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Nessuno Stato è un’isola: il Forum delle Isole del Pacifico

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Carlo Paganessi

Tra tutti i continenti, l’Oceania è quello che per ultimo ha visto l’arrivo degli europei come forza colonizzatrice. Questo è dovuto alla sua posizione estremamente marginale rispetto al resto del mondo e alla natura insulare del suo territorio. La scoperta dell’Australia si deve al navigatore olandese Willem Janszoon che ne vide le coste nel 1606, ma il primo interessamento vero e proprio fu quello, nella seconda metà del settecento, del capitano britannico Cook, che nel giro di dieci anni compì tre viaggi durante i quali esplorò il versante orientale della grande isola-continente e ne tracciò i contorni delle coste. L’Oceania, tuttavia, non è solo ed esclusivamente Australia e Nuova Zelanda, che pur rappresentano una larga fetta sia delle terre oceaniche emerse che del potere politico ed economico del continente situato in mezzo all’Oceano Pacifico; vi sono infatti molti altri stati che nel discorso politico internazionale si sentono nominare piuttosto raramente e che fanno parte del Pacific Islands Forum.

Il riferimento è legato a tutti quegli stati insulari che si trovano dispersi nel Pacifico centro-meridionale, parte dei quali sono indipendenti, mentre altri sono territori con vari gradi di autonomia di Francia, Regno Unito, Nuova Zelanda o Stati Uniti. Nel novero degli stati indipendenti troviamo: Kiribati, Nauru, Vanuatu, Micronesia, Isole Salomone, Samoa, Palau, Figi, Isole Marshall e Tonga, mentre tra i territori appartenenti ad altri paesi vi sono la Nuova Caledonia, le Samoa Americane, le Isole Cook (in libera associazione con Wellington, dalla quale si possono separare in ogni momento), le Hawaii, Tokelau, la Polinesia Francese, l’isola-fortezza militare statunitense di Guam, Le Isole Marianne settentrionali, Niue, le Isole Pitcairn e Wallis e Futuna.

Il logo del Pacific Islands Forum, con le quattro stelle che rappresentano la croce del sud.

Questo mega arcipelago, che secondo una distinzione non sempre precisa viene diviso in Micronesia, Polinesia e Melanesia, a livello economico si trova abbastanza emarginato: conta poco sul piano economico in quanto le risorse sono abbastanza limitate, e attraverso la parte bassa del Pacifico i traffici marittimi sono alquanto limitati. A livello politico e militare la situazione è grossomodo la stessa, dato che la capacità di proiezione dei singoli stati è davvero minima: molte di queste nazioni hanno eserciti di dimensioni ridotte e marine militari che si limitano a un embrione di guardia costiera. L’esercito più forte dell’area è probabilmente quello figiano, che conta sei battaglioni di fanteria (circa seimila uomini, parte dei quali dislocati all’estero tra Iraq, Timor Est e Sinai) e uno del genio oltre a 350 effettivi tra le forze della marina militare. Un esercito di tali dimensioni con rispetto ad una popolazione di appena 900.000 unità rappresenta un’arma a doppio taglio: consente di far valere la propria forza a livello internazionale, ma dall’altro lato presenta un rischio per la democrazia, come avvenuto nel 2000 e nel 2006 con due colpi di stato promossi dall’esercito che gravano sull’assetto costituzionale del paese e ne turbano la tranquillità democratica ancora oggi.

La stessa capacità di procurare il cibo per sfamare la propria popolazione spesso è difficoltosa, senza contare che l’acqua dolce spesso in questi paesi scarseggia (molte isole sono troppo piccole per ospitare laghi o corsi d’acqua e l’approvvigionamento è affidato alle precipitazioni piovose oppure agli impianti di desalinizzazione. Dal momento che mantenere una popolazione nel mezzo dell’oceano, tuttavia, può non essere propriamente semplice, nel corso della loro storia molti di questi paesi si sono rivolti alla via più facile, ovvero alla modifica della propria legislazione nazionale per creare intorno a sé un vero e proprio paradiso fiscale.

