L’arrivo dei processori Ryzen di AMD segna un nuovo capitolo per la casa di Sunnyvale, dopo circa cinque anni di assenza nel mercato dei semiconduttori, periodo durante il quale si sono occupati principalmente di aggiornare le architetture già esistenti con timidi incrementi prestazionali. Incrementi assolutamente insufficienti per pareggiare il mostro sacro Intel, che dal 2007 spopola nel mercato dei processori (sia desktop che mobile) con quote che si aggirano attorno all’80% e nel mercato delle GPU con quote oltre il 60%.
Ciò che ha davvero reso unico lo scontro tra queste due aziende sono state le vicende legali che hanno visto Intel al centro delle accuse – da parte di AMD – di aver giocato sporco nel corso degli anni 2000. Vicende legali che tuttavia non hanno mai favorito AMD, che ha sempre sofferto per il budget notevolmente inferiore a quello della concorrenza e per la mancanza di fonderie dove fabbricare i propri microprocessori: tutto ciò l’ha forzata a fare affidamento su Globalfoundries, che non sempre è riuscita a garantire chip di qualità.
L’assenza di concorrenza, in questi anni, non ha solo ridotto il market share di AMD a cifre irrisorie, ma ha anche portato Intel a diminuire gli incrementi prestazionali annuali dei suoi processori. L’ultimo grande miglioramento si ha avuto con il passaggio dall’architettura Nehalem all’architettura Sandy Bridge, dove i processori di fascia media hanno surclassato quelli di fascia alta. AMD, all’epoca, non è riuscita a stare al passo con l’architettura Bulldozer, proprio per il progetto fallimentare.
L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 28-31.