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Dal cervello ai genitali: dove sono le differenze tra uomini e donne?

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Ludovico Coletta

Gli uomini sono bravi in matematica e fisica, le donne sono naturalmente portate per il multitasking. O ancora: gli uomini non sono empatici e le donne amano chiacchierare. Insomma: questi sono solo alcuni dei classici e beceri stereotipi sentiti almeno una volta nel corso della vita. A fondamento di questi ultimi vengono spesso portate le innegabili differenze a livello biologico: uomini e donne sono funzionalmente diversi perché biologicamente diversi. Seppur vero entro certi limiti, molto tende a essere dato per scontato o essere frutto degli stereotipi di cui sopra. Uno dei miti più intriganti al riguardo concerne il cervello: e se le differenze tra uomini e donne fossero dovute a una diversa architettura cerebrale? Una risposta a questa domanda non servirebbe solo ad affondare gli stereotipi, ma potrebbe avere anche importanti risvolti clinici, in quanto uomini e donne sono per esempio colpiti in modo diverso dalle malattie psichiatriche.

In principio fu il volume

Uno dei primi modi con cui la ricerca a provato a rispondere a questa domanda è stato quello di confrontare il volume delle strutture cerebrali. Il motivo è presto detto: prima dell’avvento della risonanza magnetica, la dissezione post mortem era l’unico modo possibile per vedere e misurare un cervello. Grazie a questi studi – e a quelli successivi di neuroimaging – è oramai universalmente noto come gli uomini abbiano mediamente un cervello più grande delle donne. E se in passato ciò era attribuito alla maggiore intelligenza del genere maschile, oggi sappiamo che questa differenza di volume è data dal fatto che gli uomini sono in media più alti e grossi delle donne. L’avvento della risonanza magnetica, con la quale è possibile misurare in modo non invasivo funzione e struttura del cervello, ha permesso di ampliare enormemente lo spettro di analisi, confermando che gli uomini tendono ad avere un maggior volume cerebrale non solo a livello globale, ma anche per quanto concerne le singole strutture. Va però ricordato che le differenze sono tuttalpiù moderate e, una volta statisticamente corrette, tendono a diminuire di entità se non addirittura a non essere più significative.

Credits: The Neuro Bureau

Poi venne il connettoma

Il progresso tecnologico in campo hardware e software ha permesso lo sviluppo di modelli computazionali sempre più spinti, con la ricerca sul cervello a dominare la scena. Così, al sorgere degli anni zero è nato il visionario progetto Blue Brain, poi evolutosi nel Progetto cervello umano. Obiettivo dichiarato di quest’ultimo – da raggiungere entro il 2023, ossia quando scadrà il miliardo di fondi stanziato dall’Unione Europea – è la completa simulazione di un cervello umano. Al di là delle feroci critiche al riguardo, il progetto ha avuto il grande beneficio di scuotere la comunità scientifica, dando luogo ad altrettanto futuristici progetti a lungo termine. Uno di questi, il cosiddetto Progetto Connettoma Umano – finanziato questa volta dai National Institutes of Health, un’agenzia del Dipartimento e della Salute degli Stati Uniti – mira a mappare l’architettura macroscopica del cervello, ossia l’insieme di tutte le connessioni tra le varie regioni cerebrali. Il discorso relativo alle differenze di genere si è quindi sposto sul piano del connettoma: e se non fosse la taglia, ma bensì il “cablaggio” del cervello a differire in modo così determinante tra uomini e donne?

I risultati del connettoma – Parte I

È esattamente questa la domanda alla quale hanno cercato di rispondere alcuni ricercatori dell’università della Pennsylvania. L’analisi di 949 cervelli (428 uomini, 521 donne) ha dato esiti inaspettati: il cervello delle donne è risultato avere più connessioni interemisferiche – ossia tra un emisfero e l’altro – rispetto a quello degli uomini, mentre il cervello di questi ultimi sembra essere connesso più intensamente a livello intraemisferico (ossia all’interno di un singolo emisfero). Complici una non esemplare discussione dei risultati e un’altrettanto dubbia campagna mediatica di accompagnamento allo studio stesso, in cui gli autori e l’ateneo hanno più o meno letteralmente proclamato di aver trovato la base neuronale del motivo per cui le donne sarebbero più intuitive e gli uomini avrebbero una miglior coordinazione motoria, lo studio è stato aspramente criticato. Tra le critiche principali – oltre a non aver misurato il correlato comportamentale a cui si è fatto riferimento nelle discussioni e a generalizzare prendendo in esame ragazzi e ragazze tra gli 8 e i 22 anni di età – la più importante rimane il mancato controllo statistico per le differenze di volume cerebrale a livello globale. Non si può quindi escludere che gli autori abbiano trovato la differenza di connettività tra cervelli grandi e cervelli piccoli – dove grande e piccolo sono da intendersi dal punto di vista volumetrico – indipendentemente dal sesso.

