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Hollywood e gli universi persistenti: il ciclo dei cicli

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Nicolas Foresti

Non sono serie televisive, né tantomeno semplici sistemi chiusi di sequel (come trilogie o tetralogie). Una volta Hollywood selezionava dall’universo letterario generale, o da quello cinematografico passato, temi o personaggi per portarli o riportarli sullo schermo come prodotto fatto e finito, che esistesse all’interno di sé stesso. Oggi tutto è cambiato, e per spiegarne il fenomeno bisogna prendere in prestito una parola molto specifica che fa già parte del mondo della letteratura: ciclo.

Cosa è un ciclo?

Un ciclo letterario è un insieme di storie, racconti, opere che fanno tutti parte di uno e un solo universo, inteso come insieme di personaggi, ambientazioni e temi. Prima che questa definizione faccia accendere quella lampadina nel cervello che illumina la scritta “Marvel”, dobbiamo tornare indietro nel tempo e nella storia della letteratura, per trovare le vere radici di questa magica formula letteraria. Non a caso “magica”: si parla infatti del ciclo bretone, del ciclo carolingio, del ciclo dei Nibelunghi. Tutti cicli di leggende popolari, sotto una nomenclatura – che è quasi nome proprio – per indicare tutta una serie di gruppi letterari posizionati, in maniera precisa, nel tempo e nello spazio, ossia lungo i due vettori che, almeno parlando di leggende, delineano il perimetro all’interno del quale si muovono una moltitudine di storie.

Il cinema ha fatto proprio questo elemento, differenziandolo in maniera sottile ma netta dalla classica suddivisione in sequel, rafforzando i legami tra un’opera e l’altra, intrecciando le singole storie in maniera indissolubile o addirittura in un rapporto di causa-effetto. Per capire quanto sia forte il legame tra due opere diverse all’interno di un ciclo cinematografico, ad esempio, basti pensare alla totale riscrittura subita dalla serie degli X-Men, quando in Giorni di un futuro passato si scomoda addirittura il viaggio nel tempo perché i mutanti possano entrare in maniera organica e coerente nell’enorme ciclo Marvel.

Se la definizione di ciclo letterario conta secoli di età, quella di ciclo cinematografico è invece relativamente giovane, e come tutti sanno è stato un progetto che la Marvel ha iniziato nel 2008 con il primo Iron Man, ispirando così tanti altri: in primis il suo principale concorrente, la DC Comics, passando per il brand Star Wars (che fa comunque capo alla Disney), per arrivare fino ad un outsider illustre come la Universal, con il suo Dark Universe.
Se ci si riflette, adottare un ciclo sembra una scelta naturale: i temi supereroistici dei fumetti Marvel e DC, come l’universo oscuro dei mostri di casa Universal, hanno molto in comune con le classiche leggende che formano il sostrato culturale delle letterature di molte nazioni. È infatti palese il legame che sussiste tra i supereroi e il tema fantastico sotteso ai racconti popolari; a volte, addirittura, l’ispirazione è trascurata del tutto, e si arriva a prendere divinità o personaggi di mitologie antiche nella loro interezza (come Thor, un esempio tra tanti). È essenzialmente lo stesso legame che c’è tra le leggende e il mondo fantasy: hanno presupposti narrativi e di formazione culturale totalmente diversi e non hanno un nucleo storiografico, eppure ne condividono temi – come il fantastico che si mescola al reale contemporaneo – e modalità, ossia il già nominato ciclo.

La forza di questi imperi cinematografici pare stia proprio nel loro essere un ciclo: la base costruita nel tempo, come il mondo fumettistico di Marvel e DC o quello cinematografico passato del Dark Universe, non hanno avuto lo stesso impatto culturale, di così ampio respiro, dei film di oggi. I fumetti erano infatti più una nicchia, mentre l’orrorifico dei classici mostri hollywoodiani è sempre stato una sezione penny dreadful nella grande biblioteca del cinema. Inoltre, il fatto che la qualità totale non sia una somma delle sue parti – o meglio, delle sue opere – non fa che rafforzare la teoria del ciclo come punto focale del successo ottenuto. È anche vero che non tutte le ciambelle vengono con il buco, e creare un universo condiviso e persistente non basta di certo a consacrare ogni sua opera; se non si parla di successo al botteghino si può comunque bisbigliare di impatto culturale, due cose molto diverse e con peso specifico differente.

Ecco allora il momento perfetto per analizzare i tre cicli già citati, ognuno in un momento diverso della sua esistenza: il Marvel Cinematic Universe, a metà della sua “fase due”; il DC Extended Universe, nel pieno della sua infanzia; il Dark Universe, con un solo film all’attivo e tante, tante promesse.

