Individuare i tre poli che oggi dirigono la scena politica nostrana risulta estremamente semplice: M5S, PD e la coalizione tra Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia. Oggi, col fiato sospeso in attesa delle tanto chiamate elezioni che si terranno nel prossimo anno, il futuro parlamentare si preannuncia perfino più instabile dell’attuale legislatura, iniziata nel 2013. Contemporaneamente alla naturale e prevedibile decrescita del Partito Democratico (dopo il governo Renzi, la sconfitta al Referendum costituzionale e il successivo governo Gentiloni) il Movimento Cinque Stelle e i partiti di destra (in particolare la Lega Nord) sono saliti di percentuale nei diversi sondaggi prima e durante questa estate; indicativamente Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle sembrano essere alla pari, con meno di un punto percentuale che li distacchi, mentre una coalizione FI, LN e FdI avrebbe la maggioranza dei seggi perlomeno alla Camera. È inoltre da considerare il dibattito sulla legge elettorale, apparentemente dimenticato dopo i disguidi tra Movimento Cinque Stelle e Partito Democratico. Non si è ancora certi, insomma, se andremo a votare con una diversa legge elettorale, elaborata all’ultimo minuto e che possa sconvolgere qualsiasi previsione, o con il solito vecchio sistema di cui ogni partito si è già largamente lamentato.
L’ombra sinistra di un parlamento incontrollabile, congelato dalla presenza di tre poli di uguale potere sembra incombere sugli anni a venire. Ironicamente, questo apparente oscuro futuro potrebbe rivelarsi invece essere lo scenario perfetto per la rinascita di un polo dimenticato, che nell’ultima legislatura si è visto scomparire dai giornali e dai dibattiti: il centro. E al centro esiste un solo uomo in grado di salvare il paese da un parlamento incontrollabile.
Angelino Alfano è stato un vero e proprio protagonista dell’ultima legislatura. Dalla sua nomina a segretario nazionale del Popolo della Libertà il paese ha visto l’ascesa dell’agrigentino moderato, inizialmente schernito come un semplice fantoccio di Berlusconi, poi leader di una corrente interna al PdL che ha portato addirittura nella scissione di quello che al tempo era il primo partito d’Italia. Con la rinascita di Forza Italia e la fondazione del Nuovo Centro Destra, Alfano ha occupato due dei ministeri più importanti in assoluto (quello degli interni e quello degli affari esteri e della cooperazione internazionale) attraverso tre diversi governi. È stato vicepresidente del consiglio, ha inaugurato personalmente il progetto Mare Nostrum, è stato più volte emblema della nostra nazione in diversi meeting internazionali. Alfano è stato presente in ogni momento più delicato degli ultimi cinque anni, tra larghe intese, crisi di governo e voti delicati alle camere.
Con Alternativa Popolare Alfano ha spostato il proprio partito ancora più al centro, in un certo senso “rinnegando” quegli anni passati insieme a Berlusconi come suo braccio destro, e aprendo più liberamente al centro-sinistra, con cui ha condiviso tre diverse esperienze di governo e tre diversi premier.
Alfano in questi cinque anni ha svolto un ruolo assolutamente fondamentale: per quanto relativamente piccolo, il nucleo di parlamentari da lui guidati ha in effetti determinato la sopravvivenza dei governi degli ultimi anni, permettendo che sopravvivessero nonostante la sempre crescente opposizione.
Recentemente Alfano ha dichiarato, in merito alle elezioni amministrative in Sicilia, ciò che prevede per il suo partito, il ruolo che Area Popolare, secondo il politico agrigentino, occuperebbe in futuro a livello nazionale: così come i socialisti della prima repubblica, Alfano punta a un partito di peso considerevole in parlamento e in grado di determinare il verdetto in una situazione di parità. Di fronte a tre diversi poli il partito di Alfano, dichiaratamente liberale e centrista, ha la libertà di sostenere sempre la posizione che più gioverebbe al suo partito.
