Tommaso d’Aquino (1225-1274) ha vissuto in un momento critico della cultura occidentale: quello in cui l’arrivo della traduzione latina del corpus aristotelico riaprì la questione del rapporto tra fede e ragione, mettendo in discussione il modus vivendi che era stato tenuto per secoli. Questa crisi scoppia, poi, proprio mentre le università vengono fondate. Tommaso, dopo i primi studi a Montecassino, passa per l’università di Napoli, dove incontra i membri del nuovo ordine domenicano. È sempre a Napoli che Tommaso ha il suo primo, prolungato contatto con questi frati predicatori. Una volta entrato a far parte dell’ordine, Tommaso si trasferisce per studiare con Alberto Magno, autore di una parafrasi del corpus aristotelico. Completa quindi i suoi studi presso l’Università di Parigi, che era stata formata dalle scuole monastiche sulla Rive Gauche, e presso la scuola della cattedrale di Notre Dame. In due diversi scritti come maestro reggente Tommaso ha difeso gli ordini mendicanti e, anche se di maggiore importanza storica, ha contrastato entrambe le interpretazioni averroistiche di Aristotele e la tendenza francescana a respingere la filosofia greca. Il risultato è un nuovo modo d’interpretare il rapporto tra fede e filosofia, sopravvissuto fino alla nascita della nuova fisica. La Chiesa cattolica, nel corso dei secoli, ha regolarmente e costantemente riaffermato l’importanza centrale del lavoro di Tommaso, sia teologico che filosofico.
Poco si sa degli studi di Tommaso a Montecassino, ma si sa molto dell’offerta formativa che le scuole monastiche avevano da offrire. Erano uno dei principali condotti di una tradizione – quella delle arti liberali – che risale al sesto secolo. Le arti del trivio (grammatica, retorica e logica) e quelle del quadrivio (aritmetica, geometria, musica e astronomia) erano frammenti conservatisi dopo la perdita rovinosa del sapere classico. Essi costituivano l’educazione secolare che completava la dottrina sacra come veniva appresa dalla Bibbia. Quando Tommaso si trasferisce a Napoli, la sua formazione nelle arti continua. Qui si convince che le arti liberali non sono le più adeguate per decifrare la realtà: le nuove traduzioni scritte di Aristotele ponevano fine alla tradizione delle arti liberali, anche se le università effettuarono una transizione piuttosto che una vera e propria rottura.
L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 29-31.
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