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Trump: quando la follia è di casa (bianca)

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Claudia Delicato

Ovvero, come Trump non è capace di ricoprire una delle cariche più importanti al mondo

Bandì l’uso della parola “capre” in sua presenza, si esercitava in contorsioni facciali per spaventare i suoi nemici, sposò sua sorella, nominò il suo cavallo come senatore. Caligola fu certamente un imperatore non molto amato data la sua eccentricità, e anzi sorprende che riuscì a governare per quasi quattro anni prima di venir assassinato. Ma Caligola è solo uno della lunga lista di governanti che si sono distinti per atteggiamenti instabili o folli, insieme a personaggi come l’imperatore Zhengde in Cina, il quale soleva dare ordini ad un gemello immaginario che chiamava Generale Zhu Shou, o il bavarese Ludovico II chiamato “pazzo re Ludwig”.

Busto di Caligola
Credits: CDN

“Il Re è nudo!”

Se urlare le nudità dell’imperatore non era (o è) cosa tanto semplice, è anche vero che molti dei governanti folli sono morti in circostanze sospette. Il possibile omicidio di leader scomodi rivela un’incapacità, dati i sistemi governativi a loro contemporanei, di fronteggiare un problema che oggi è sempre più normalizzato e trattato con oggettività clinica: l’instabilità mentale. Caligola soffriva infatti di una encefalite nata da un episodio che venne descritto come una “forte febbre”, Ludovico II aveva un disturbo schizotipico di personalità insieme alla malattia di Pick, ovvero una disfunzione cerebrale degenerativa categorizzata come demenza. Per Zhengde non abbiamo una diagnosi specifica, ma d’altronde sappiamo che la Cina non è famosa per la libera possibilità d’informazione di circolare al suo interno – ma non a dire che sia la sola, per carità.

La vita sconsigliabile di Trump

Nei governi dei paesi occidentali di oggi e in generale di quelli a governo democratico, in teoria abbiamo a disposizione gli strumenti medici necessari per valutare una condizione mentale ai tempi passata semplicemente come ‘pazzia’, e la libertà per dirlo su canali ad ampio raggio di ricezione. Nel caso della valutazione psichiatrica di chi ci governa però, abbiamo limitata possibilità di accedere a informazioni dettagliate e accurate riguardo alla loro salute mentale o ai loro stati psicofisici. Nonostante ciò, il web è recentemente impazzito, speculando su ogni tipo di informazione possibile su un personaggio politico nello specifico: il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Di Trump sappiamo che è alto un metro e 92 e pesa 107 chili (talvolta sono stati detti 127), quindi in sovrappeso. Tra un feroce tweet e l’altro, Trump si delizia con bistecche ben cotte, granchi e gamberetti, accompagnati solo occasionalmente da un’insalata, adora KFC e pacchetti di patatine Lay’s e consuma bevande zuccherate come Coca-Cola Light giornalmente: altro che gli ortaggi di Michelle, che tra l’altro sono salvi. All’infuori del golf, Trump è restio a qualsiasi tipo di attività fisica, secondo la convinzione che nasciamo con una riserva limitata di energia, come fossimo pile non ricaricabili della Duracell. Una dieta del genere, si può intuire con facilità, non è affatto salutare: in particolare, studi sull’effetto dell’assunzione di molti zuccheri e grassi rivela l’impedimento delle fondamentali funzioni del cervello quali plasticità, apprendimento e memoria.

Trump sul suo jet privato mangiando KFC
Credits: Eat This

Sarà anche la dieta squilibrata a regalare a Trump quel caratterino che rende molto difficile lavorare con lui, notando la breve durata dell’incarico dei suoi più stretti collaboratori. Essi sono figure che molto spesso hanno paura a comunicargli brutte notizie o sono forzate ad eseguire i suoi comandi alla lettera poiché, a detta del consulente repubblicano Schimdt, non c’è nessuno attorno a lui capace di frenare le sue richieste folli e dettate dall’impulso. Molti collaboratori del presidente preferiscono dimettersi, come il direttore comunicativo Michael Dubke il quale ha consegnato le dimissioni il 18 maggio, dopo solo tre mesi di incarico. L’appoggio popolare non solo a Trump, ma all’intero partito Repubblicano sta velocemente crollando: l’ex presidente del Comitato Nazionale Repubblicano Steele ha recentemente dichiarato come le persone con abilità ed esperienza non si iscrivono al partito Repubblicano anche perché, “chi vuole iscriversi per un pazzo?”.

Diagnosi

Il presidente non fuma o beve, ma è drogato della folla che lo acclama. Le cose stanno recentemente cambiando però. Secondo quanto riportano i suoi collaboratori, Trump è sempre più restio ad affrontare una folla che non è grande abbastanza, tant’è che anche la Pennsylvania, conquistata da Trump dopo più di trent’anni di dominio Democratico, è stata eliminata dalla lista dei paesi in visita come ringraziamento dopo le elezioni data la possibilità di serie proteste. Atteggiamenti di grandezza del presidente sono arrivati addirittura a essere proclamati caso clinico: recentemente trentacinque tra psichiatri, psicologi e assistenti sociali hanno scritto una lettera al New York Times riguardante l’incapacità di Trump di ricoprire la carica di presidente, data la sua tendenza a distorcere la realtà secondo un mito di grandezza personale e la difficoltà nel controllare stati di rabbia scaturiti da punti di vista differenti dai suoi. Infine, “le parole e il comportamento [di Trump] suggerirebbero un’instabilità profonda a empatizzare”. Queste caratteristiche di grandiosità, sadismo, e comportamento antisociale sono state catalogate sotto l’appellativo di “narcisismo maligno”.