Silvio Berlusconi ha recentemente affermato, durante una intervista a “Il Giornale”, che non intende riaprire la porta a coloro che, durante questi ultimi anni, hanno sostenuto i governi di sinistra che “hanno condotto il Paese nella difficile situazione in cui ci troviamo”, un chiaro riferimento ad Alfano e ad Area Popolare. Il cavaliere a poi aggiunto che avrebbe comunque rivalutato la situazione se costoro avessero aperto nuove liste.
Il rapporto tra Berlusconi e Alfano è cambiato radicalmente nell’ultima legislatura, da ciò che veniva rappresentata come una vera e propria genuina amicizia (ricordiamo ancora quando Berlusconi, nominando Alfano segretario nazionale del PdL, affermò che non esisteva nel partito persona più adatta a un ruolo di tale importanza) a una distanza assoluta tra i due, che spesso abbiamo visto scontrarsi, indirettamente, sulle diverse posizioni dei rispettivi partiti. È quindi, dopo questa quasi apertura di Berlusconi, possibile una riconciliazione? Probabilmente no. Anche se abbiamo visto le posizioni del cavaliere moderarsi con il passare degli anni (in particolare in merito alle questioni sociali) la distanza ideologica tra i due appare oggi più che mai evidente. Non è implausibile che un partito moderato e uno di radice più conservatore collaborino, ma viene da chiedersi se, dopo le collaborazioni di Alfano con il Partito Democratico, sia il leader di Forza Italia che quello di Area Popolare siano effettivamente interessati a una eventuale alleanza.
Di fatto una formazione centrista in parlamento c’è sempre stata, ma è distribuita in diversi partiti sparsi tra i sostenitori al governo e chi invece è parte dell’ala di opposizione: oltre alla già citata Area Popolare di Alfano, Centristi per l’Europa, Scelta Civica, Democrazia Solidale, Centro Democratico, alcuni parlamentari di ALA e del gruppo misto, un totale di circa una sessantina di deputati e poco meno di una quarantina di senatori. Se si pensa a un politico che rappresenta il centro, ben altro nome verrebbe in mente al posto di quello di Alfano, come Casini, ad esempio.
Area Popolare non controlla questo nucleo del parlamento, dominio necessario per Alfano se desiderasse perseguire il suo progetto di controllo dell’area centrista; non è certo il numero di seggi che un partito come Area Popolare otterrebbe alle prossime elezioni, è d’altro canto un partito neonato di cui si parla molto poco rispetto ai tre grandi partiti d’Italia, è chiaro quindi che AP da sola non avrebbe quel peso che Alfano sogna di avere nella prossima legislatura. È necessaria una rottamazione, termine consumato fino all’osso negli ultimi anni, del centro, o una assimilazione; ciò che importa è che l’area di influenza di AP sovrasti gli altri piccoli partiti di centro e ne prenda le redini, incoronando definitivamente Alfano re dei centristi.
Forse una peculiarità di queste tre esperienze di governo a larghe intese a cui Alfano ha partecipato è l’apparente rapporto che il politico agrigentino sembra aver stretto con i premier democratici. Ricordiamo, ad esempio, quando il team del governo Letta andò in ritiro spirituale presso un’abbazia nella provincia di Arezzo, e le dichiarazioni ai giornalisti dopo il ritiro dove il presidente del consiglio e il vicepresidente Alfano, seduti l’uno accanto all’altro, sembravano essere vecchi compagni di scuola. Alfano ha stretto rapporti apparentemente meno intensi con Paolo Gentiloni ma soprattutto con Matteo Renzi, colpevole di aver tradito Angelino dopo l’esperienza di goveno insieme dimostrano implicitamente che del destino di Area Popolare e del suo leader non gliene importasse più di tanto.
Fan fiction a parte, Alfano ha rappresentato a pieno il concetto di centro in uno scenario politico, non tenendo posizioni intermedie tra sinistra e destra, ma tenendo sempre aperta l’opzione del dialogo e del confronto, come ha appunto fatto da ministro durante tre diversi governi dei democratici; una qualità che, in un parlamento in stallo e dominato da urla e strilla di indignati che rifiutano il confronto, non è decisamente cosa da poco.
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