Imparare a memoria il contenuto di oltre 9.000 libri, recitare a memoria più di 22.000 decimali del pi greco, oppure ascoltare Tchaikovsky per la prima volta e senza aver mai toccato un pianoforte in vita propria ripetere quanto appena ascoltato. Il tutto accompagnato da gravi ed estesi deficit cognitivi: questo è in estrema sintesi il quadro clinico della sindrome del savant. Nonostante il primo caso ufficialmente documentato risalga addirittura al 1783, siamo ancora molto lontani dallo spiegare l’emergere di tale fenomeno. Tuttavia, perlomeno a livello puramente descrittivo sono stati individuati dei motivi ricorrenti. Una delle fonti più attendibili al riguardo è lo psichiatra Darold Treffert, il quale si occupa di sindrome del savant da oltre quarant’anni. Chiaramente anche le neuroscienze si sono interessate al fenomeno e i primi timidi tentativi di caratterizzare questo affascinante fenomeno non mancano.
Cosa sappiamo
La sindrome del savant è sempre accompagnata da un disturbo dello sviluppo, da ritardo mentale o da un’anomalia neurologica. Secondo stime recenti, in metà dei casi la sindrome è associata a disturbi dello spettro autistico. Non vale però il contrario: solamente il 10-20% delle persone con disturbo dello spettro autistico mostra segni di savantismo. Il connubio tra sindrome del savant e disturbi dello spettro autistico non si limita tuttavia a questo: in entrambe le condizioni cliniche i maschi sembrerebbero essere colpiti più frequentemente delle femmine. Si pensa che un livello di testosterone troppo alto durante la gravidanza possa influire negativamente sullo sviluppo dell’emisfero sinistro del cervello. Un emisfero sinistro malfunzionante provocherebbe uno sconvolgimento delle dinamiche cerebrali, dove l’emisfero destro si ritroverebbe a dominare su quello sinistro. Questo effetto, noto come facilitazione paradossale, potrebbe essere alla base della sindrome del savant. Il motivo secondo cui l’emisfero sinistro sia più vulnerabile del destro non è stato ancora chiarito completamente: si presume però che sia soggetto a uno sviluppo più lento e sia quindi di natura più fragile. Per quanto speculativa, quest’ipotesi concorda sia con altre osservazioni cliniche, sia con quanto sappiamo sulla lateralizzazione – assolutamente da non intendere come dicotomia – di alcune funzioni a livello cerebrale. Il linguaggio è una funzione tipicamente associata all’emisfero sinistro ed è ben noto come dislessia e balbuzie siano disturbi tipicamente maschili. Inoltre, deficit a livello linguistico sono un motivo ricorrente sia nella sindrome del savant sia nei disturbi dello spettro autistico. Gli ambiti in cui le persone con la sindrome del savant esplicano le loro incredibili abilità possono essere ricondotti a cinque macrocategorie: musica, arti visive, matematica, calcolo calendariale e abilità meccaniche/visuo-spaziali, tutte abilità dominate – con l’eccezione della matematica – dall’ emisfero destro. Il livello di abilità può variare enormemente da un savant all’altro: il tipo più comune, definito da Treffert come splinter skills, consiste nel saper memorizzare fatti relativi ad ambiti molto circoscritti, come per esempio statistiche sportive, numeri di targa o mappe. Più rari i cosiddetti savant di talento, i quali possiedono doti di gran lunga superiori rispetto a quanto ci si aspetterebbe da persone con lo stesso handicap. I rarissimi savant prodigio sono invece in possesso di capacità tali da risultare sorprendenti anche in individui privi di deficit e secondo Treffert ve ne sono meno di cento in tutto il mondo. Kim Peek è probabilmente il caso più noto: affetto da macroencefalia, danni al cervelletto e nato senza corpo calloso – ossia senza la rete di fibre nervose che collegano i due emisferi cerebrali – nel corso della sua vita ha memorizzato il contenuto di oltre 9’000 libri. Era anche dotato di grandi capacità matematiche e di calcolo calendariale. La sua figura è stata d’ispirazione per il personaggio di Raymond Babbit, interpretato da Dustin Hoffman nel film Rain Man.
Un savant in ognuno di noi?
