«Quando divenne presidente della Russia nel 2000, Putin pose fine all’uso politico delle rivelazioni compromettenti. Mentre si liberava degli oligarchi politicamente più attivi, ristabilì un effettivo monopolio sui media nazionali e sui materiali compromettenti. I suoi bersagli divennero diplomatici esteri e leader dell’opposizione. E, se le ultime accuse sono in un qualsiasi modo vere, sembrerebbe che questo approccio sia diventato un’industria degna d’esportazione».
Financial Times, 13 gennaio 2017
L’Occidente in generale, e l’Unione Europea in particolare, si trova oggi ad affrontare un problema, e questo problema è la Russia di Putin.
Uno dei capisaldi della guerra fredda era che Stati Uniti e Russia non dovevano assolutamente risolvere le proprie ostilità con uno scontro frontale. Nonostante tutte le volte in cui ci si è andati vicini, questo semplice assunto è sempre stato rispettato; entrambi i contendenti sapevano perfettamente che una guerra aperta fra le due nazioni avrebbe banalmente messo fine alla civiltà. Constatata l’impossibilità di combattersi nel modo più diretto, ma comunque decise a imporsi l’una sull’altra, entrambe le superpotenze ricorsero alla guerra per procura; sarebbero stati i vari, piccoli stati satelliti a portare avanti la guerra per chi le controllava. Com’è andata lo sappiamo: l’Urss si dissolse, gli Usa e l’Occidente trionfarono.
Questo è sui libri di storia. Quello che invece non è sui libri di storia, perché sta avvenendo ora, è che Putin sta ricominciando una politica espansionista di questo tipo, e, cosa molto più preoccupante, oggi fra gli stati satelliti ci sono anche quelli europei, sui quali la Russia ha mire poco rassicuranti. Non si tratta di una guerra convenzionale: gran parte dell’Europa è sotto lo scudo Nato e un’annessione non sarebbe possibile. L’approccio, piuttosto, è una strategia che, nel secolo scorso, gli Stati Uniti hanno sperimentato con successo più volte: fomentare il popolo per scalzare un governo ostile e sostituirlo con uno più malleabile. E oggi, sul piatto, ci siamo noi. Stiamo parlando di partiti e movimenti, ma anche di realtà meno chiare, che sono, più o meno consapevolmente, sotto qualche forma di influenza da parte di Mosca. E simili sforzi sono aumentati in seguito alle sanzioni internazionali, un tema su cui la Russia di Putin è decisamente più sensibile di quanto voglia ammettere.
L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 8-11.