La figura della donna è un argomento ritenuto molto importante e sentito praticamente in qualsiasi contesto: dall’occupazione alla pubblicità. Quando si parla di donne è quasi impossibile non inserire stereotipi e pregiudizi. «Le donne sono più sensibili» o «sarebbe come spiegare il fuorigioco a mia moglie» sono solo alcuni esempi che riempiono la vita di tutti i giorni. Il fatto che, però, ci si focalizzi solo su questioni più superficiali e visibili, come la disparità nella retribuzione, e si ignori completamente, anche da parte delle donne stesse, la parte più sottile, come l’uomo che rinuncia al proprio cappotto per donarlo alla donna infreddolita, è la questione più importante. Come abbiamo già discusso su theWise in merito allo sciopero delle donne durante l’8 marzo scorso, non si può pretendere il rispetto di una qualsiasi categoria se il principio fondante è la focalizzazione delle differenze e la pretesa dei diritti con la forza e la polemica. La polemica, ma ancora più fortemente l’indignazione, sono due armi molto usate per mettere in risalto le differenze di genere. Il problema fondamentale è che se poi ci si focalizza sulle differenze, le si vede ovunque e le si usano come prova incontrovertibile della disparità.
Una delle espressioni culturali più potenti, insieme alla letteratura e al cinema, è sicuramente il videogioco. Se, da una parte, ci si arrovella se considerare o meno il videogioco un mezzo di espressione pari all’arte classica, dall’altra viene considerato come qualcosa di demoniaco e frivolo. Non sono nuove notizie allarmistiche, di cui Studio Aperto è il massimo esponente, in cui si incolpano i videogiochi di indurre direttamente il comportamento violento dei più giovani. Al di là della superficialità nel considerare fenomeni tendenzialmente complessi senza conoscerli, che cosa accomuna la figura della donna e i videogiochi? La risposta è scontata.
Se quando si parla di donna si parla anche di, e attraverso, stereotipi, quando si parla di stereotipi si parla di cultura; e quando si parla di cultura si parla della sua espressione, quindi anche di videogiochi. Ma perché non discutere della figura della donna nella pittura? Della differenza di concezione del corpo femminile dal classico al romantico? Perché tendenzialmente non frega a nessuno. Nel 2017, anno della post-verità, le chiacchiere da Facebook hanno lo stesso peso delle dichiarazioni di esperti del settore e, di conseguenza, quando si parla di qualcosa ci si ferma alla superficie. Se poi ci si accostano studi di settore senza averli capiti o valutati il passo al grillismo è davvero breve.
L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 15-18.