Nella nostra galassia, secondo l’equazione di Drake, il numero di pianeti su cui potrebbe esistere una civiltà extraterrestre con cui potremmo comunicare oscilla tra i 50 e i 600.000. Risulta ragionevole ammettere la possibilità di incontrare, in futuro, civiltà aliene evolute, probabilità aumentata esponenzialmente dal progresso scientifico e tecnologico (sempre sperando che gli extraterrestri siano più come E.T. che come quelli della Guerra dei Mondi di Wells). Ad occuparsi di alieni, però, non sono solo gli scienziati del SETI o gli sfortunati contadini dell’Arizona, ma anche una categoria che non ci si aspetterebbe in questo campo: i giuristi. Apparentemente, infatti, gli alieni non sono sconosciuti alla legge, e il futuro incontro con civiltà extraterrestri dovrà scontrarsi, oltre che con differenze linguistiche e scientifiche, anche con la legge (e non solo per la questione dei rapimenti). Gli alieni che volessero un giorno visitare il nostro pianeta, effettivamente, non sarebbero esentati dal rispetto delle leggi che vigono per noi umani. Per definizione di legge (specie in common law), alien è chi risieda nel territorio di uno Stato senza averne la cittadinanza; se tale definizione (che possiamo accogliere anche nel nostro sistema codicistico) si riferisce chiaramente all’uomo, nulla impedisce, sotto il profilo logico, di estenderla anche agli extraterrestri.
Il primo problema che avrebbe un alieno per giungere sul nostro pianeta riguarda proprio il giungervi: ammettendo che gli alieni arrivino su navicelle volanti, queste navicelle non potrebbero sorvolare nessuno Stato, ma solo le acque internazionali. In quanto nessuna civiltà extraterrestre (almeno fino al momento) ha sottoscritto e ratificato la Convenzione sull’Aviazione civile internazionale (o Convenzione di Chicago), ossia il trattato internazionale che stabilisce le regole fondamentali sull’aviazione civile e il trasporto aereo mondiale, le navicelle aliene non potrebbero esercitare i diritti di sorvolo, scalo, sbarco e imbarco di passeggeri sul territorio dei 195 Stati sottoscrittori. Quindi i rapimenti alieni, oltre che rappresentare un reato che in Italia viene punito fino a otto anni di reclusione, dal 1944 rappresentano una violazione della Convenzione di Chicago, in quanto sono effettuati attraverso mezzi volanti.
Il secondo problema sarebbero gli spostamenti su strada. Sebbene non sia la prima cosa che viene in mente, un alieno che viaggi sul proprio Tripod su strade urbane o extraurbane, in Italia, incorrerebbe in una multa fino a 335€ per circolazione senza targa, fino a 30.000€ per guida senza patente e addirittura nel sequestro del veicolo, perché privo di assicurazione e carta di circolazione. Quindi, se gli extraterrestri pensassero di visitare il Belpaese con il loro veicolo, dovrebbero fare un salto al PRA per omologarlo e convertire la patente internazionale. Sarebbe interessante assistere al momento in cui due inflessibili agenti della Polizia Municipale procedessero a far accostare il mezzo extraterrestre per chiedere «patente e libretto».
Come ogni viaggiatore avveduto sa, quando si viaggia è obbligatorio essere dotati di un documento valido per l’espatrio, su cui, eventualmente, deve essere apposto visto (turistico o lavorativo). Le leggi sull’immigrazione sono generalmente severe e nulla esclude che debbano essere applicate nei confronti di chiunque: anche nei confronti degli extraterrestri. Se gli alieni dovessero entrare in uno Stato senza documenti validi, dunque, dovrebbero essere trattati come immigrati irregolari, ossia essere identificati ed espulsi. Il problema, per noi, sarebbe come «rimandarli a casa loro».
