Lo scorso aprile è giunto e passato, e con esso il tanto atteso momento dei Playoff NBA, vero e proprio culmine della stagione ed evento capace di togliere il fiato – e il sonno – a qualsiasi appassionato di pallacanestro sparso per il mondo. Le premesse per l’ennesimo spettacolo cestistico ci sono tutte, eppure – esattamente come l’anno scorso con i Golden State Warriors e il loro record di stagione di 73 vinte e 9 perse – anche quest’anno la regular season ha regalato svariati colpi di scena – come la detronizzazione dei Cleveland Cavaliers di LeBron James dal primo posto in classifica nella East Division a opera dei Boston Celtics di Isaiah Thomas – e il conseguimento (o meglio la ripetizione) di un record NBA che era stato siglato per l’ultima volta nella stagione 1961/1962 da Oscar Robertson: una tripla-doppia stagionale di media a opera di Russell Westbrook. Un’impresa semplicemente assurda e anacronistica, se si considerano il livello di talento e l’evoluzione che il gioco e la NBA hanno subito in più di cinquant’anni, a dimostrare l’infinito valore del giocatore e la grandezza storica di quello che ha compiuto; senza dimenticare che, grazie a questo exploit, Westbrook è riuscito anche a trascinare di peso ai Playoff la sua squadra, che ha perso in estate uno dei suoi pilastri, ovvero Kevin Durant, portandola letteralmente in spalla.
L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 33-36.