La vittoria di Donald Trump è stata totalmente inaspettata, soprattutto visti i sondaggi che davano Hillary Clinton per vincitrice. I sondaggisti, tuttavia, non hanno tenuto conto dell’aspetto social di queste elezioni, aspetto che ha portato alla diffusione di notizie false e titoli sensazionalistici (i cosiddetti clickbait), con lo scopo di attirare visite. Il lato più interessante di questa vicenda è stato proprio Facebook, in quanto non solo esso non ha impedito il circolare di notizie false, ma ha anche contribuito alla diffusione delle stesse, a causa degli algoritmi adottati per la selezione delle notizie in rilievo, a scapito, chiaramente, della qualità dell’informazione.
L’importanza della qualità la si può notare in uno dei casi più eclatanti relativi alla diffusione di notizie false: quello del vaccino contro morbillo, parotite e rosolia. Una pubblicazione del Dott. Andrew Wakefield del 1998, sulla rivista medica britannica The Lancet, ipotizzava un’apparente relazione tra il vaccino stesso e l’autismo: studio peraltro fraudolento, in quanto venne rivelato che il dottore era stato pagato da un avvocato impegnato in una causa legale contro un produttore di vaccini. Questo unico articolo però è riuscito – e riesce tuttora, a distanza di quasi vent’anni – a far abbassare in modo rilevante il numero di bambini vaccinati, facendo scendere la percentuale sotto il 95%, soglia che secondo l’ONU garantisce una sufficiente protezione di gregge per i bambini che – per complicazioni mediche – non possono essere vaccinati.
La diffusione di notizie false è stata criticata duramente dai quotidiani, all’alba della vittoria di Donald Trump. Il presidente eletto si è fatto portavoce di alcune bufale, come quella sull’inesistenza del riscaldamento globale, teoria portata avanti dai personaggi politici finanziati dalle compagnie petrolifere, e il social ha fatto il resto del lavoro, sfruttando l’effetto cassa di risonanza che Facebook garantisce. Per quanto riguarda i sondaggi, che davano per vincitrice Hillary Clinton, va detto che non hanno tenuto conto degli algoritmi del social, i quali creano una eco chamber che mette in rilievo i post politicamente affini alle idee di ciascun utente, facendo venire meno, di fatto, la neutralità del sito stesso.
L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 22-25.
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