Non importa se dotati di tentacoli o altri tratti eso-biologici: gli alieni sono persone. Almeno, questo è quello che sostengono l’avvocato americano Andrew Gallagher Haley, che nel 1956 ha pubblicato il saggio Space Law and Metalaw – A Synoptic View, e il Dr. Ernst Fasan, visionario avvocato dello Spazio che ha contribuito a fondare la Commissione Permanente dell’Istituto Internazionale di Legge Spaziale. La teoria di Haley, per quanto visionaria, non è assurda: non sarebbe ammissibile negare i diritti fondamentali stabiliti dalle carte costituzionali nei confronti dei visitatori degli altri mondi; parimenti, per il principio di uguaglianza, gli alieni dovrebbero essere trattati nello stesso modo in cui sono trattati i cittadini italiani. Sarebbe comunque applicabile il principio internazionale di reciprocità: ai sensi dell’articolo 16 delle preleggi, lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità. Se l’obiezione che vi viene in mente è «Sì, ma non sono persone come noi» sappiate che è la stessa risposta utilizzata in America quando ancora si dibatteva sull’estensione dei diritti ai neri. Spero non vogliate essere tacciati di razzismo interplanetario.
Se fate parte di quella cerchia di persone che vede ovunque potenziali affari, prestate attenzione: qualsiasi forma di commercio, compravendita, scambio o prestazione di servizi potrebbe essere soggetta alle disposizioni fiscali nazionali. Alcuni Stati lungimiranti, come gli USA, hanno introdotto leggi che già oggi regolano la compravendita nello spazio: la legge 35 US Code § 105 prevede che qualsiasi bene venduto da cittadini statunitensi nello spazio sia considerato come se fosse venduto nel territorio americano, e sia quindi soggetto alla tassazione americana. In Italia, invece, manca ancora una legge in tal senso e, al momento, nessun dibattito è stato calendarizzato in Parlamento; salvo sviluppi dell’ultimo minuto, dovremo attendere la prossima legislatura affinché se ne parli.
Se gli alieni dovessero chiamare la Terra, inoltre, potrebbero essere messi in attesa telefonica. Per mesi. La Dichiarazione di Principi relativa alle Attività successive alla scoperta di Intelligenza Extraterrestre, elaborata in sede della Commissione Permanente del SETI, prevede espressamente che, nel caso in cui dovessero essere captati messaggi alieni, non potrà essere inviata alcuna risposta finché: a) La notizia del contatto non sia portata a conoscenza di tutti gli Stati sottoscrittori; b) La risposta non sia formulata di comune accordo con tutti gli Stati sottoscrittori. Considerando la lentezza con cui, in sede internazionale, vengono assunte le decisioni, è probabile che, quando avremo formulato una risposta, i nostri amici dello Spazio Esterno abbiano già riattaccato.
Il trattato sullo Spazio Extra-Atmosferico (Outer Space Treaty) è la fonte internazionale a cui bisogna far riferimento per le regole da rispettare. Sebbene le principali regole siano volte a regolare “profili minori” dei rapporti tra Stati, tra cui il divieto di collocare nello spazio armi nucleari e altre armi di distruzione di massa, alcune regole sono volte a disciplinare i possibili contatti con forme di vita intelligente. Gli astronauti sono definiti come Ambasciatori dell’Umanità nello Spazio Esterno e, in caso di incontro, dovranno essere i nostri rappresentanti. A differenza dei complessi cerimoniali previsti per l’incontro tra diplomatici e capi di Stato, il Trattato non prevede alcuna formalità o procedura da rispettare. L’art. V del Trattato, tuttavia, prevede che, in caso di incontro, vi sia l’obbligo di dare immediata comunicazione al Segretario Generale dell’ONU.
L’Outer Space Treaty rappresenta il Trattato di Tordesillas proiettato nello Spazio: il trattato, infatti, afferma che tutti i pianeti dell’Universo sono «provincia di tutta l’umanità». Nella prospettiva di un lettore extraterrestre, tale affermazione non sembrerebbe una pacifica dichiarazione di intenti. L’ONU ha chiarito altresì che riterrà responsabile ogni Stato che arrechi danno a pianeti esterni, in quanto di pertinenza di tutta l’umanità; insomma, sembrerebbe che la ricostruzione più fedele dei rapporti tra Uomo e Alieno, nella nostra prospettiva, sia quella di Avatar e non quella di Alien.
E in quanto nostro, nello Spazio si applicheranno le nostre leggi: le navicelle spaziali saranno soggette alla giurisdizione dello Stato che le ha lanciate. Il problema sorge quando gli astronauti metteranno piede sul Pianeta Rosso o su Trappist-1: a quale legge saremo soggetti? La risposta più accreditata sembrerebbe essere il diritto internazionale, ma non si può escludere che, nel momento in cui inizieremo a colonizzare lo Spazio, saremo noi gli extraterrestri.
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