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Usain Bolt, si ritira la macchina perfetta che ha cambiato l’atletica

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Tommaso Basso

“Usain St. Leo Bolt, the most naturally gifted athlete the World has ever seen”. Titola così la sezione “bio” del portale usainbolt.com, sfuggendo per l’ennesima volta alla falsa modestia che non ha mai caratterizzato il fulmine di Kingston. Se negli ultimi 10 anni c’è qualcuno che può permetterselo è sicuramente Usain Bolt, assoluto dominatore delle piste di atletica da Pechino 2008 ad oggi o, per meglio dire, alla settimana scorsa, giorno della sua ultima 4×100 corsa con i compagni del Jamaica. All’età di 31 anni infatti il più grande velocista mai esistito si ritira: nonostante il bronzo nei 100 metri ed il triste epilogo che lo ha visto a terra dolorante, lascia dietro di sé una scia di successi e record difficilmente eguagliabile.

Una macchina perfetta

Usain Bolt dopo l’oro conquistato a Londra 2012

Usain St. Leo Bolt è ed è stato un fenomeno della natura. A parlare per lui sono gli otto ori olimpici, gli undici mondiali e i quattro record del mondo in altrettante specialità (100 metri, 100 metri indoor, 200 metri e staffetta 4×100 metri) ottenuti lungo l’arco della sua carriera.

Chi ha mai provato a correre anche solo per gioco le stesse distanze al massimo delle proprie capacità si sarà sicuramente accorto di come essere rapidi nel farlo non sia affatto semplice. La velocità scaturisce dalla combinazione di ampiezza e frequenza della falcata, accompagnata ovviamente dalla costanza nel ritmo e resistenza. I corridori professionisti mantengono generalmente la stessa frequenza del passo, ma ciò che contraddistingue Bolt è l’enorme falcata di circa 3 metri. Essere alti 1.95 non significa però solamente avere delle lunghe leve, ma anche maggior massa corporea da trasportare. Bolt ovvia però a questo problema grazie ad una forza muscolare fuori dal comune per un velocista, che gli consente di accelerare costantemente durante la gara.

Guardando una sua qualsiasi corsa si può notare come Usain si comporti come un motore Diesel, partendo più lentamente del resto della batteria, ma recuperando in fretta e, soprattutto, mantenendo costante la propria velocità o addirittura aumentandola fino a fine gara. I 9.58” nei quali ha percorso i 100 metri ai mondiali di Berlino 2009 sono la massima espressione della sua potenza. Anche qui si può notare come Asafa Powel e Tyson Gay partano con un discreto margine di vantaggio, ma lo sprint allucinante di Bolt è semplicemente imbattibile anche per loro. È bene sottolineare infatti che Asafa Powel detiene il quarto miglior tempo mai registrato (9.72”), mentre Tyson Gay il secondo (9.69”). Anche dei corridori così forti risultano inermi davanti a una tale prestazione.

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Parecchi studi scientifici hanno cercato di calcolare quale sia il limite umano sui cento metri. 50 anni fa, basandosi sui dati registrati dai velocisti del tempo, il limite massimo era stato fissato a 9.60”. Ora, grazie a Bolt, i parametri sono stati completamente riscritti.

La carriera

Difficilmente i ragazzini cominciano la propria carriera sportiva dall’atletica, spesso considerata noiosa. È così anche per Usain, che inizia giocando a cricket nella squadra della William Knibb Memorial High School. Qui il coach nota le sue straordinarie doti da velocista e lo indirizza alle gare di atletica leggera. Vince la sua prima medaglia nel 2001 durante il campionato scolastico, arrivando secondo nei 200 metri piani. Il talento da solo non basta, ed il duro lavoro nei primi anni della sua carriera professionistica dà i suoi frutti, regalandogli subito dei primati nella categoria juniores.

A consacrarlo definitivamente sono però le Olimpiadi di Pechino 2008. Bolt si presenta come nettamente favorito dopo aver realizzato tempi da record nei mesi antecedenti la competizione e non vuole deludere le aspettative. La finale dei 100 metri entrerà nella storia: non solo sigla il record del mondo di 9.69”, ma lo fa esultando negli ultimi 30 metri con la scarpetta sinistra slacciata. Stravince anche nei 200 metri, fissando un altro record del mondo e dichiarando ufficialmente aperta l’era Bolt.

Bolt sorride mentre gli altri faticano

Bisogna aspettare solamente un altro anno per vederlo infrangere i suoi stessi record, quando ai mondiali del 2009 entra definitivamente nella storia firmando 9.58” nei 100 metri e 19.19” nei 200. Da quel momento, forse anche a causa di qualche infortunio di troppo, Usain non si è mai più migliorato, riuscendo però comunque a vincere con costanza, salve qualche incidente di percorso.

Purtroppo per lui i Mondiali di quest’anno non sono stati la chiusura in grande stile che avrebbe desiderato, chiusi con un bronzo nei 100 metri e senza aver finito la staffetta a causa di uno stiramento al quadricipite della gamba sinistra. Questo infelice epilogo non deve però cancellare quanto fatto di straordinario nella sua carriera difficilmente eguagliabile.

Il personaggio

Usain si è dimostrato più volte un personaggio eclettico e stravagante. D’altronde un uomo che si è autoproclamato Leggenda (senza per altro poter essere smentito) difficilmente può eccedere in modestia. Se la sua samba con le ballerine brasiliane alla conferenza stampa pre-olimpiadi di Rio ha sorpreso ben poco, ha sorpreso ancora meno l’esplosione di stelle filanti di poche settimane fa, nella sua ultima uscita da atleta professionista. La sua esuberanza non sfocia però in atteggiamenti antipatici, catalizzando invece l’attenzione in modo divertente.