Il ciclo Marvel

L’universo Marvel è l’universo fumettistico per eccellenza, con la sua intricata ragnatela di eroi, mondi e universi alternativi che mandano in confusione anche i fan più accaniti. Con un bacino così grande è facile pescare qualcosa che funzioni anche al cinema, e non solo sulle pagine di un fumetto. Il primo tentativo della Marvel di approdare al grande schermo risale agli anni ‘40, con una serie in 15 episodi di Captain America; c’è da dire che allora la Marvel era in stadio larvale, tant’è che era ancora conosciuta come Timely Comics. Bisogna fare un salto di almeno quarant’anni per vedere un altro supereroe al cinema: Howard The Duck, film del 1986, il cui protagonista riappare nella ben più moderna serie dei Guardiani della Galassia come easter egg a fine film.

Tra gli anni ‘90 e i primi anni Duemila appare il primo serio tentativo di portare i supereroi al cinema con l’intento di farceli restare, con un piano più serio e una visione più a lungo termine: ecco allora che escono al cinema Blade (1998), X-Men (2000) e I Fantastici 4 (2005). Un decennio di preparazione per i primi anni del nuovo millennio, che porta con sé molti sequel e apre del tutto la nuova stagione di matrimonio tra Marvel e Hollywood: sono infatti 14 i film usciti tra il 2000 e il 2008 (l’anno del cambio di marcia), più del doppio di quelli fatti dagli anni ‘40 fino al 2000.

Nel 2008, con qualche anticipazione o rumor, esce Iron Man, che vede il ritorno sul grande schermo di Robert Downey Jr. come protagonista. Il film riceve un’ottima accoglienza e macina utili in tutto il mondo, arrivando a fare oltre mezzo miliardo di dollari, di cui 35 milioni solo nel weekend di apertura. Inizia così la nuova stagione Marvel, ma soprattutto il Marvel Cinematic Universe; nonché la noiosa ma nuova abitudine di dover restare seduti al cinema fino alla fine dei titoli di coda. Il progetto degli Avengers è per ora ancora piuttosto oscuro, ma durante tutto il film si sentono nomi famosi come S.H.I.E.L.D. che fanno rizzare le antenne ai più navigati dell’universo fumettistico: il tutto farebbe pensare che si stia preparando il terreno per un sequel, ma quello che arriverà, come sappiamo, è di più ampio respiro.

Il tutto prende la piega che pochi già sospettavano alla fine de L’incredibile Hulk (2008), dove Tony Stark bisbiglia di un’organizzazione che vorrebbe riunire più supereroi. Il progetto cinematografico degli Avengers era un’idea che ronzava in mente a mamma Marvel già dal 2005, ma è stato ufficialmente avviato solo dopo il successo del primo Iron Man. In contemporanea alla saga di X-Men – tra il 2010 e il 2011 – escono Iron Man 2, Thor e Captain America. Sono anni importanti, che vedono prima l’annuncio ufficiale del progetto Avengers, con la presentazione dei protagonisti al San Diego Comic-Con (2010), e poi il primo trailer ufficiale alla fine di Captain America (2011). Il progetto è ormai un macigno che rotola in discesa, e sembra impossibile fermarlo.

Il primo “primo vendicatore”.

Arriva il 2012. Mentre, in contemporanea, si vede l’uscita di altri film che completano la serie X-Men, nonché di altri progetti secondari passati in sordina per ovvi motivi (come Ghost Rider Spirit of Vegence) e rimaneggiamenti triti e ritriti (The Amazing Spiderman, con il quale si vorrebbe avviare una nuova trilogia), ecco spuntare The Avengers, film che completa la cosiddetta fase uno del ciclo Marvel Cinematic Universe. Una fase uno di tutto rispetto, considerando che il suo culmine, The Avengers appunto, incassa un miliardo e mezzo di dollari in tutto il mondo (di cui un miliardo solo nei primi 19 giorni), scalando la classifica dei film più redditizi e piantandosi al quinto posto.

I protagonisti del ciclo Marvel cominciano a moltiplicarsi e si vedono arrivare eroi che sanno più di sperimentazione che di vera e propria intenzione, come Ant-Man o Deadpool. Il secondo, in particolare, risalta per il suo stile totalmente diverso rispetto agli altri dello stesso ciclo, e per il suo umorismo rivolto ad un pubblico più adulto. Ha infatti ricevuto il marchio R-Rated (per i minori di 17 anni solo se accompagnati da adulti), quando tra i film Marvel solo Logan (2017), i The Punisher (2004, 2008) e i Blade (1998, 2002, 2004) sono usciti nelle sale con questa classificazione.

Inizia la fase due, con tutti i film tra il primo e il secondo capitolo degli Avengers, e la storia continua, anche un po’ nascosta; le grandi possibilità di produzione della Marvel, incorporata alla Disney nel 2015, fanno nascere altri figli: la serie televisiva Agents of S.H.I.E.L.D., che si ricollega al seguito di Captain America, Winter Soldier. Oppure prende strade alternative e un po’ più “larghe”: nel 2014 esce Guardiani della Galassia, probabilmente uno dei migliori successi della fase due.

