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Licia Colò e l’antropomorfismo: quando è l’ambientalismo a fare danni

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Stefano Urso

Una nota presentatrice dall’animo buono e dalla voce gentile (Licia Colò) entra nel suo supermercato di fiducia e comincia a depennare gli articoli dalla sua lista. La spesa procede con tranquillità e soddisfazione, fino a quando il suo sguardo non incrocia il banco della pescheria. Una ventina di granchietti agonizzanti la stanno chiamando a gran voce. Complice il fatto che sono impacchettati, tuttavia, la presentatrice non riesce a comprendere se le loro voci dicano «Lasciaci morire in pace» o «Ti prego, restituisci le nostre spoglie al dio del mare». Così la biondissima conduttrice – che ha collaborato numerose volte con la nota star Ciuffo – si sente avvampare di una nuova energia morale, e diventa all’istante la paladina indiscussa dei granchi. Decide che è ora di farla finita con questa violenza verso animali pensanti, così prende lo smartphone e apre lo strumento che le permetterà di porre fine a questa mattanza: Facebook.

Tutti devono sapere. Non solo che tutto questo è moralmente condannabile, ma che nessun ragionamento razionale può frenarla dal mettere in pratica la sua necessità di protagonismo. Compra la confezione di granchi vivi (perché è giusto così), finisce di fare la spesa (l’indignazione sfinisce e richiede molte energie), si reca sulla spiaggia (perché i granchi vivono tutti in un generico mare) e libera quei succosi corpicini agonizzanti. Finalmente giustizia è stata fatta, e tutti noi ora possiamo dormire tranquilli. L’ambiente è una cosa che va preservata da tutti quei cattivoni che se ne approfittano, e se questi periranno sotto le grinfie di terremoti e uragani sicuramente se la saranno andata a cercare.

Licia Colò che fraternizza con animali umanizzati. Credit: animalieambiente.it

Chi non dorme tranquillo, però, è chi riflette sulla natura tendenzialmente fessa della platessa, che non è stata così furba da farsi catturare viva e da farsi mettere in una vaschetta, ma ha preferito, invece, farsi sfilettare e posizionare su una fredda vetrina ghiacciata.

L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 14-17.

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Stefano Urso

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