I risultati del connettoma – Parte II

Per delegittimare quasi completamente i risultati del paragrafo precedente basterebbe quindi dimostrare come la connettività cambi al variare della grandezza del cervello. Un possibile iter metodologico è il seguente: prendere un campione abbastanza numeroso di uomini e donne, dividerlo ulteriormente in due gruppi (per un totale di quattro gruppi: donne con cervello grande, donne con cervello piccolo, uomini con cervello grande e uomini con cervello piccolo) e dimostrare per esempio che la connettività intraemisferica degli uomini (rispettivamente donne) con il cervello grande sia maggiore rispetto ai corrispettivi col cervello piccolo. Uno studio del genere (chiaramente con ulteriori accortezze tecniche e statistiche) e con esattamente questi risultati è stato pubblicato dall’università di Zurigo nel 2014. Non soddisfatti di ciò, i ricercatori hanno anche provato a estendere il discorso al resto del regno animale. Sono stati presi in considerazione elefanti, numerose specie di primati (tra cui anche dati relativi all’uomo), dieci specie di carnivori e quattro di roditori. Non avendo la possibilità di misurare il connettoma in vivo, i ricercatori hanno preso come surrogato del rapporto tra connettività inter e intraemisferica il rapporto tra la superficie del corpo calloso – ossia dell’insieme dei fasci nervosi che collega i due emisferi – e il volume totale del cervello. All’aumentare del volume cerebrale totale nelle specie prese in esame, gli autori hanno constatato una diminuzione nel rapporto tra la superficie del corpo calloso e volume totale del cervello, sintomo di una preferenza per una connettività intraemisferica – probabilmente meno dispendiosa dal punto di vista metabolico – a discapito di quella interemisferica. Seppure in maniera molto preliminare, i risultati hanno confermato quanto previsto dai modelli teorici e dalle simulazioni.

E infine venne la teoria del mosaico

Un’ulteriore spallata alle differenze cerebrali tra uomini e donne arriva da uno studio pubblicato in cooperazione dalle Università di Zurigo, di Tel-Aviv e dall’Istituto Max Planck per le scienze cognitive. Gli autori si sono posti una semplice domanda: a quali requisiti deve rispondere un cervello per essere etichettato come tipicamente femminile / maschile? Secondo gli autori, la semplice constatazione di una differenza tra uomini e donne a livello di volume o connettività non è sufficiente: un cervello deve presentare anche un alto grado di consistenza interna, ossia per tutte le caratteristiche prese in esame in un determinato momento deve poter essere caratterizzato come tipicamente femminile / maschile. In termini statistici significa che, per ogni caratteristica prese in considerazione, il cervello di un dato individuo dovrebbe occupare la stessa posizione all’interno della relativa distribuzione. Nello studio i ricercatori hanno analizzato oltre 1400 cervelli in termini di volume, spessore dello corteccia cerebrale e connettività, definendo per ogni caratteristica tre zone di interesse all’interno della distribuzione: i due estremi, ascrivibili a “tipicamente uomo/donna” e una zona intermedia. I risultati parlano chiaro: la variabilità – ossia cervelli con caratteristiche maschili e femminili – è di gran lunga maggiore rispetto alla consistenza interna, ossia cervelli con caratteri esclusivamente maschili o femminili. Gli autori dello studio si sono spinti oltre, analizzando nella stessa maniera dati comportamentali e questionari di oltre 5000 individui. Anche per quanto concerne tratti della personalità, comportamento e interessi personali, la variabilità è di gran lunga maggiore rispetto alla consistenza interna. Senza mettere in discussione le innegabili differenze biologiche tra uomini e donne – tra l’altro in parte evidenziate dallo studio stesso – gli autori hanno voluto sottolineare come queste differenze non siano riconducibili né a due macrocategorie né allineabili lungo un continuum uomo-donna. Il cervello di un dato individuo – come il comportamento che ne consegue – sembra piuttosto essere un mosaico: alcuni suoi elementi sono tipicamente femminili mentre altri sono tipicamente maschili.

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Ludovico Coletta

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