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Calciatori e like: un calcio sempre più social

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Tommaso Basso

La generazione dei nati da fine anni ’80 a oggi sta vivendo uno dei più repentini cambi nei modi di vivere che l’umanità abbia mai registrato. Ogni grande rivoluzione ha tendenzialmente dovuto passare un periodo di gestazione di media lunghezza, ma quello che i cosiddetti “nativi digitali” stanno sperimentando in prima persona è qualcosa che astrae da questo schema che si è riproposto ciclicamente di secolo in secolo. Il progresso tecnologico, soprattutto nel campo della comunicazione, si è sviluppato a una velocità esponenziale, risultando lampante se si pensa che dall’uscita del DynaTAC 8000x a quella del Samsung S8 sono passati appena 30 anni. Parte di questo processo di evoluzione è ovviamente anche merito della nascita e crescita del Web, che ha permesso di mettere in diretto contatto tutto il mondo.

L’accessibilità a una rete vasta e aggiornata in tempo reale come quella di Internet ha innegabilmente cambiato in modo percettibile il rapporto tra uomo e tecnologia e, come conseguenza diretta, anche il rapporto tra uomini stessi. L’iniziale flusso di informazioni e contenuti si è evoluto nell’arco del tempo fino ad arrivare alla fase “social” che stiamo attraversando oggi.

Questo punto di incontro virtuale ha permesso lo scambio di messaggi, foto e video istantaneamente, consentendo idealmente a tutti la possibilità di mostrare al resto del mondo quello che fino a qualche decennio fa si poteva solamente condividere durante i pranzi coi parenti e le cene tra amici. Nessuno è rimasto escluso da questa rivoluzione, tantomeno le celebrità: politici, attori e atleti sportivi oggi comunicano giornalmente e direttamente con i propri fans, cercando in questo modo di accaparrarsi il sostegno delle folle. Così le nuove sfide non si vincono più con i gol, ma con i like e i follow.

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L’era post-televisiva

Nonostante i più attivi e interattivi rimangano senza ombra di dubbio gli americani, anche i calciatori europei hanno imparato con il tempo a sfruttare bene questo canale di comunicazione, condividendo costantemente post personali ed esclusivi. Ad esempio Patrice Evrà, terzino francese ex Manchester United e Juventus, cerca di rallegrare il lunedì mattina dei suoi 2.8 milioni di followers su Instagram con balletti e canzoni, mentre Dani Alves alterna selfie con abiti di dubbio gusto estetico a pezzi di saudade brasiliana, pubblicando saltuariamente anche video in cui manifesta la sua personalità, per così dire, bizzarra.

Personaggi così eclettici fanno breccia nel cuore dei loro seguaci generalmente perché il popolo della rete è particolarmente propenso a dare risalto a questo genere di contenuto divertente. È quindi facile intuire come pagine Facebook a stampo umoristico (come CALCIATORI BRUTTI, Chiamarsi Bomber e Gli Autogol) abbiano fatto successo riportando episodi, video e foto ironici riguardanti il mondo del calcio, in quella che si potrebbe definire (con le adeguate precauzioni) l’era post-Mai Dire Gol.

La gag di Rolando all’Inter

Il programma della Gialappas ha senza dubbio cambiato profondamente il modo di trattare il calcio, interagendo in prima persona con gli atleti e gli addetti ai lavori nelle loro gag (basti pensare alla famosa scena di Rolando all’Inter, condita di presentazione ufficiale). Allo stesso modo queste pagine Facebook sono riuscite a ridare smalto a vecchie glorie e a valorizzare calciatori mediocri, sottolineando che mezzo potente possa essere la rete. Bobo Vieri e Borriello, icone del “bomberismo”, stanno vivendo una seconda vita da social stars, così come Moscardelli o Taddei sono passati dall’essere scherniti al diventare beniamini del pubblico di massa. Ecco perché uno come Alejandro “Papu” Gómez ha cavalcato questa onda “internettiana” fino al rilascio del singolo musicale Baila como el Papu, attualmente a quota sedici milioni di visualizzazioni su YouTube. Insomma, una vetrina non indifferente.

Condivisione frettolosa

Esattamente come con i giusti accorgimenti si può sfruttare positivamente il mondo dei social network per rendere più fidelizzato il proprio fan club, allo stesso modo un uso spregiudicato degli stessi può portare non pochi problemi. Tantissime parole si sono spese per la vicenda Donnarumma, disastrosa e al contempo emblematica rappresentazione di cattiva gestione del proprio profilo pubblico. Gigio è riuscito a complicarsi la vita nel più bizzarro dei modi immaginabili.

Inizialmente l’estremo difensore rossonero aveva pubblicato un tweet controverso che rimarcava il suo ottimo rapporto con il procuratore Mino Raiola, proprio nel momento di massima tensione della trattativa con il Milan per il rinnovo del contratto. Dopo aver visto la reazione tutt’altro che positiva al tweet da parte dei supporters milanisti, Gigio aveva provato a metterci una pezza con un post d’ordinanza su Instagram, in cui si scusava con i tifosi del suo atteggiamento sconsiderato.

Il post di scuse di Donnarumma su Instagram

Proprio quando tutto sembrava essersi calmato è arrivato il tweet di un presunto attacco di un hacker con conseguente cancellazione dell’account di Instagram e con esso le scuse. Nonostante il Milan e l’entourage di Donnarumma abbiano trovato ora l’accordo per il rinnovo, più di qualche tifoso del Diavolo è tuttora poco bendisposto nei confronti del giovane portiere campano a causa di questa infelice uscita fuori dai pali.

