Ogni giorno orde di genitori inorgogliti condividono liberamente foto della propria prole. Fin qui nessun problema, legalmente parlando, i figli sono loro! La faccenda si complica in caso di divorzio: è necessaria l’autorizzazione dell’altro genitore. La faccenda si complica maggiormente quando oggetto delle foto sono gli altrui pargoli. La tutela dei minori è un ambito molto particolare: qui oltre ai classici diritti d’immagine concorrono Costituzione, trattati internazionali, Carta fondamentale dei diritti Europei, Diritti umani.
È proprio il tema del divorzio quello analizzato da una recente sentenza del Tribunale di Foggia. Nel caso il padre aveva ottenuto l’affidamento esclusivo della figlia in quanto la madre era stata considerata inidonea alla sua educazione. Non solo, tale inidoneità era connessa ad una particolare dipendenza dell’ex moglie: quella dai social network. La stessa, infatti, faceva un uso smodato di ogni social network con continue pubblicazioni delle foto della figlia. I giudici, ammettendo la carenza della normativa italiana in materia, hanno fornito alcuni essenziali criteri circa la pubblicazione delle foto aventi ad oggetto i figli. La decisione, a prescindere da un’eventuale divorzio, deve essere comune ad entrambi i genitori e ciò deve avvenire fino al compimento del sedicesimo anno di età dei figli. Questo perché la pubblicazione di una foto in un luogo pubblico, a cui Facebook può tranquillamente essere equiparato, è una decisione di straordinaria amministrazione, ricollegabile allo sfruttamento del diritto d’immagine e spetta, pertanto, ad entrambi i genitori congiuntamente.
La legislazione italiana, come anticipato, non è molto dettagliata per questa particolare materia. La pubblicazione delle immagini dei figli, poi, viene sorretta da un duplice piano di tutela: quella della dei minori e quella dello sfruttamento dell’immagine.
I minorenni, intesi come soggetti di età inferiore agli anni 18, godono di una specifica protezione da parte dell’ordinamento civile e penale. Essi, infatti, non hanno piena capacità e la stessa viene esercitata proprio dai loro genitori o, in loro assenza, dai tutori legali. Massima espressione di questo interesse all’interno della normativa italiana è ravvisabile nella particolare normativa sul giornalismo, dove la riservatezza del minore prevale addirittura sul diritto all’informazione: nomi e volti in eventi oggetto di cronaca sono infatti sempre censurati.
A questa fondamentale protezione si affianca, come già detto, lo sfruttamento dell’immagine per cui in Italia vige il generale criterio secondo cui nessuno può utilizzare l’altrui immagine senza il consenso del soggetto ritratto. Questo diritto della persona viene considerato come fondamentale, garantito addirittura a livello Costituzionale. Particolare e dettagliata disciplina, soprattutto inerente alle violazioni, viene fornita dal codice della privacy e da quello dei diritti d’autore.
Ciò premesso possiamo tranquillamente affermare che la pubblicazione operata dai genitori non lede alcun diritto perché sono proprio questi ultimi a doversi esprimere per il loro utilizzo.
La tutela dell’immagine dei minori ha quindi estrema rilevanza, trascende la semplice condivisione sui social network fino ad arrivare alla cronaca giornalistica vera e propria. Dunque, come regola generale, prima di condividere un’immagine sarebbe buona prassi richiedere il consenso scritto dei genitori e se ciò non è possibile almeno nascondere le facce dei minori.
Certo, la situazione va valutata sul caso concreto, saranno ipotesi differenti un primo piano ed un evento pubblico addirittura in un luogo pubblico.
Profonda la tutela ed egualmente facile, la chiave di lettura, qui, non è solo giuridica ma principalmente etica. Facebook, Instagram e via dicendo sono intervenuti nella vita comune, si sono adattati ad essa con il tempo prevedendo addirittura apposite procedure “testamentarie” quando la vita umana si azzarda a mettersi in mezzo all’imperitura vita digitale. Per le future generazioni, complici le attuali, si verrà a creare un profilo digitale sin dalla loro nascita. Un album online che inizia dal parto finché, un giorno non meglio definito, essi vi subentreranno così come per un vestito preconfezionato per poi uscirne con la morte. Ma è veramente ciò che vogliamo?
Viene naturale allora pensare ai diretti interessati: i figli sbandierati su ogni Social Network esistente. Abbiamo visto come i genitori possano esprimere, anzi, siano chiamati ad esprimersi sui diritti dei propri figli fino al compimento della maggiore età. Parimenti abbiamo chiarito come il diritto alla riservatezza e quello dello sfruttamento d’immagine rientrino nell’alveo di diritti tutelati dai genitori e questo perché i reali titolari, i figli, non sarebbero in grado di esprimersi al meglio.
I figli, appunto, data la rapidissima evoluzione tecnologica dei tempi odierni, hanno diretto accesso ai social network in età, ormai, prepuberale. Come dovrebbe comportarsi il figlio che sente leso il suo diritto d’immagine da un genitore che, legalmente, è l’unico autorizzato alla pubblicazione della foto? L’opinione dei minori, giuridicamente parlando, acquista sempre più importanza venendo legalmente ammessa nel diritto di famiglia in materie come l’adozione o il divorzio. Questi riconoscimenti, derivanti da Convenzioni europee ed internazionali, mirano a centralizzare i reali titolari dei diritti in materie in cui essi siano in grado di esprimersi senza effetti nocivi a loro stessi. Problematica in questi casi, per il legislatore, è l’individuazione di un criterio oggettivo come la maggiore età per poter determinare quando un soggetto sia effettivamente in grado di autotutelarsi. Ogni caso è specifico, lo stesso sviluppo psicofisico varia da persona a persona. Sono diversi infatti, nei Tribunali stranieri, i casi in cui i figli, una volta raggiunta la matura età fanno causa ai propri genitori per lesioni della propria personalità dovute alla presenza online di foto che, a detta loro, sono offensive.
Non è possibile immaginare, ora, il risvolto giuridico del futuro essendo questo fenomeno particolarmente recente, ciò che è auspicabile, prima ancora di un intervento legislativo, è il buonsenso. Sull’ultima problematica sarebbe sufficiente dialogare con il figlio che, in grado di capire i propri interessi, potrebbe tranquillamente richiedere la rimozione di una foto. In secondo luogo, è giusto ricordare la destinazione delle foto che, giornalmente, raccogliamo sui social network.
Questi album non resteranno in una soffitta a prendere polvere, non verranno sfogliati di tanto in tanto in un momento di felice nostalgia. Il profilo di facebook, anche nel caso del più premuroso dei parenti che ha impostato la privacy al massimo, rimane sostanzialmente pubblico. Le foto possono essere salvate da chiunque in qualsiasi momento, a poco vale ogni rimostranza sul fatto che questo chiunque sia un amico virtuale.
Tralasciando discorsi filosofici sulla vera natura di ogni persona, il confine fra pubblico e privato, qui, è impalpabile e tra i 5.000 amici che facebook consente di avere è difficile, se non impossibile, affermare di conoscere tutti.
Non è totale diffidenza, le foto potrebbero essere salvate per riutilizzarle come pubblicità oppure perché effettivamente belle, non necessariamente per scopi illeciti. Il fondo però rimane invariato. Abbiamo deciso di rendere pubblico un nostro ricordo, un pezzo di memoria, uno di quelli che un tempo restavano in famiglia. Abbiamo scelto di condividerlo perché viverlo e tenerlo stretto a sé nella gelosa paura che svanisca non è più sufficiente.
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