Ciò che lascia all’atletica, oltre ai suoi record, è un atteggiamento molto più rilassato e giocoso anche durante le gare. Negli anni di Maurice Green, Tyson Gay e Justin Gatlin, i professionisti si preparavano a correre con la faccia concentrata di chi deve scendere in guerra. La posa di Bolt, ormai leggendaria, è diventata invece un simbolo di allegria e spensieratezza anche ai blocchi di partenza. Basti vedere come gli altri atleti lo imitassero a Rio per capire la portata del fenomeno Bolt, che non si ferma alla pista di atletica ed anzi arriva ai ragazzini di tutto il mondo. È soprattutto grazie a lui se le nuove generazioni si sono appassionate a delle competizioni storicamente seriose e tese come i 100 e 200 metri.

L’ex presidente Obama mima la posa di Bolt

A renderlo ancora più speciale è stato il momento storico in cui si è palesato al mondo intero. L’atletica leggera stava attraversando un periodo complesso, in cui alcuni personaggi di spicco venivano trovati positivi ai test anti-doping. La sua figura allegra e pulita ha portato aria fresca all’ambiente sia agli occhi degli spettatori che, soprattutto, agli sponsor, elevandolo rapidamente a superstar mondiale. Anche da una prospettiva puramente economica si deve quindi molto a Bolt: se sponsor e marketeers hanno investito pesantemente nell’atletica, è in gran parte merito suo.

Le accuse

Nonostante tutto, le controversie non sono mancate durante la sua carriera, tra cui le accuse di doping da parte del leggendario Carl Lewis, che fece notare come un miglioramento così repentino da 10.03” a 9.69” in un anno fosse quantomeno sospetto. In un’intervista comparsa su Sports Illustrated disse: “Ben Johnson, Justin Gatlin, Tim Montgomery, Tyson Gay, Asafa Powell e Usain Bolt. Sei atleti hanno corso in meno di 9″80: tre sono risultati positivi e uno è rimasto fuori per un anno. Non sto dicendo che Bolt stia facendo qualcosa, ma non voglio nemmeno dire che lui sia il più grande, poi tra due anni verrà scoperto: cosa penserebbe la gente? Spesso si dimentica che io fui il primo a dire qualcosa contro Ben Johnson: all’epoca venni crocifisso, ma l’anno dopo ero un profeta”. Nonostante la malizia dell’ex campione di velocità e salto in lungo, Bolt non è mai stato trovato positivo a sostanze dopanti, come più volte ripetuto dal presidente della IAAF Lamine Diack.

Il ritiro di Bolt trascende quindi il piano meramente sportivo. Scomparirà dalla pista l’uomo più veloce al mondo, ma anche un vero intrattenitore e soprattutto il volto dell’atletica dell’ultimo decennio.

Cosa ci riserva il futuro

A conti fatti i principali contendenti alla medaglia d’oro al giorno d’oggi sono Justin Gatlin e ovviamente lo stesso Bolt. Ma con il ritiro di quest’ultimo e l’età che avanza per l’americano (35 primavere per lui) gli appassionati di tutto il mondo si stanno domandando cosa riservi per loro il futuro.

Wayde Van Niekerk, astro nascente dell’atletica leggera

Tra le nuove leve svetta l’interessantissimo Wayde Van Niekerk, primo atleta a correre i 100 metri sotto i 10 secondi, i 200 metri sotto i 20” e i 400 metri sotto i 44”. Il venticinquenne di Cape Town aveva conquistato le simpatie di molti vincendo l’oro nei 400 metri alle ultime Olimpiadi di Rio, partendo dall’ottava corsia e finendo con un nuovo record mondiale. Van Niekerk si è poi riconfermato sulla stessa lunghezza a questi ultimi Mondiali di Londra, arrendendosi però al turco-azero Ramil Guliyev durante la gara dei 200 metri in cui tutti si aspettavano un exploit del sudafricano. Il talento sembra quindi indiscutibile, ma ci vorrà duro lavoro e soprattutto concentrazione per poter scrivere a ragion veduta il proprio nome nella storia.

Tra i centometristi in ascesa spicca il nome di Andrè De Grasse, fresco autore di un “Boltiano” 9,69 secondi durante la sesta tappa della Diamond League 2017. Il velocista canadese ha però sfruttato +4.8 m/s di vento a favore, che lo ha aiutato non indifferentemente ad eguagliare l’ex Record del Mondo fissato proprio da Bolt a Pechino 2008. L’importanza del vento può sembrare trascurabile, ma come ha dimostrato Justin Gatlin durante uno show televisivo giapponese, può essere invece fondamentale.

Ci sono svariate teorie riguardo il ritiro di Bolt, da chi dice che abbia paura della competizione dei nuovi arrivati a chi si attiene alla versione ufficiale secondo cui a mancare siano le motivazioni più che le energie. Come nella miglior tradizione delle chiacchiere da bar c’è anche chi nutre sospetti sull’infortunio al quadricipite della gamba sinistra, ma nessuna di queste storie deve interessare davvero. In fondo ciò che conta è che a partire da oggi non vedremo più il fulmine di Kingston guardarsi alle spalle per guardare i suoi avversari negli occhi, ma solo per vedere come abbia segnato indelebilmente il mondo dello sport.

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