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La paralisi del sonno: “The nightmare before sveglia”

Published by
Mattia Scarponi

«Sono ben sicuro di essere a letto e di dormire… lo sento e lo so… sento anche che qualcuno si sta avvicinando a me, mi guarda, mi palpa, sale sul mio letto, mette le ginocchia sul mio petto e mi prende il collo tra le sue mani e le stringe, le stringe con tutta la sua forza per strangolarmi. Cerco disperatamente di liberarmi, ma sono incapace del più minimo movimento a causa di quel terrificante sentimento di impotenza che ci paralizza nei nostri sogni. Vorrei gridare ma non posso. Cerco con la forza della disperazione di respirare e faccio sforzi tremendi. Tento di girarmi su di un fianco per togliermi d’addosso quella creatura che mi sta schiacciando e soffocando, ma non posso. Poi, all’improvviso, mi risveglio ancora in preda al panico ed inzuppato di sudore. Accendo una candela. Sono solo».

Queste parole di La Horla di Guy de Maupassant descrivono un fenomeno più comune di quanto non sembri e a dir poco terrificante: la paralisi del sonno. Questa curiosa esperienza viene definita come un disturbo del sonno caratterizzato da:

  • insorgenza nella prima fase del sonno o nell’ultima (ipnagogiche se nel transito veglia-addormentamento, ipnopompiche se nel passaggio sonno-risveglio);
  • dormiveglia;
  • inibizione dei movimenti volontari del corpo (atonia dei muscoli di braccia, spalle, gambe, addome, ecc…);
  • mantenimento dei movimenti volontari oculari e respiratori;
  • presenza di allucinazioni, di qualsiasi tipo (visive, uditive, tattili, olfattive, gustative) e spesso niente affatto piacevoli.
Rappresentazione della paralisi notturna. [Fonte]

Influenza antropologica e artistica

L’alta incidenza nella popolazione mondiale e il grande impatto emotivo che questo fenomeno genera hanno fatto sì che nei secoli si siano generati miti e leggende in merito, storie tramandate di generazione in generazione anche attraverso l’uso dei linguaggi artistici. Nell’Europa settentrionale, secondo le varie lingue, lo spirito che turbava le notti veniva definito mara/maron/mære (o altre varianti). Non a caso, questo termine è andato a costituire la desinenza di nightmare, termine che per l’appunto definisce l’incubo nella lingua inglese. Anche nell’Europa centrale e mediterranea si usava il termine mora, assieme ad altre parole che indicavano folletti, streghe e spiriti. Nella mitologia degli antichi romani, l’incubus era un demone di sembianze maschili che giaceva sul petto di donne dormienti infondendo in loro sogni caotici e approfittando sessualmente del loro corpo.

In altre leggende, arrivate in seguito fino al Medioevo, il succubus (dal latino succuba, ‘amante’) è un demone di sesso femminile che seduce gli uomini, specialmente i monaci, per avere rapporti sessuali. Secondo la leggenda i succubi assorbivano l’energia dell’uomo per alimentarsi, talvolta conducendo alla morte il malcapitato. E poi c’è il kanashibari della tradizione giapponese (letteralmente ‘legati o fissati al metallo’), lo madzikirira della tradizione dello Zimbabwe e tanti altri ancora; basti pensare che anche moltissime abduction, ovvero i rapimenti alieni (o presunti tali), sarebbero correlabili a questi scherzi della mente umana. Miti e leggende che, come tali, rientrano di diritto nella strutturazione dei costumi popolari, tanto da condizionare mentalità ed espressioni artistiche: si è già citato Maupassant, ma si possono aggiungere anche Lovecraft e Füssli, solo per citare due nomi.

Johann Heinrich Füssli, Incubo, 1791. [Fonte]

Cosa si prova durante una paralisi del sonno?

Le esperienze provate nelle paralisi del sono risultano spaventosamente vivide per il soggetto che le prova, e in genere hanno tutte un contenuto semantico irrazionale ed emotivamente negativo (seppur vengano riportate rare testimonianze di sensazioni piacevoli). Non ci si riesce a muovere in quella situazione e sembra di essere svegli (dato che è possibile muovere gli occhi), sebbene sia presente la sensazione che ci sia qualcosa che non torna. Si era parlato di allucinazioni: il pattern più frequente è quello di vedere una figura oscura dai tratti umanoidi che si avvicina al malcapitato con velocità variabile e che gli provoca una pressione sull’addome o sul petto in vario modo (sedendosi, spingendo con le mani…): questo crea agitazione e paura, poiché ci si vorrebbe muovere ma non ci si riesce; a volte ci sono solo voci, lontane o vicine, dialoganti, urlanti, piangenti; alcuni soggetti riferiscono di odore di zolfo nella stanza. Questi, ovviamente, sono solo esempi: le combinazioni sono molte e variabili.