Credits: Brian Adcock

Com’è stato notato dagli stessi trentacinque psicologi, riportare certe assunzioni senza la prova certa di analisi ravvicinate non è molto professionale o corretto dal punto di vista morale: per di più infrange una regola presente negli Stati Uniti chiamata Goldwater Rule, a causa del candidato presidenziale Barry Goldwater per cui nel 1964 sorse il dubbio se fosse abbastanza stabile mentalmente per fare da presidente. Ma la lettera degli psicologi, psichiatri e assistenti sociali non ha avuto paura di infrangere tale regola o moralità ed è stata invece scritta con l’urgenza di preservare la stabilità psicopolitica di uno dei più influenti paesi del pianeta. Casi simili del mondo accademico vengono dall’università di Yale: il dottor Gartner ha dichiarato che, come comunità scientifica, hanno “una responsabilità etica nell’avvisare il pubblico riguardo la pericolosa malattia mentale di Trump”, definita come “paranoica e delirante”.

Un lavoro difficile

Per quanto ambito, c’è da dire che l’incarico di presidente degli Stati Uniti non è tra i più semplici. È una carica soggetta a stress continuo, a cui manca la presenza di persone allo stesso livello e amici, e ciò può portare a depressione, ansia, o abuso di sostanze, come riporta un articolo pubblicato da alcuni psichiatri della Duke University nel Journal of Mental Disease del 2006. L’articolo presenta uno studio su trentasette presidenti degli Stati Uniti, da Washington a Nixon, comprovando come la metà di loro abbia sofferto di un disturbo psichiatrico.

Purtroppo non si tratta di soli pettegolezzi sulla vita privata dei leader di governo, perché alcuni di questi problemi si sono riversati in conseguenze mondiali rilevanti. Ad esempio, la depressione e l’alcolismo dovuti dall’improvvisa perdita del figlio del presidente Pierce nel 1853 portarono alla sua incapacità di risolvere questioni che portarono poi alla guerra civile. Johnson soffrì di paranoie sempre crescenti con l’intensificazione della guerra in Vietnam, tanto da non riuscire ad affrontare le stragi del conflitto cruento, portando nel taschino statistiche (false) sui successi dei soldati americani. Fu sempre la guerra, ma quella in Iran, a portare Reagan a un grande affaticamento e avvilimento che lo portava a chiudersi nella sua residenza a guardare film piuttosto che lavorare. Nel 1993, dopo quattro anni dal termine dell’incarico, gli fu diagnosticato ufficialmente l’Alzheimer, ed ex collaboratori ammisero come la sua facoltà di giudizio fosse deturpata e la sua capacità di prendere decisioni compromessa già verso fine mandato.

L’hanno scelto loro

Il caso di Trump è leggermente diverso, perché durante la campagna elettorale il presidente era come lo vediamo oggi: le sue facoltà cognitive, di giudizio o di scelta non si sono deturpate col tempo. Come ha notato Gilbert, uno dei più grandi studiosi della salute dei presidenti USA, “se il presidente è solo se stesso, e continua a parlare come faceva in campagna elettorale, il vicepresidente e i ministri avrebbero difficoltà a intervenire”. Il problema è che quindi queste incapacità relazionali e manie di grandezza sono state percepite dall’elettorato non come parte di una patologia ma di uno spettacolo, o prova di una schiettezza per cose che nessuno ha il coraggio di dire. Ma le sue sono semplicemente frasi a effetto, tra l’altro di scarso umorismo e genialità, che funzionano solo davanti ad una platea eccitata e non davanti a un emendamento o una proposta di legge. Con il suo sessismo, razzismo, mancanza di emotività sociale e disconnessione intenzionata (speriamo) con la realtà, Trump si comporta come quel bambino delle elementari che prende in giro l’amichetto con l’apparecchio per far ridere gli altri compagni, con la speranza di farseli amici.

Supporter di Trump travestito da muro
Credits: assets

Cosa si può fare?

Lo strumento per rimuovere un presidente dall’incarico è l’emendamento numero 25 della Costituzione Americana, inserito nel 1967 (non a caso dopo l’assassinio di Kennedy): la Costituzione infatti stabiliva cosa fare nel caso di morte del presidente degli Stati Uniti, passando il titolo al vicepresidente, ma non nel caso egli fosse vivo ma non in grado di governare. Se il presidente Kennedy fosse sopravvissuto al colpo di fucile dell’attentato ma non nel pieno delle sue facoltà cognitive, ci si sarebbe trovati di fronte un vuoto legislativo. Questo emendamento non è mai stato usato fino ad oggi, per ovvie ragioni politiche: in molti casi esso è visto come una mossa politica da parte degli avversari esterni (o interni) al partito, una strategia di soft power che nel caso di Trump ad esempio lo farebbe passare dal lato della vittima, possibilmente facendogli acquistare ancora più potere.

Nonostante sia molto importante avere coscienza dell’instabilità mentale di Donald Trump, c’è da andarci cauti, ipotizzando di lasciar parzialmente da parte ricorsi di natura medica facendo causa sulle sue inabilità politiche. Come anche osserva Allen Frances, psichiatra americano della Duke University, “l’antidoto a una distopica epoca buia trumpiana dev’essere politico, non psicologico”.


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