, dopo aver scoperto che il duca bianco lottava con una malattia da diverso tempo, il testo e le immagini di quel singolo assumono tutto un significato diverso. Il primo verso del singolo – “Look up here, I’m in heaven / I’ve got scars that can’t be seen” – è piuttosto eloquente, e spiega la situazione dell’artista. Il disco è stato pubblicato il giorno dell’ultimo compleanno di Bowie, e nonostante sia passato più di un anno continua a rivelare segreti di cui anche il produttore Tony Visconti non era a conoscenza. Blackstar oltre a essere stato apprezzato come opera musicale, ha infatti rivelato numerosi Easter egg. Dopo alcuni mesi, un utente di Imgur pubblicò una foto in cui ritraeva il vinile di quell’album, esposto di taglio alla luce solare: questa particolare operazione consente di vedere un campo di stelle che brillano. Unendo gli stessi astri con delle linee immaginarie, si forma l’effigie del famosissimo Starman in posa, protagonista di The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders From Mars del 1972. I segreti riguardanti Blackstar continuano a essere rivelati dai fan di tutto il mondo, rimarcando come David Bowie non fosse mai banale. L’artista inglese, con i suoi alter ego, ha saputo esplorare più generi della musica, ispirando anche i suoi successori ed elevando il personaggio di David Bowie allo status di icona della musica. Molti musicisti di vari generi sono stati ispirati dal lavoro del “sottile duca bianco”. Gli Arctic Monkeys, ad esempio, in un’intervista a RVA Magazine spiegarono come l’album su Ziggy Stardust avesse ispirato la band durante la registrazione del loro disco AM. David Bowie ispirò, con il suo trasformismo, anche la comunità LGBTQ, aiutando le persone a non aver paura di essere se stesse. In un’intervista sollevò una critica abbastanza diretta a MTV: durante la collaborazione con Nile Rodgers per Let’s Dance, Bowie venne a conoscenza di come ci fosse disparità tra artisti bianchi e artisti di colore, e durante una video intervista rese noto il suo disappunto per la questione. Proprio il disco del 1983 è considerato una pietra miliare della musica dance moderna: una prova in più della costante volontà di David di esplorare nuovi generi. Tutti motivi più che sufficienti a spiegare – anche a chi non lo conoscesse particolarmente bene – il motivo per cui la scomparsa di un artista come David Bowie non è stata solo la morte di un grande della musica, ma molto di più.