[Fonte]

Correlati neurofisiologici

Per capire bene cosa si inceppi nel normale funzionamento del sonno è necessario fare una piccola premessa, distinguendo la funzionalità del cervello sveglio e di quello addormentato. Perché ci si addormenta? Domanda meno scontata di quanto possa apparire. Funzione filogeneticamente conservata nonostante possa rendere più esposti a pericoli esterni, il sonno assolve molteplici scopi: riposo corporeo, ristabilimento delle funzioni metaboliche cellulari, downscaling delle sinapsi cerebrali, consolidamento della memoria e delle nozioni apprese. Tuttavia ancora non si è riusciti a “mettere i puntini sulle i”, e quindi quelle proposte sono solo teorie che, pur supportate con prove organiche (dirette ed indirette, tramite la deprivazione del sonno – vedi immagine sotto), non riescono a fornire una spiegazione esaustiva.

Effetti della privazione del sonno. [Fonte]

Di fatto, però, qualcosa cambia nella transizione veglia-sonno. Tramite analisi polisonnografiche (che analizzano le onde cerebrali, i livelli di ossigeno, il battito cardiaco, la respirazione, i movimenti oculari e i movimenti degli arti), si distinguono due fasi nel sonno. Innanzitutto, il sonno NREM (non REM),  a sua volta diviso in quattro stadi che portano al sonno profondo, ad onde lente. Più precisamente:

  • Stadio 1 – rappresenta l’addormentamento, nel quale l’attività cerebrale rallenta. Possono essere presenti delle improvvise contrazioni muscolari, dovute al fatto che spesso si ha la sensazione di cadere nel vuoto;
  • Stadio 2 – fase di sonno leggero, in cui le onde cerebrali sono simili a quelle visibili in fase di veglia;
  • Stadio 3 – fase di sonno profondo caratterizzato da onde cerebrali molto lente ed ampie;
  • Stadio 4 – fase di sonno profondo in cui l’organismo si rigenera, ripristinando le riserve metaboliche. Progressivamente, quindi, diminuiscono le intensità di movimenti in generale, si alza la soglia percettiva agli stimoli esterni e quindi il risveglio diventa più difficile.

C’è poi il sonno REM (rapid eye movement), in cui si bloccano i muscoli del corpo, rallentano la respirazione e il battito cardiaco, si muovono gli occhi e i maschi hanno l’erezione mattutina. Queste fasi si alternano nel corso della notte, aumentando via via la fase REM a discapito della NREM (ovviamente ci sono molte differenze interindividuali, anche a seconda dell’età).

[Fonte]

Andando più nel dettaglio, funzionalmente il sonno è regolato da un’eterogenea regione encefalica che comprende ipotalamo, prosencefalo basale (la parte più profonda degli emisferi cerebrali), la formazione reticolare del tronco encefalico e il locus coeruleus (anch’esso situato nel tronco cerebrale), le cui proiezioni si distribuiscono in tutto il cervello. A questo punto, è bene che siano chiari due concetti: l’EEG registra direttamente l’attività (ovvero lo stato di attivazione neuronale) della corteccia cerebrale, ma i ritmi fisiologici di quest’ultima sono generati dalle strutture sottocorticali citate sopra, ergo l’attività di queste ultime è registrata indirettamente e, poiché il livello di attivazione sinaptico nelle strutture sottocorticali suddette è differenziato, ogni fase ha un diverso livello di attivazione elettrico e neurotrasmettitoriale.

[Fonte]