Una domanda legittima, in quanto è possibile diventare savant in seguito a un trauma cerebrale. Uno dei casi più famosi è quello di Alonzo Clemons, il quale all’età di tre anni rimase gravemente invalido a causa di un trauma cranico. L’infortunio però lo rese un genio nella scultura tanto da, una volta diventato adulto, affermarsi nel settore ed esporre in diverse gallerie d’arte. In uno studio pubblicato sul “British Journal of Psychiatry” nel 2000 sono invece stati riportati casi dove una sindrome del savant viene acquisita come risultato di una demenza frontotemporale. Caratterizzata da una progressiva atrofia delle cortecce frontali e temporali, i sintomi della demenza frontotemporale si esplicano principalmente sotto forma di deficit comportamentali, emotivi e perdita progressiva della capacità di comporre o comprendere il linguaggio. Ad avvallare l’ipotesi della facilitazione paradossale, la quasi totalità dei pazienti descritti nello studio del 2000 presentavano lobi frontali praticamente intatti ma una forte atrofia del lobo temporale sinistro, localizzata prevalentemente nelle aree dedicate al linguaggio. Un ulteriore tassello a sostegno della facilitazione paradossale arriva da uno studio molto simile pubblicato nel 2015: anche in questo caso una forte atrofia del lobo temporale sinistro in pazienti con demenza frontotemporale ha favorito l’emergere di nuove abilità. Contrariamente allo studio del 2000, dove le nuove abilità erano confinate al disegno e la musica, i tre pazienti analizzati nel 2015 presentavano le aree del linguaggio più o meno intatte e le nuove abilità si sono manifestate proprio nell’uso dello stesso. Sembrerebbe quindi che l’emergere di abilità straordinarie sia inevitabilmente legato ad un danno al cervello. Studi recenti hanno inoltre evidenziato come sia possibile migliorare le proprie abilità matematiche o quelle visuo-spaziali semplicemente tramite stimolazione transcraniale. Il vantaggio primario di tali tecniche è la loro non-invasività, reversibilità degli effetti e il loro potenziale utilizzo in ambito clinico, per esempio come sostegno a una terapia per la dislessia. Nonostante questo campo di ricerca sia in rapida espansione, va sottolineato che la stimolazione transcraniale porta a dei miglioramenti ma non al savantismo. Da non sottovalutare i possibili effetti indesiderati: la stimolazione magnetica transcraniale può portare ad attacchi epilettici, mentre si è osservato che la stimolazione elettrica transcraniale ha portato a un miglioramento delle prestazioni cognitive in un determinato ambito, ma allo stesso tempo a un peggioramento in altri ambiti.
Quando pi greco ha una storia da raccontare
Dati gli estesi deficit cognitivi è spesso impossibile avere anche solamente una descrizione qualitativa di come i savant siano in grado di fare quello che fanno. Una felice eccezione al riguardo è Daniel Tammet. Le sue abilità e il suo amore per i numeri sono semplicemente straordinari: è in grado di recitare a memoria più di 22.000 decimali del pi greco, parla undici lingue – ha imparato l’islandese in una settimana – e ha inventato una nuova lingua, il mänti. È autistico e sembra che le sue incredibili capacità siano emerse dopo un attacco epilettico. Nel 2005 è stato girato un documentario sulla sua storia – The Boy With The Incredible Brain – in cui è lui stesso a spiegare cosa succede nella sua testa durante un’operazione matematica: ogni numero viene automaticamente e inconsciamente associato ad una specifica forma, un colore – fenomeno noto come sinestesia – ed un’emozione. L’incontro tra due numeri – una moltiplicazione per esempio – origina una nuova entità dotata a sua volta di una specifica forma, un colore e a alla quale viene associata una risposta emotiva. Ed è questa terza entità a venire decodificata in un numero. Particolarmente interessante è quanto succede con pi greco, suo numero preferito. Secondo le parole dello stesso Tammet, lo scorrere dei decimali provoca in lui la generazione di un vero e proprio paesaggio mentale animato da una moltitudine di forme e colori. Nel corso del documentario Tammet viene testato dal gruppo di ricerca del dottor Ramachandran, mostro sacro delle neuroscienze. Tra i test effettuati nel suo laboratorio, uno riguarda per l’appunto pi greco. Il test consiste nel misurare la risposta galvanica della pelle mentre Tammet osserva su uno schermo lo scorrere dei numeri, dove però a sua insaputa, alcune cifre della costante matematica vengono rimpiazzate con altre a lui non gradite. Ogni elemento errato nella sequenza di numeri provoca un aumento della sudorazione, risultato interpretabile come indice di risposta emotiva allo stimolo e dovuto secondo le sue spiegazioni, alla stonatura nel paesaggio che si andava formando nella sua testa.
Cosa non sappiamo
Nessun modello neuropsicologico sulla formazione dei ricordi o l’apprendimento è in grado di spiegare le abilità dei savant. Anzi, a voler essere cinici, in termini di conoscenza non siamo troppo distanti dal primo caso descritto nel 1783, in quanto anche la teoria della facilitazione paradossale non spiega per esempio la memoria elefantiaca – tratto caratteristico sempre presente – o abilità meno ricorrenti quali l’iper-poliglottismo, un’inusuale discriminazione sensoriale e la perfetta percezione dello scorrere del tempo. Oltre alla teoria della facilitazione paradossale (e ai suoi limiti), anche la genetica è stata proposta come possibile spiegazione. Avere più di un savant in famiglia sembra tuttavia essere di gran lunga l’eccezione più che la norma, ma anche tralasciando la questione relativa all’ereditarietà, al momento nessun gene è stato concretamente associato alla sindrome. Tante risposte potrebbero però arrivare dalle neuroscienze e soprattutto dal neuroimaging. Oggi siamo per esempio in grado di ricostruire perlomeno a livello macroscopico i circuiti di fibre nervose che collegano tra di loro le diverse regioni del cervello e disponiamo delle risorse computazionali per mettere in relazione il comportamento con il suo substrato neuronale. I primi studi al riguardo non mancano ma si tratta di ricerche a carattere puramente esplorativo. Carpire i segreti della sindrome del savant potrebbe aprirebbe nuovi campi di ricerca, le cui ripercussioni – anche a livello etico – sarebbero tutt’altro che banali. E se il meccanismo alla base della sindrome fosse l’anello di congiunzione tra l’uomo e il superuomo?