All’indomani della prima uscita in Champions League di Roma, Napoli e Juventus, il bottino totale è stato di un solo punto sui nove disponibili. Solo la Roma, l’unica a giocare in campo amico, è riuscita ad arginare l’Atlético Madrid. Molto peggio è andata al Napoli e, soprattutto, alla Juventus, a conferma che dominare in campionato non garantisce gli stessi risultati in Champions. Era possibile prevedere una partenza tanto sofferta?
La prestazione della Roma, pur nei suoi alti e bassi, è certamente da elogiare. È vero che l’Atlético ha tenuto quasi sempre le redini della partita, ma è vero anche che la Roma è una squadra per la maggior parte nuova. Sì, per la maggior parte, anche se i titolari arrivati in questa finestra di mercato sono meno di quelli già visti l’anno scorso. Il cambio di allenatore, con tutto ciò che ne consegue, è sufficiente a spostare gli equilibri e Di Francesco ha guidato i giallorossi per appena tre partite prima di questa.
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Sin dai primi minuti della gara, l’inerzia della partita sembra confermarsi in favore degli ospiti, che hanno la prima vera occasione dopo appena due minuti e mezzo di gioco: il tiro di Saúl, cui viene lasciato tutto lo spazio per tirare dal ripiego tardivo della Roma, esce a lato, ma è la prima avvisaglia di una lunga serie di pericoli. Se infatti da una parte la difesa si muove bene anche in modo corale, a livello di disimpegni e di trappola del fuorigioco, dall’altra le marcature dei singoli tendono ad essere molto larghe. Si veda il salvataggio sulla linea di Manolas, in cui Koke, che arriva a rimorchio sul contropiede, è completamente libero.
Le disattenzioni difensive della Roma vengono perdonate per due fattori fondamentali. In primo luogo alcune clamorose occasioni sprecate dall’Atlético (in particolare da Griezmann e Saúl). In seconda battuta un Alisson assolutamente insuperabile. Un impegno tanto gravoso in fase difensiva è però risultato in un’evidente carenza offensiva. Le posizioni arretrate degli attaccanti e il timore delle ripartenze avversarie hanno costretto la Roma a spingere con pochi uomini, contro un’ottima difesa come quella dell’Atlético. Sul finale, il passaggio alla difesa a cinque non è un demerito, ma una mossa azzeccata per conservare il pareggio.
A livello statistico, il secco 3-0 subito dalla Juve è il peggior risultato dei tre. A dispetto di questo, la sconfitta del Camp Nou deve certamente fare riflettere, ma nella giusta ottica; ha ragione di stupirsi Buffon, nel post partita, per la rotondità del risultato, che è obiettivamente una punizione troppo severa. Il primo tempo dei bianconeri è praticamente inattaccabile. Le maglie centrali del centrocampo e della difesa sono strette, solide. Il Barcellona guadagna profondità solo con le fiammate sulla destra di Semedo e Dembélé, senza riuscire a concludere davvero. Solo le magie di Iniesta e un grave errore di De Sciglio danno al Barça possibilità concrete. A bucare la Juventus è la sola cosa che può inceppare una macchina perfettamente funzionante: l’imprevisto. L’illogico genio di Messi che dal nulla (il rientro della difesa era arrivato puntuale) tira fuori un colpo da biliardo.
Fino ad allora, era stata la Juve a rendersi più pericolosa: più numerosi i tiri in porta, più chiare le occasioni da gol. Sul palleggio bianconero, la difesa blaugrana era apparsa disattenta e superficiale. La ripresa segna invece il definitivo affermarsi del Barcellona. Evidente la mancanza di un pilastro come Chiellini a guidare una difesa ancora in fase di rodaggio. Sono i piccoli errori che nel loro susseguirsi portano lentamente a un calo di fiducia e concentrazione. Una disattenzione di Benatia regala palla a Suárez in occasione del secondo gol del Barcellona, siglato da un Rakitic totalmente libero di appoggiare in porta il salvataggio disperato di Sturaro.
Da qui in poi, il confronto si era virtualmente concluso. Il raddoppio è parso un colpo psicologico troppo pesante, dopo il quale la Juve è rapidamente involuta. Il terzo gol, un’azione solitaria di Messi, è figlio di schemi saltati e testa già altrove.
In una visione più lungimirante, è quella del Napoli la sconfitta più grave. Il girone capitato agli azzurri non è il più difficile, ma è comunque insidioso, e fare punti contro lo Shakhtar – un avversario certamente a portata – sarebbe stato molto importante. È un risultato che sorprende una piazza galvanizzata da un ottimo avvio di stagione, con successi netti sia in campionato che nel preliminare di Champions. Inaspettato sì, ma non incomprensibile. I lati negativi del Napoli emersi a Donetsk non sono figli di casualità: sono tutti ricollegabili a debolezze che abbiamo già avuto modo di osservare.
La prima e più vistosa fra tutte è la pessima forma di Hamsik. Se già nei successi si erano evidenziati problemi nel gioco dello slovacco, ancor più evidenti sono apparsi nella crisi di squadra di Donetsk. Quando Mertens prende il suo posto al 60′, il Napoli cambia faccia. La difesa soffre molto, forse anche a causa della disastrosa prestazione di Diawara, mai del tutto sicuro. A coronare definitivamente una serata terribile, una coppia di errori di Reina che costano caro al Napoli. Troppo lenti i riflessi sul primo gol – un tiro non irresistibile di Taison – e completamente sbagliato il tempo dell’uscita sul secondo.
Il merito dello Shakhtar è stato nel soffocare ciò che al Napoli riesce meglio: la fase offensiva. Osservando le principali occasioni da gol, si può notare come Insigne sia sempre raddoppiato o addirittura triplicato, rendendogli difficile creare chiare azioni da rete od obbligandolo a cercare la conclusione dalla distanza. Anche su Milik la difesa fa un buon lavoro, forzando spesso il polacco ad allargarsi dopo aver ricevuto palla e concedendogli di segnare soltanto dal dischetto.
Al netto di quanto osservato, possiamo rispondere alla domanda che ci eravamo posti. La partenza a rilento delle italiane in Champions era prevedibile. Per la Juventus, a giocare un ruolo chiave sono stati i numerosi infortuni e i nuovi acquisti. Da non sottovalutare è anche l’insolito calo di attenzione che ha colpito gli uomini di Allegri in un momento troppo lontano dalla fine della gara. Le novità di mercato hanno ugualmente inciso sulla Roma, mentre il Napoli paga un periodo di forma negativo di diversi uomini chiave. Infine, sia giallorossi che azzurri peccano sul piano dell’esperienza. Questa, soprattutto, può fare la differenza. Fortunatamente, la stagione è appena iniziata e c’è tutto il tempo per sistemare i meccanismi che non hanno funzionato. Necessario è, però, ritrovare (o mantenere) un certo livello di benessere. Fisico e mentale.
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