Il sonno NREM sembra essere gestito dal prosencefalo basale, dall’area intorno al nucleo del tratto solitario a livello del bulbo e dai nuclei dorsali del rafe, il cui neurotrasmettitore principale è la serotonina. Il sistema reticolare ascendente del tronco cerebrale e la parte posteriore dell’ipotalamo sono connessi con la veglia assieme al nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo, coinvolto nei ritmi circadiani e nel ritmo sonno-veglia. La componente dei nuclei dorsali del rafe e il locus coeruleus (noradrenergico) hanno un‘azione di inibizione del sonno REM, mentre le strutture colinergiche ponto-mesencefaliche lo attivano. I sogni possono avvenire in tutte le fasi, e non solo nella fase REM (contrariamente a quanto si credeva fino a poco tempo fa). Ecco, nelle paralisi del sonno questo meccanismo si inceppa transitoriamente: si ha un rilascio anomalo (prolungato oltre il risveglio o anticipato prima dell’addormentamento) di quei neurotrasmettitori che determinano la paralisi e il rilassamento muscolari, tipici della fase REM. Quindi – principalmente a causa dell’aumento della funzionalità GABAergica nella formazione reticolopontina – il corpo permane nelle stesse condizioni che assume nel sonno, nonostante la mente sia sveglia. Da qui hanno origine gli incubi in questione, il tutto per un periodo che va da pochi secondi ad alcuni minuti.

Aree attivate durante il sogno. [Fonte]

Circostanziare il fenomeno

Esistono alcuni fattori che favoriscono le paralisi: di questi si ricordano l’età compresa tra l’adolescenza e i quarant’anni circa, il dormire meno del dovuto così come il sonno irregolare (inteso come andare a letto e svegliarsi a orari sempre diversi – come accade ad esempio a chi lavora facendo i turni di notte), la narcolessia (spesso gli individui narcolettici accusano paralisi del sonno e diversi altri disturbi durante le fasi di sonno e durante la giornata) e l’aver vissuto traumi psicologici recenti. Sembrerebbe essere importante anche la storia famigliare, tuttavia la ricerca scientifica in questo campo è ancora agli inizi e merita ulteriori approfondimenti.

Come si interviene

Per prevenire tali paralisi si correggono i possibili fattori sopracitati (almeno quelli facilmente trattabili), si evita l’assunzione di sostanze eccitanti prima di coricarsi ed eventualmente si fa ricorso ad antidepressivi e ansiolitici (se il fenomeno cronicizza per la presenza di possibili patologie concomitanti). Durante la paralisi, invece, la chiave per potersi liberare dalla tortura è ottenere consapevolezza della situazione conoscendone le caratteristiche (descritte sopra). Non bisogna cercare di fuggire subito dalla paralisi dimenandosi o cercando di parlare, poiché si otterrebbe l’effetto opposto, ossia quello di accrescere solo l’angoscia. È decisamente più opportuno, semmai, concentrarsi sui dettagli della condizione che si sta vivendo (movimenti degli occhi, immobilità, possibilità di respirare ma non di parlare) e prendere cognizione della situazione, magari facendo respirazioni rallentate o a tempo per calmarsi, fino al risveglio.

Accenni di onironautica anti-paralisi

Un altro modo per intervenire efficacemente è quello di usare tecniche di onironautica. Parlare di onironautica in questo frangente significa prendere il sogno scatenante la paralisi e convertirlo in un sogno “lucido”, ovvero controllato (secondo la definizione di LaBerge, è il «sognare sapendo di essere in un sogno»). In senso lato (quindi per tutti i tipi di sogni), un prerequisito necessario per poter sperimentare il sogno lucido è quello di riuscire a ricordare i propri sogni, magari annotandone i dettagli in un diario; parallelamente, è opportuno allenarsi nel cosiddetto “controllo di realtà”, ovvero concentrarsi nel ricordare alcuni dettagli rimasti impressi durante il giorno (cartelli, orologi, titoli di giornale), poiché gli stessi dettagli – verosimilmente – ritorneranno durante il sogno. Bisogna quindi fare dei controlli di tipo “positivo-negativo”: quando si è svegli, certi dettagli rimangono immutati e consentono di capire che non ci si trova in una dimensione onirica; durante il sogno, quei dettagli su cui ci si è concentrati durante il giorno (o altri, appartenenti alla quotidianità) diventano instabili e mutevoli, facendo nascere il dubbio.

Questi controlli, naturalmente, saranno efficaci solo se effettuati anche durante il giorno, in modo da essere eseguiti in maniera spontanea anche nel sogno. Non è facile, anche perché l’acquisizione di consapevolezza può rendere la lucidità eccessiva, facendo svegliare il soggetto. A volte però si ha un falso risveglio: il sognatore si ritrova nella sua camera da letto credendo di essersi svegliato, quando invece sta ancora sognando; nel caso di una paralisi del sonno, dunque, il soggetto potrebbe credere di essersi svegliato, sperimentando prima immagini normali e poi di nuovo angoscianti e paralizzanti; in questi casi, è opportuno effettuare un altro controllo di realtà per avere maggiore sicurezza.

[Fonte]
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Mattia Scarponi

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