Lo Yemen è sempre stato un paese molto tormentato: sin dal VI secolo a.C. infatti, limite in cui iniziano i primi resoconti scritti della vita nel paese, non ha mai attraversato periodi più lunghi di trent’anni senza un conflitto, che fosse civile o esterno. Le prime notizie arrivano dai greci, che chiamavano l’area Eudaìmon Arabìa e la definivano come un posto ricco di risorse e, pertanto, conteso da diversi popoli spesso in lotta tra loro. Ma il conflitto che sta dilaniando il paese ora presenta un tasso di violenza senza precedenti, e la popolazione ne risente: in due anni di scontri sono morte oltre diecimila persone, e tre milioni sono dovuti fuggire dalle proprie case.
Le guerre civili non accadono per caso, e quella yemenita non fa storia a sé: il conflitto in corso è il risultato di un decennio di tensioni, iniziato nel luglio del 2004 con le prime rivolte di Ansar Allah, un gruppo di fede sciita zaidita (dal nome del fondatore di tale corrente religiosa, Zayd al Husayn, che si ribellò contro il califfato Omayyade ma venne ucciso in battaglia come il padre, Zayn al Abidin, ucciso nel massacro di Kerbala), una corrente riformista all’interno dello sciismo conosciuta con il nome popolare di Houthi. A settembre del 2004 la rivolta venne repressa nel sangue: ci furono quasi un centinaio di morti, tra cui il leader del movimento, l’Imam Husayn Al Houthi. Da quel momento, e per tutti i primi anni 2000, il rapporto degli Houthi con Sana’a attraversò alti e bassi, con diversi accordi stipulati e poi rigettati da entrambe le parti.
Nel 2007, nelle regioni meridionali del paese, vanno in scena una serie di proteste pacifiche volte a chiedere la secessione: la protesta, partita da basi storiche e ideologiche, mirava al ripristino dello Yemen meridionale come stato indipendente. Questo stato era attivo tra il 1971 e il 1990, e si ricorda come l’unico stato della penisola araba ad aver avuto una costituzione di stampo dichiaratamente marxista comunista. Le proteste vennero represse con la violenza dal governo di Sana’a, nel frattempo impegnato nuovamente dagli Houthi nel nord del paese. Questi, guidati dal fratello di Husayn Abdel Malek, nello stesso anno firmarono un cessate il fuoco, dopo tre anni di scontri che avevano lasciato sul terreno quasi tremila vittime.
L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 10-13.