Quando i videogiochi incontrano il mondo reale succedono cose strane: le più grandi paure di un videogiocatore sono le paure di un non videogiocatore. Non che siano le stesse: si tratta, in realtà, della paura di chi ha paura. I videogiochi e i loro incontri con le istituzioni, o anche solo con il mondo reale, sono spesso controversi e pericolosi, e a volte, addirittura, sfociano nella pura e semplice censura. Perché accade? I videogiochi sono un medium forte, probabilmente uno tra i più forti media che oggi abbiamo a disposizione; hanno la stessa funzione di un film o di un libro, ma instaurano con il fruitore un rapporto bilaterale: la cosiddetta interattività; se poi consideriamo che uno degli imperativi videoludici di oggi è l’immersione, tale interattività diventa ancora più temuta o travisata, perché potenziata. Forse le mamme arrabbiate che chiedono a gran voce la censura non sanno che, comunque, i videogiochi sottostanno già ad una serie di regole, come il PEGI ad esempio, nel contesto europeo. Non mancano nemmeno, grazie agli sforzi di pochi, i tentativi di capire o far capire come coadiuvare l’inserimento di questo potere in contesti più virtuosi; da questi tentativi nasce l’universo dell’edutainment (da education e entertainment, educazione e intrattenimento), un punto d’inizio affinché il mondo istituzionale cominci a familiarizzare con questo universo. Già da qui si delineano tre tipi di incontri: un primo, timido, modo di legiferare in materia di videogiochi è delinearne i contenuti, ed ecco il Pan European Game Information (PEGI); il secondo, portato dal basso, dai fruitori occasionali, verso le istituzioni, è rappresentato dalle class action contro singoli titoli videoludici; il terzo, infine, parte dalle istituzioni per le istituzioni, che tentano di colmare il digital divide, il gap generazionale che ha portato molti giovani o gruppi culturali ad essere maggiormente immersi in questo mondo rispetto agli adulti o ad altri gruppi culturali.
L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 24-27.