La Cina sta guardando al proprio futuro e alle sfide che la attendono con sempre maggiore preoccupazione: dopo l’elezione di Donald Trump come Presidente degli Stati Uniti, e dopo i segni di ripresa militare giapponese, ecco che l’instabilità del Medio Oriente minaccia gli interessi di Pechino, con la guerra civile yemenita in procinto di creare un buco nero proprio a ridosso dello stretto di Bab al Mandab ossia lo stretto dove si congiungono Mar Rosso e Oceano Indiano, nonché uno dei colli di bottiglia in cui passano le navi che portano le merci cinesi in Europa. Una delle armi con cui la Cina intende affrontare tali pericoli è un esercito moderno, reso tale da una riforma di lungo termine che è iniziata negli anni ’80 con la riduzione del personale attivo.
La parata del 3 settembre 2015
Come ogni 3 settembre, la Cina ha celebrato l’anniversario della vittoria sul Giappone che pose fine alla seconda guerra mondiale. La tradizionale parata, nel 2015, ha mostrato appieno la potenza militare del paese: oltre ai droni di ultima generazione si è avuta l’occasione per vedere i missili balistici di teatro DongFeng (in cinese ‘Vento dell’Est’) 21B e i DF 26, anche detti Guam Killer perché in grado di bombardare la base statunitense di Guam situata nel sud del Pacifico e ritenuta (a ragione) una testa di ponte verso il sud del paese in caso di conflitto. Si sono poi visti i DF 31A, modello di ICBM (InterContinental Balistic Missile) a rampa mobile, e numerose altre armi quali i nuovi elicotteri anticorazzati WZ19 e i caccia Shenyang J15 (basati sui modelli russi del Sukhoi S33), che diventeranno operativi entro i prossimi tre anni con il varo della prima portaerei completamente costruita dai cinesi, la Shendong.
In occasione delle celebrazioni le autorità cinesi hanno tenuto diversi discorsi, e quello maggiormente atteso era quello del presidente cinese Xi Jinping.
L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 4-7.