La scorsa settimana abbiamo discusso di quanto sia importante mantenere un reattore a fissione nucleare nello stato di criticità, facendo in modo che la “velocità” della reazione rimanga sempre costante. È interessante analizzare in dettaglio ciò che avviene nel caso in cui questa condizione non venga rispettata, eventualità da tenere in gran considerazione se si vuole garantire il corretto funzionamento di una bomba atomica. Con questo termine si identificano infatti gli ordigni che basano il proprio funzionamento sulla fissione nucleare, celebri anche per il loro utilizzo al culmine della seconda guerra mondiale.
Quando si ha a disposizione del materiale fissile è importante mantenerlo al di sotto della massa critica, in modo da evitare l’avvio spontaneo di una reazione di fissione. Di conseguenza, se sono presenti più masse di materiale fissile, ciascuna nello stato subcritico, queste non devono essere assolutamente messe a contatto, perché assieme potrebbero permettere alla reazione di autosostenersi. È degno di citazione il demon core, una massa di plutonio utilizzata per fini di ricerca a Los Alamos negli anni ’40, responsabile (a causa di scarse precauzioni durante la manipolazione) di ben due incidenti di questo tipo.
Nel caso di una bomba atomica, il materiale fissile è diviso in due o più masse (separate fino a quando si trovano nello stato subcritico) che vengono fatte collidere un istante prima dell’esplosione. Una volta raggiunta la supercriticità, un emettitore di neutroni fa da innesco per la reazione, che a questo punto procede a una velocità tale da produrre una quantità immensa di energia in tempi inferiori al millesimo di secondo. La fissione produce inoltre degli isotopi radioattivi: neutroni e fotoni.
I fotoni sono i primi ad essere percepiti all’esterno, in quanto si propagano alla velocità della luce (300.000 Km/s): essi provocano un flash di altissima intensità che trasporta energia sufficiente a incendiare l’ambiente circostante. Il materiale che circonda il centro dell’esplosione (in generale aria) subisce una velocissima variazione di temperatura, sufficiente ad incendiarlo e produrre una violenta onda d’urto. La maggior parte del danno prodotto da una bomba atomica è proprio dovuto all’onda d’urto, la quale si espande circa alla velocità del suono ed è in grado di provocare ingenti danni a edifici (e persone) per un raggio di diversi chilometri.
L’onda d’urto si lascia alle spalle una palla di fuoco che si espande in forma sferica, a causa dell’assenza di condizioni esterne durante i primi istanti dell’esplosione. La forza di gravità fa sì che l’aria più calda (meno densa, più leggera) tenda a salire e quella fredda a scendere, e ciò rompe la simmetria sferica dell’esplosione, provocando un’espansione verso l’alto della palla di fuoco mentre l’innescarsi di moti convettivi nella nube di gas produce la tipica forma a fungo.
Il video seguente mostra in dettaglio l’effetto del flash (che è in grado di incendiare all’istante gli oggetti circostanti) e della successiva onda d’urto.
I neutroni ad alta energia prodotti dalla reazione possono interagire con l’ambiente circostante e indurre la formazione di isotopi radioattivi, già in gran parte prodotti dalla reazione di fissione. Tali isotopi vengono dispersi dall’esplosione in piccole particelle, dalle dimensioni comparabili a quelle del pulviscolo atmosferico, che si mescolano nell’aria provocando una nube radioattiva che può contaminare a lungo termine l’atmosfera. Questo fenomeno è noto con il nome di fallout nucleare. È evidente come le probabilità di sopravvivere dopo aver assistito a un evento del genere siano assai scarse. Assumendo di trovarsi in un’area non raggiunta dall’onda d’urto, il calore generato dal flash provocherebbe delle ustioni molto gravi sul nostro corpo e la dose di radiazioni assorbite potrebbe essere fatale per il nostro organismo.
La potenza distruttiva di una bomba atomica è espressa in analogia al potere distruttivo del tritolo (TNT). Ad esempio, la bomba esplosa a Hiroshima aveva una potenza pari a 16 kTons, cioè 16.000 tonnellate di TNT. La successiva invenzione e sperimentazione delle bombe termonucleari (bombe H), basate su un altro processo fisico detto fusione nucleare, ha portato la potenza degli ordigni all’ordine delle centinaia di milioni di tonnellate di TNT. La potenza distruttiva degli ordigni atomici, aumentata enormemente a cavallo degli anni ‘50, è stata tale da renderli relativamente inutilizzabili in guerra. Durante la guerra fredda, l’arsenale nucleare delle due superpotenze era tale da poter estinguere la razza umana e ciò ha imposto di cambiare le regole del gioco. In conclusione, non era lontana dal vero la celebre frase venuta in mente al fisico Robert Oppenheimer a seguito del primo test nucleare: «Now I am become Death, the destroyer of worlds».
L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 14-15.
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