Maggio regala da sempre una classica del ciclismo: il Giro d’Italia. Uno sport che, come tutte le cose, si è evoluto nel corso degli anni, diventando sempre più agonistico e regalando veri e propri momenti epici. Momenti epici o aneddoti divertenti raccontati anche attraverso i fumetti, come nel caso di Bottecchia, edito da Tunuè, o di Appuntamento a Belleville, film del 2003 che ha tra i suoi protagonisti un corridore che partecipa al Tour de France. E in tutto ciò, anche la famiglia Disney non si è esentata dal raccontare una storia a fumetti con protagonisti Paperino e Gastone intenti a pedalare in bicicletta su e giù per la Francia, partecipando a un’edizione della Grand Boucle. Una storia dove, per cercare di essere competitivo, Paperino assume con regolarità una “pastiglia di Archimedina” che lo rende imbattibile. Doping? In una storia Disney? No, non è una parodia della banda Disney. Né una storia fanmade pubblicata su Facebook, ma è una storia pubblicata in tre puntate su Topolino 93, 94 e 95 nel 1954, firmata dall’autore della banda Disney probabilmente meno politically correct di sempre, Guido Martina.
Guido Martina (Carmagnola, 9 febbraio 1906 – Roma, 6 maggio 1991) è stato uno dei più prolifici autori e sceneggiatori in forza alla Mondadori, editrice di Topolino dal 1938 fino al 1988. Martina iniziò la collaborazione con la casa editrice come traduttore delle storie americane, e, dopo la seconda guerra mondiale, tornò ad occuparsi della traduzione delle storie Disney americane, in particolar modo quelle dei paperi scritte e disegnate da Carl Barks, inventando in italiano adattamenti e nomi di alcuni personaggi (come Paperon de’ Paperoni e Archimede Pitagorico). È in questo periodo che inizia a scrivere le sue storie, pubblicando, nel 1948, il suo primo lavoro d’esordio: Topolino e il cobra bianco. La storia iniziò sul numero 731 di Topolino in formato giornale, quello iniziato dall’editore Nerbini nel 1932, per poi passare sotto l’egida di Mondadori e concludere il formato nel 1948 (partendo nello stesso anno con il formato libretto e divenuto lo storico Numero 1), arrivato attualmente ben oltre il numero 3000. Numero 1 che ospitò il finale della prima storia targata Martina, proseguendo, sul numero 7, con la capostipite delle Grandi Parodie Disneyane: L’Inferno di Topolino, una storia scritta in terzine formate da endecasillabi a rima incatenata, nella stessa maniera dell’originale Commedia di Dante Alighieri. I versi e la sceneggiatura sono tutto frutto di Martina, forte della laurea in Lettere e Filosofia conseguita all’università di Torino. Il “Professore” fu per molto tempo l’unico sceneggiatore di Topolino, curando, oltre alle storie, anche le prime rubriche apparse sul periodico, come Le confidenze di Gambadilegno, una pagina ricca di aneddoti e curiosità, nonché le domande dei lettori. È risaputo come Martina si servisse raramente delle domande spedite dai lettori in redazione, dato che molte non ponevano quesiti di interesse generale, e inventasse lui stesso le domande da pubblicare, attribuendole a dei fantomatici lettori che avrebbero scritto per essere pubblicati nella rubrica.
Gli anni Cinquanta videro l’arrivo in Mondadori di alcune delle firme dei fumetti Disney che, a tutt’oggi, sono ricordati come Maestri. Esordirono in quegli anni artisti come Giovan Battista Carpi, Romano Scarpa e Luciano Bottaro, i quali ebbero nel Professore un maestro che di fatto formò con i propri testi questi giovani autori che hanno scritto la storia della Disney in Italia, firmando i disegni delle molte parodie dei classici della letteratura scritte da Guido Martina come Paperino Don Chisciotte, Paperino di Bergerac, Buck alias Pluto e Il richiamo della foresta. Ma oltre alle parodie letterarie Martina introdusse in Italia il personaggio di Phantom Blot, alias Macchia Nera. Nato nel 1939 dalla matita di Floyd Gottfredson per le strip quotidiane, esordì nella penisola con la storia Topolino e il doppio segreto di Macchia Nera, disegnata da Romano Scarpa. Oltre a portare villain per Topolino, Martina scrisse alcune storie a tema sportivo, come il già citato Paperino al Tour e Paperino alle Olimpiadi, ambientata in Australia per le Olimpiadi del 1956, disegnata da Giovan Battista Carpi, con cui avrà una lunga serie di collaborazioni, e scritta con lo stile cinico e divertente che ha sempre contraddistinto l’autore torinese. Negli anni ’60, però, i rapporti tra Guido Martina e la Mondadori si incrinarono, e il Professore tornò a lavorare per il settimanale del Topo soltanto a partire dal 1966, facendo firmare le proprie sceneggiature alla moglie Renata Rizzo. Ed è proprio sul finire dei favolosi anni Sessanta che Guido Martina darà il via a una delle sue creature più famose.
