In onore del trecentesimo anniversario del viaggio di Pietro il Grande a Parigi nel 1717 – il primo Zar ad aver mai lasciato la Russia – Vladimir Putin si è recato, poche settimane fa, in visita dal suo neoeletto collega francese Emmanuel Macron. Ai microfoni di Le Figarò, Putin ha (volontariamente?) precisato che «le relazioni tra Francia e Russia hanno radici ben più profonde». La figlia di Yaroslav il Saggio, Anna, venne qui nell’undicesimo secolo per sposare Enrico I di Francia, diventando Anna di Russia regina di Francia». L’affermazione del Presidente, seppur storicamente incontrovertibile, ha gettato benzina sul fuoco delle relazioni tra Mosca e Kiev. Putin sarebbe stato colpevole di essersi appropriato di un personaggio ucraino, non russo, dato che Anna era, infatti, di Kiev. Segue lo scambio di battute tra gli account twitter di Russia e Ucraina:
Non si tratta solo di polemiche online. Storia, lingua e cultura ucraina e russa sono dai tempi del Maidan uno dei terreni di battaglia su cui le diplomazie dei due Paesi si scontrano periodicamente. Il Ministero dell’Istruzione di Kiev, per esempio, sta eliminando autori e opere russe dai programmi scolastici di letteratura. L’Ucraina ha vietato a Yulia Samoylova, una cantante russa, di partecipare al contest Eurovision. A Mosca il gestore di una biblioteca di letteratura in lingua ucraina è stato arrestato, stando a ciò che afferma la polizia, per possesso di materiale di propaganda antirussa. Il parlamento di Kiev ha recentemente introdotto una sorta di quota che garantisce che la maggior parte dei programmi trasmessi dai principali canali televisivi sia in lingua ucraina. Potrebbe essere comprensibile: in russo, quando si parla di Paesi stranieri, la preposizione v è generalmente quella corretta (в италии, ‘in Italia’). Nel caso dell’Ucraina si tende invece a usare na (на Украине, ‘nell’Ucraina’), quella che verrebbe utilizzata per riferirsi semplicemente a una provincia, o una regione geografica appartenente a una nazione più grande.
Ma, aneddoti a parte, quali sono i fatti? È possibile piegare, per scopi politici, la storia di un enorme Paese e ridurne la cultura a mero strumento di propaganda?
L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 13-16.
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