theWise racconta
Gli italiani sono da sempre un popolo di santi, poeti, navigatori e, aggiungiamo noi, scrittori di prosa: nascosto in ognuno di noi c’è uno spirito narrativo che aspetta solo un’occasione per venire fuori. Noi di theWise abbiamo pensato di dare spazio e voce alle giovani penne che popolano questo Paese. Ed è proprio per questo motivo che abbiamo deciso di creare questa rubrica, “theWise racconta”, oggi giunta al suo secondo appuntamento. Ogni mese ospiteremo un racconto breve di un nostro lettore o di un nostro autore.
Questo mese ospitiamo il racconto breve di Cesare Orlandi, Ritorno a casa, una storia evocativa fra l’onirico e il vissuto con evidenti richiami a un testo degli Afterhours.
Vorresti comparire nel prossimo appuntamento? Inviaci il tuo racconto breve (non più di due cartelle word, argomento libero) a info@thewisemagazine.it o contattaci sulla nostra pagina Facebook. Inviandoci il tuo scritto, acconsentirai implicitamente alla pubblicazione.
Francesco Stati
Ritorno a casa
La chiave gira agile nella toppa del portone, anche troppo velocemente rispetto al solito. Qualcuno deve aver lubrificato la serratura. Esito un po’, tutto sembra così strano… ma mi faccio pian piano coraggio e varco la soglia.
Rieccomi qui, nella casa dove ho abitato per venti lunghi anni!
Lancio una rapida occhiata in giro: riconosco ogni cosa. La disposizione dei mobili, le crepe sui muri, le porte scardinate… le lampadine a risparmio energetico sono le stesse di quando ci vivevo io: nessuno si è disturbato di sostituirle. Vado di corsa a frugare negli sportelli, negli scaffali, dentro ogni cassetto: ogni cosa è esattamente come l’avevo lasciata cinque anni fa. Nessuno ha toccato le mie cose. Strano.
Nella sala ci sono ancora il giradischi e tutti i vinili: quando vivevo qui trascorrevo le mie giornate a studiarmi le copertine di ogni disco, sperando di trovare qualche particolare inedito che nessun occhio prima di me aveva scovato: dediche di seconda mano, nomi dei proprietari, buchi nella carta… messaggi nascosti da chi aveva avuto prima di me quelle meraviglie fra le mani, e magari aveva dedicato a un altro essere tutto ciò che quel disco aveva rappresentato per lui. Butto l’occhio sulla parete dove poggia il divano: il poster di The Dark Side of the Moon, nonostante i segni del tempo e qualche graffio di gatto, continua a fissarmi severo, come a ricordarmi che dopotutto siamo solo degli ordinary men qualunque.
* * *
Chiudo la porta della sala.
È stato fin troppo facile trovare tutto ciò che cercavo in quella casa. Come se tutto fosse esattamente dove lo avevo lasciato.
All’improvviso, nella scena entra lei, una presenza indistinta, ma come estremamente familiare: bella come non è mai stata, quasi irreale, mi abbraccia forte e mi chiede dove io sia stato per tutto quel tempo.
* * *
Il clacson di una macchina che rischia di investirmi mi riporta alla realtà. Smetto di fissare le grate della finestra sulla strada di quella casa che da ormai troppo tempo non è più mia. È tanto che non rimetto piede lì dentro. Ho avuto altri progetti. La vita mi ha portato lontano da quello che era il mio nido.
Ripercorro dopo tanto tempo la strada che collega il mio rifugio del passato da quella che oggi è la mia residenza, e faccio una promessa a me stesso.
Appena sarò davvero libero e ricco, quelle quattro mura torneranno mie.
E poco importa se sono solo sessanta metri quadri al primo piano di un condominio di periferia. Per me, sono molto di più.