Pochissime arti dipendono dalla percezione del pubblico quanto quella della musica. Questo perché le parole, i suoni e le conseguenti emozioni che scaturiscono dalla fusione di questi importanti fattori appartengono più che altro a un sentore irrazionale delle cose, almeno per chi non vive l’apparato musicale dal punto di vista prettamente tecnico.
Scrivere una canzone è dunque difficilissimo, perché l’obiettivo quasi probante è quello di rendere oggettivo qualcosa di estremamente soggettivo: il gusto. Ogni anni ci vengono propinati brani di ogni genere, con una promessa silenziosa ma solenne: prima o poi qualcuna di queste canzoni entrerà nella storia.
Paradossalmente, però, anche produrre una cover di un brano – ovvero un rifacimento di una canzone più o meno famosa – può nascondere tantissime insidie, sia a livello tecnico che pratico. Soprattutto quando la canzone in questione è straniera rispetto al cantante che ne propone una sua versione, tutto può iniziare pericolosamente a precipitare nel più breve tempo possibile. E specialmente in Italia l’arte della cover non sembra essere mai arrivata a livelli di bellezza musicale sufficientemente soddisfacenti. Tantissimi sono gli esperimenti falliti, anche da artisti piuttosto noti e stimati nel nostro panorama musicale. In un errore si può incappare tranquillamente, questo è certo. Ma alcuni di quelli che troveremo in questo pezzo possono apparire come veri e propri guanti di sfida alla versione originale. Il problema principale, però, è che risultano tutti perdenti.
Basti pensare, ad esempio, che un artista molto apprezzato come Fiorello è incappato svariate volte in situazioni del genere. Soprattutto negli anni ’90 il presentatore e comico siciliano aveva tentato la strada musicale, con una buona base tecnica ma un’impoverita originalità. Un esempio lampante è stata la cover di Gioca Jouer, piuttosto pericolosa anche perché praticamente identica alla versione originale (e quindi senza un fattore di novità).
Il pezzo che però ha rischiato davvero di bruciare la carriera di Fiorello è stato Ricordati di me, contenuto nell’album Spiagge. Ebbene, si tratta di una cover abbastanza banalotta e decisamente meno affascinante di Love is in the air di John Paul Young. Fortunatamente l’apprezzato artista ha poi limitato il suo impegno canoro, proponendosi soprattutto come showman e imitatore. Per sua e per nostra fortuna.
Altro riarrangiamento davvero poco riuscito è stato quello fatto dai Pooh riguardo una canzone quasi mitologica come House of the rising sun degli Animals. Il brano italiano, chiamato La casa del sole in maniera omaggiante, non mantiene minimamente la stessa intensità ed epicità di quello originale, nonostante la band italiana ci abbia provato in tutti i modi a propinare qualcosa di almeno decente per l’occasione.
Una delle cover forse più divertenti e al tempo stesso più trash della storia della musica italiana è quella plasmata da Nino D’Angelo negli anni ’80. L’artista napoletano, che fin troppo spesso viene poco considerato a livello di cantautorato locale e nazionale, distrusse letteralmente il mitico brano dei Beatles Let it be, cambiandone completamente il senso e rendendola una vera e propria preghiera cristiana. L’obiettivo di Gesù Crì, molto probabilmente, era quello di risvegliare sopite sensazioni d’amore nell’animo di chi avrebbe ascoltato la canzone. Purtroppo, però, il risultato si rivela estremamente deficitario e pesantemente ilare, anche a causa dell’importantissimo paragone con il brano originale. Sicuramente però questa cover ha fatto sorridere milioni di ascoltatori, rispetto ad altre decisamente più brutte.
Quando si parla di cover divertenti è poi impossibile non nominare l’incredibile – non sappiamo in quale senso – rifacimento di Basket case dei Green Day da parte di Mino Reitano. La sua Mino dove vai è ampiamente riconosciuta come un esperimento fallito ma che in effetti ha ottenuto lo stesso obiettivo – nascosto o meno – di Nino D’Angelo: quello di far divertire la gente, cercando di replicare un brano di grande successo, seppur stravolgendone totalmente il senso musicale e di testo.
Vasco Rossi è reduce da un concerto record nel quale ha riproposto i suoi successi più belli. Nessuno però sarà in grado di perdonargli la cover di Creep dei Radiohead, ovvero Ad ogni costo. Una canzone che storpia totalmente il significato dell’originale, con un ritmo meno intenso e dunque meno sopportabile. Persino il video musicale riesce ad essere totalmente fuori contesto, proponendo un pacchetto assolutamente insufficiente per una canzone che tutti i cultori della musica vogliono provare a dimenticare con estrema fretta. Un passo indietro gigantesco per un titano della nostra sfera musicale, che in carriera si era già lanciato in altre cover (Gli spari sopra altro non è che un rifacimento di Celebrate degli An Emotional Fish) ma che con questa ha davvero rischiato una brutta figura.
Ma forse la cover meno apprezzata e più detestata della musica italiana è quella di Nothing Else Matters dei Metallica. Marco Masini, grande fan della band, ha infatti deciso di omaggiare il gruppo con una cover di questa canzone, intitolata E chi se ne frega. Inutile dire che tra l’originale e la cover c’è una differenza abissale di sentimento e percezione, con il brano italiano che è citato praticamente in qualsiasi classifica delle più brutte canzoni italiane di sempre.
Lo stesso Marco Masini, in un’intervista pubblicata da Kataweb nel 2001, parlò della realizzazione di questo piccolo capolavoro mal riuscito: «Sono un grande fan dei Metallica e questo brano lo eseguivo spesso quando mi esibivo da giovane. Presentai il provino per la cover alla loro casa discografica: fu apprezzato, peraltro mi conoscevano già. Non li ho mai incontrati di persona ma i loro commenti positivi mi hanno gratificato. Qualcuno mi contesta la scelta di aver fatto questa canzone ma io ho la coscienza a posto e, anzi, rifarei la stessa cosa se ne avessi l’opportunità». Grazie Marco, ma una basta e avanza: come accettato.
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