Guglielmo di Ockham (1287-1347) è, insieme a Tommaso d’Aquino e Duns Scoto, tra le figure più importanti nella storia della filosofia, almeno di quelle vissute durante l’Alto Medioevo. Egli è probabilmente più conosciuto, oggi, per il principio metodologico noto come “rasoio di Ockham”, che, a furor di fantasia, porta il suo nome. Ockham ha meriti importanti e una certa influenza non solo nella metafisica, ma anche in tutte le principali aree di filosofia medioevale: logica, fisica, filosofia naturale, teoria della conoscenza, etica, politica e ovviamente teologia.
Ockham ha condotto una vita insolitamente ricca di eventi (almeno per un filosofo). Come tanti personaggi medievali, ben poco si sa riguardo la nascita e i primi anni di Ockham. Le circostanze successive, comunque, lo porteranno a girare l’Europa così tanto da poter permettere agli storici di dividere la sua vita in tre periodi principali.
L’assoluta importanza di Ockham è dovuta tanto alla centralità che la logica assume, in quanto strumento capace di spingere avanti il carro della conoscenza, quanto all’originalità delle posizioni di Guglielmo. Lo stesso "rasoio" di Ockham è spesso visto come derivato di una sola preoccupazione, ossia una certa parsimonia ontologica riassunta nel famoso slogan: «Non moltiplicare le entità al di là di necessità». Una formulazione introvabile nei suoi testi, ma che ben definisce e coglie lo spirito di questo strumento logico. Inoltre, come viene di solito affermato, è un sentimento che praticamente tutti i filosofi accetterebbero; nessuno vuole un’ontologia inutilmente gonfia. Il problema, naturalmente, è capire quali entità siano necessarie e quali non lo siano.
L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 20-22.