Errori e orrori

Altri scivoloni da social network hanno ad esempio visto protagonista Ravel Morrison, trequartista inglese in forza alla Lazio immortalato su Instagram in gita al Camp Nou proprio mentre i suoi compagni di squadra erano a visitare i terremotati di Amatrice.

La rete non ha risparmiato nemmeno il capitano della Nazionale Campione del Mondo del 2006 Fabio Cannavaro, colpevole di aver caricato la fotografia sbagliata su Facebook. L’ex Pallone d’Oro voleva infatti celebrare il compleanno di Steven Gerrard, finendo però per pubblicare una foto che lo ritraeva in uno scontro di gioco con Frank Lampard, errore che ha stappato più di qualche sorriso tra i suoi followers.

Il grossolano errore di Fabio Cannavaro

Il Principino Claudio Marchiso è stato invece pizzicato a scrivere l’hashtag #dopingtime su un post di Instagram, prontamente cambiato in #testantidopingtime, cosa che ha fatto drizzare le orecchie a più di qualche tifoso malizioso.

I netizens hanno un’incredibile capacità di non far passare nulla per inosservato, puntando sempre il dito verso ogni più piccola sbavatura e rendendo spesso la sezione commenti una vera e propria fucina di insulti gratuiti. Spesso e volentieri infatti i social network si trasformano in veri e propri canali di odio e il mondo del calcio, notoriamente poco disteso, è largamente investito da questo fenomeno poco auspicabile.

Una dimostrazione lampante di ciò è stato il vergognoso attacco ai figli del neo capitano del Milan Leonardo Bonucci, a cui gli ex tifosi bianconeri hanno augurato la morte sotto un post di Instagram del difensore della nazionale, reo di essere passato alla storica rivale. Non scopriamo oggi che questo genere di episodi non è per niente raro, ed è la dimostrazione di come le persone alle volte non abbiano nessun tipo di filtro quando si trovano dietro lo schermo di un computer o di uno smartphone. Fortunatamente si stanno facendo dei passi avanti in questo senso, con una sempre maggiore attenzione a questo “bullismo da tastiera”.

Social tentativi

Ciò che ormai da qualche anno sta veramente creando interesse nelle squadre e nei calciatori è la profittabilità derivata dal saggio utilizzo di questo medium. L’obiettivo è quello di espandere la propria popolarità nel mondo, facendosi notare, tramite foto e video accattivanti, da un pubblico principalmente giovane. Non ci si meravigli quindi nel vedere le pagine ufficiali dei club condividere meme o imbastire delle video challenge sulla falsariga di quelle che si possono trovare nella sezione “tendenze” di YouTube. Le distanze con il pubblico si sono accorciate notevolmente e diventa di vitale importanza quindi interagire con esso, rispondendo prontamente a messaggi e commenti e coinvolgendolo attivamente.

Per creare questo ecosistema ideale, sul finire del 2016 è stato addirittura lanciato un social network interamente dedicato al calcio chiamato Dugout (letteralmente “panchina” in inglese), in cui squadre e giocatori hanno la possibilità di condividere notizie e interagire fra loro. Il grande vantaggio dato da Dugout rispetto a qualsiasi altro social network è la possibilità di organizzare l’enorme mole di contenuti creati dalle società calcistiche in un unico luogo, in modo da non disperderle come accade invece all’interno di Facebook, Twitter o Instagram. Il roster si sta infoltendo di mese in mese: attualmente ci sono 43 club, di cui 6 italiane (Milan, Juventus, Inter, Roma, Napoli e Bologna), e 79 atleti. La piattaforma però stenta a decollare, come è lecito aspettarsi in questo mercato sanguinario.

Un “nuovo” mercato

Max Sardella, social media manager esperto nel settore calcistico, in un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore ha dichiarato che «I fan vogliono sapere quello che i giocatori fanno dopo il 90esimo minuto, che musica ascoltano, come si chiama il loro cane. Per questo, oltre ai risultati sportivi, conta saper raccontare la propria storia e saper intrattenere». È questa secondo lui la chiave per il successo social, quello che consente a gente come Cristiano Ronaldo, Paul Pogba o Mauro Icardi di ottenere sostanziosi contratti di sponsorizzazione per promuovere capi di vestiario o accessori. I tifosi imparano a fidarsi dei loro giocatori del cuore e tendono, a volte anche inconsciamente, a volerli emulare in tutto e per tutto, dando vita ad un “nuovo” sistema di fare mercato, che poi così tanto nuovo non è se si pensa a come gli atleti americani lo stiano facendo da ormai più di un decennio.

Interazione, coinvolgimento, abbattimento delle barriere che dividevano tifosi e star: i social network promettono questo tipo di relazione ai loro utenti. Ragionandoci meglio viene però spontanea una domanda: quanto sappiamo veramente di più sulla loro persona? Questo medium comunicativo è sicuramente un canale che ci ha permesso di conoscere qualche piccolo particolare, qualche tic dei nostri beniamini. Sappiamo in che locale fanno festa, dove sono andati in vacanza, la nuova hit che si balla nello spogliatoio. I veri pensieri e le loro preoccupazioni restano però celati al pubblico, nascosti dietro un muro di selfie e videomessaggi. Le vere curiosità rimarranno solo storie, magari ritoccate, raccolte e raccontate in un libro autobiografico. In fondo, per quanto a volte ci piaccia pensare il contrario, il calcio è un business.

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