Avengers: Age of Ultron, il finale della seconda fase, incassa poco meno del predecessore, ma comunque, con i suoi 1,4 miliardi di dollari, dà mostra di come il MCU sia ben lontano dallo stancare. Nonostante questi segni positivi, Marvel ingrana un’ulteriore marcia in più aprendo il sotto-universo di Dr. Strange, con il quale inserisce il soprannaturale e il magico nel mondo cinematografico targato Avengers.

Avviandosi, con il già annunciato Avengers: Infinity war (in uscita nella primavera del 2018), verso la fine della seconda fase e l’inizio della terza, la Marvel vede un netto di 15 film (parlando sempre e solo di MCU) e 11,75 miliardi di dollari di vendite in 9 anni. Senza contare i progetti minori come i telefilm che gravitano intorno all’universo Avengers senza davvero toccarlo, come Jessica Jones, Luke Cage, Daredevil e Iron Fist, più una lunga serie di corti a complemento della già citata Agents of S.H.I.E.L.D. e tutti quei film, principalmente dell’universo X-Men, che ancora non si inseriscono nella storia principale.

Il ciclo DC

La casa fumettistica che agli occhi dei fan è la principale concorrente della Marvel, con il suo universo più oscuro e che ancora ha il sapore noir degli albori (Detective Comics, la prima serie che vide la comparsa di Batman), ha una storia cinematografica più ricca e sfruttata della sorellastra, pur avendo iniziato a produrre 7 anni dopo il ciclo Avengers. Nel 1951 esce il primo film di Superman, Superman and the mole man, che iniziò il non sempre ottimo connubio tra l’uomo d’acciaio e il cinema. Il secondo supereroe di casa DC a vedere il teatro di un cinema fu Batman, nel ‘66, uscito sei anni dopo la storica serie televisiva con Burt Ward e Adam West (morto recentemente, lo scorso 9 giugno) a cui era collegato. Serie che più di tutte ha cementato l’immagine dell’uomo pipistrello, pur trattandola con umorismo e semplicità.

Fino al 1989 si contano 5 film su Superman (o comunque ad esso legati), figura di punta del mondo DC fino a quando non viene scansato di nuovo dall’uomo pipistrello; assistiamo così alla prima rinascita dell’eroe più oscuro con Batman, Batman Returns, Batman Forever e Batman e Robin, una tetralogia entrata nella storia e colma di nomi illustri: Tim Burton, quasi a sottolineare il sapore dark dell’eroe, dirige e produce i primi due capitoli, con Michael Keaton nel ruolo del protagonista; Joel Schumacher entra in campo nel terzo episodio e Batman viene impersonato da Val Kilmer, sostituito nel quarto da Geoge Clooney. È il primo tentativo in quattro atti dopo l’immenso Adam West, e apre la strada agli eroi (ma anche agli antagonisti) DC che non siano l’ormai sfruttato Superman e compagnia.

Bisogna attendere 15 anni per vedere l’universo DC farsi ciclo, ma nel frattempo la casa fumettistica non rimane in disparte, rilasciando vari tentativi, anche ben riusciti, di dare vita ad altri eroi: Catwoman, Constantine, V For Vendetta, Watchmen, Jonah Hex e Green Lantern. Non tutti egualmente meritevoli, come non tutti frutto di budget elevati e idee chiare. Negli stessi anni appare la nuova trilogia sul pipistrello più famoso al mondo, che vede un’ulteriore rinascita sotto la guida di Christopher Nolan, con i suoi Batman Begins, The Dark Knight e The Dark Knight Rises, (rispettivamente 2005, 2008 e 2012), accostati temporalmente – ma non collegati – ad un nuovo capitolo sul kriptoniano in tuta azzura: Superman Returns, film che non ha ricevuto una grande accoglienza, a differenza del gigante di Nolan.

POW!

Proprio con Superman, e qua forse già si vedono le difficoltà del franchise ad avere nuove idee, si apre l’universo cinematografico DC con Man of Steel (2013), che getta qualche idea e attira con un possibile sequel, senza però dare troppe informazioni sul futuro del DC Extended Universe. L’uomo d’acciaio di Kripton – grazie all’uomo d’acciaio di Hollywood, Zack Snyder – incassa 668 milioni di dollari con il primo capitolo, cifra molto simile a quella incassata dall’Iron Man di apertura dell’altro grande universo supereroistico, che fa ben sperare agli uomini della Warner Bros. a dispetto delle critiche, alcune delle quali addirittura sotto la sufficienza.