Anni Sessanta. Gli eroi “neri” spopolano, seguendo il filone iniziato dalle sorelle Giussani con Diabolik, nato dall’intuizione di creare un fumetto in un formato tascabile, adatto da leggere aspettando il treno o su di esso, con storie rivolte a un pubblico perlopiù adulto. Questo filone verrà poi ampliato da due creature come Kriminal e Satanik, ideate dalla coppia Magnus e Bunker, già autori di Alan Ford, sempre con trame crude o persino horror. E fu vedendo il successo del filone nero in Italia che, su iniziativa di Mario Gentilini e della redattrice Elisa Penna, ispirati dal parodistico Dorellik interpretato da Johnny Dorelli, fu contattato Guido Martina per scrivere una storia ispirata alle trame noir così in voga nelle edicole. Così Martina prese il papero a cui aveva fatto correre il Tour de France qualche anno prima e lo trasformò in Paperinik, il Diabolico Vendicatore (1969). Disegnata da Carpi, questa storia pose le basi per le vignette Disney con i protagonisti ai margini della legalità, ed è l’esordio del Paperino supereroe, che in questa sua prima apparizione si dedica con soddisfazione a cercare vendetta per i torti subiti dai parenti. Il pubblico apprezzò molto il riscatto concesso a Paperino nelle vesti di questo nuovo personaggio, e nelle storie che si susseguirono Paperinik ottenne un ruolo da paladino della giustizia, per poi arrivare negli anni ’90 a combattere gli Evroiani nella serie Pk. Ma questa è un’altra storia…
Gli anni ’70 videro l’autore alle prese con una propria versione di una saga come quella celeberrima di Don Rosa del 1994. Guido Martina diede vita a Storia e gloria della dinastia dei paperi, creando tutta una serie di rappresentazioni della famiglia dei paperi, dando il via dall’antico Egitto e, generazione dopo generazione, arrivando alla corsa all’oro del Klondike con il Paperone attuale. Inoltre, con Carpi, realizzò un albero genealogico, che fu di ispirazione a Don Rosa per il proprio, della grande famiglia dei paperi disneyani. Dopo Il doppio trionfo di Paperinik (1971), disegnata da Massimo De Vita, due anni dopo, nel periodo di massima diffusione del movimento femminista, nasce con i disegni di Giorgio Cavazzano Paperinika, esordendo con Paperinika e il filo di Arianna, in una storia che vede Paperina confrontarsi con il sessismo subito in famiglia. Nel 1975 arriva una versione western di Topolino e Pippo, con il ciclo di storie di Topolino Kid e Pippo Sei-Colpi. In queste vesti i personaggi, rispetto alle proprie controparti moderne, sono dotati di un carattere più duro, che non sfigurerebbe davanti ai vari eroi dei western cinematografici.
L’ultima storia firmata da Guido Martina fu Paperino e il veloce velocipede (1990), uscita l’anno prima della morte dell’autore. Già da metà degli anni ’80, però, la produzione di Martina non trovò molto spazio sulle pagine di Topolino, poiché le varie sceneggiature spedite in redazione venivano rifiutate in quanto ritenute fuori luogo per il politically correct attuato dal settimanale, ben diverso da quello delle origini. Quello che ha lasciato è di sicuro una vasta produzione, con ben 600 storie, aventi per protagonisti i personaggi Disney, caratterizzate da un umorismo surreale e ricercato, fonte di ispirazione per gli autori successivi, e da vignette di vera e propria aggressività, in particolar modo tra Paperino e Zio Paperone, dove i due paperi se le danno di santa ragione sia fisicamente sia verbalmente, in modi assolutamente non tollerati al giorno d’oggi. Storie che, comunque sia, hanno lasciato un segno indelebile nella formazione dei caratteri dei personaggi disneyani e delle loro storie in Italia, facendo da apripista a quella che è diventata la rinomata scuola italiana del fumetto Disney, riconosciuta e apprezzata in tutto il mondo.
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