Tre anni dopo, nel 2016, quasi a voler aprire due storie contemporanee ma dello stesso universo, la Warner rilascia Batman v Superman: Dawn of Justice e Suicide Squad. Finalmente si vedono due o più eroi DC sullo stesso schermo. Si tratta di un passo indietro in confronto alle fasi della Marvel: sono costretti forse ad affrettare i tempi, e questo costa caro al DCEU. In Batman v Superman, quasi come in un easter egg, vengono presentati i futuri eroi dell’universo esteso, tra cui Aquaman e Flash, i più conosciuti al pubblico, piantando le basi per il ciclo DC. Il film non ha ricevuto, di nuovo, una buona accoglienza dalla critica, facendo comunque poco meno di 900 milioni di dollari in totale. Per Suicide Squad il discorso è diverso: il film DC che ha creato più attesa nei fan, un capolavoro dark dal design unico, almeno fino a quando non è uscito nelle sale. Verrà ricordato come l’occasione migliore sfruttata nel modo peggiore, con un cast stellare e un look fresco e unico, smontato per via della sua sceneggiatura confusa e una regia da dimenticare. La più grande promessa targata DC finisce con il raggelare, macinando recensioni negative e una media voti appena sotto il 5. Da notare come l’attesa abbia comunque fruttato quasi 800 milioni di dollari.

Forti dei loro errori, le menti di DC e Warner Bros. escono nel 2017 con l’ultimo capitolo prodotto per il ciclo dell’universo esteso: Wonder Woman, da poco nelle sale, ha già ricevuto l’onerosa nomina di film salvatore. Quasi 500 i milioni di dollari raccolti nel mondo nei primi 10 giorni di proiezioni; milione più, milione meno, già la metà degli incassi fatti da tutti gli altri film del ciclo, con una media del 7 sui più famosi siti di critica mondiale. Ancora agli inizi, ancora senza un film corale che faccia il verso o le scarpe agli Avengers, la DC si avvia verso un nuovo periodo, iniziato appunto con Wonder Woman e destinato se non altro a guadagnarsi un posticino nell’universo degli universi, con un inizio da rimpiangere e un futuro ancora tutto da scrivere.

Il ciclo Dark Universe

L’outsider di tutto rispetto – ancora in fasce, alle prime armi, ma volenteroso di lasciar un segno in questo periodo di cicli – è arrivato. Senza un vero e proprio passato alle spalle che non siano i grandi e classici mostri di Hollywood, rilancia il suo nome con un mostro sacro: La Mummia. Basato sul franchise Universal Monster Cinematic Universe, è per ora solo una promessa. Nasce dalle idee e dai sogni di Roberto Orci, produttore, con l’aiuto di Alex Kurtzman, sceneggiatore di film come il reboot di Star Trek, il suo seguito Into Darkness e Amazing Spiderman – Il potere di Electro, ma anche di serie TV come Sleepy Hollow (2013): Kurtzman sarà per altro regista, insieme a Chris Morgan, di tutti i reboot del mondo persistente e condiviso della Universal.

Per ora le promesse sono allettanti: The Bride of Frankenstein (l’unica altra pellicola con un titolo del ciclo), così come i film su Van Helsing, l’uomo invisibile, il mostro della laguna, l’uomo lupo e il conte Dracula, sono tutte idee e progetti già in cantiere, che si inseriranno nel mondo oscuro presentato dal già citato film di lancio, La Mummia. Reboot dell’omonima pellicola del 1934, a sua volta base per il reboot del 1999 e per i suoi sequel (ai quali il nuovo remake paga un tributo con un easter egg nascosto nelle scene del film), con protagonista Brendan Fraser e Rachel Weisz.

L’Imhotep originale.

Purtroppo per la Universal, tuttavia, il film non ha raggiunto i risultati sperati: solo 172 sono i milioni di dollari incassati dal film fino ad ora, e non sono abbastanza se si considerano i 125 milioni versati in budget. Tom Cruise e Russel Crowe non bastano a sollevare le sorti del film; e non bastano nemmeno le premesse, piuttosto palesi a questo punto, dell’universo condiviso, dove una società segreta – capeggiata da Russel Crowe nei panni del Dottor Jekyll e di Mr. Hyde – combatte e studia i mostri. Colpa di una sceneggiatura senza grandi idee, una regia a volte troppo manualistica e piatta e una storia che tende ad imboccare lo spettatore senza creare attesa o suspense: La Mummia si guadagna una media del 4 sui più grandi siti di critica.

Non un inizio con il botto per i mostri Universal, ma è ancora tutto da scrivere. Anche se l’idea della società segreta che combatte un “freak” dopo l’altro – come succede alle serie TV quando ormai cominciano a mancare di mordente – non attira troppo gli sguardi degli spettatori, è troppo presto per criticare il lavoro generale, il nuovo ciclo che sta nascendo sotto i nostri occhi dalle mani di Orci, Kurtzman e Morgan.

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