Il periodo dell’oro dei paradisi fiscali nel Pacifico centro meridionale avvenne a cavallo tra anni ’90 e anni 2000. Tali tentativi furono a più riprese ostacolati dagli Stati Uniti, che promuovettero il ritorno a una legislazione fiscale consona al rapporto con altri stati durante la seconda metà degli anni 2000, in cambio di aiuti finanziari e incentivi allo sviluppo verso gli stati facenti parte di quell’area. Per alcuni paesi fu una scelta consapevole, per altri una scelta praticamente obbligata: è il caso di Nauru, la più piccola repubblica del mondo, che si trovò in una pessima situazione economica e finanziaria nel momento in cui le proprie risorse di fosfati andarono esaurendosi e il governo di Yaren cercò di compensare rendendo il paese il più classico dei paradisi fiscali.

Veduta aerea di Nauru. (Associated Press)

La maggior parte dei paesi dell’area ottenne l’indipendenza nel corso del processo di decolonizzazione: durante il secondo dopoguerra, il Regno Unito, in difficoltà a mantenere i controllo effettivo dei propri possedimenti in giro per il mondo, ma soprattutto trovandoli economicamente non più convenienti, decise di concedere loro l’indipendenza anche a fronte di movimenti di guerriglia sorti in vari territori. Nel giro di 25 anni, tra il 1946 e il 1971, Londra concesse l’indipendenza praticamente alla totalità del proprio impero, stipulando con una parte di questi nuovi stati un patto che li faceva entrare nel Commonwealth of Nations, un’organizzazione di cooperazione economica e politica che coinvolge tutt’ora molte ex colonie britanniche. Il caso residuale è rappresentato da Vanuatu, stato che si estende sulle Isole Ebridi, un arcipelago diviso a metà tra Francia e Regno Unito che ottenne l’indipendenza solo nel 1980 dopo l’accordo tra le due potenze.

Gran parte degli stati insulari del Pacifico nacque dalla parte meno violenta di questo processo di decolonizzazione: in nessuno di questi paesi si verificarono scontri o ribellioni di grande importanza, salvo il già citato caso del colpo di stato figiano. La vita per gli stati del Pacifico si rivelò dal principio molto difficile, date le oggettive difficoltà geografiche di approvvigionamento delle risorse base. Per tale motivo fin da subito si pensò all’associazione degli stati: da tale idea, promossa da vari paesi tra cui Australia, Nuova Zelanda, Nauru e Figi, nacque il South Pacific Forum, un’organizzazione internazionale che doveva agevolare il commercio e la cooperazione internazionale tra i paesi del Pacifico meridionale. L’ufficio vide la nascita nel 1972, l’anno dopo gli accordi per la sua fondazione avvenuti nell’agosto dell’anno precedente.

Nel corso della sua storia il Forum ha assunto sempre maggiori competenze e soprattutto ha iniziato a esprimersi in ambiti diversi da quello meramente economico, consentendo ai paesi del Pacifico meridionale di acquisire del peso a livello internazionale esprimendosi con una voce unica: tra i casi più rilevanti si ricordano la posizione contraria ai test nucleari che gli Stati Uniti e la Francia compirono in quella zona durante gli anni ’60 e ’70, la crisi di Timor Est negli anni ’90 e gli accordi internazionali sulla pesca, risorsa cruciale per stati sperduti nel mezzo del mare.

Alla prima riunione erano presenti Australia, Nuova Zelanda, Nauru, Figi, Tonga, Isole Cook e Samoa Occidentali. Sin da subito è stato evidente il peso dei due giganti dell’area, con Wellington e Canberra che fornivano ciascuna un terzo dei fondi al forum mentre il restante terzo proveniva dai restanti paesi. Il Forum non ha un vero e proprio statuto, il che non lo rende un soggetto di diritto sul piano del diritto internazionale: questa, che è stata da più parti definita come la più grande debolezza di questa organizzazione, si trova ad essere anche il più grande punto di forza, dato che permette la discussione di qualsiasi argomento e aumenta notevolmente le tipologie d’azione, garantendo una grande flessibilità di manovra.

Foto del test atomico sull’isola di Bikini del 1946. (Getty Images)

Nei primi anni ’80, infatti, l’azione del Forum ha iniziato ad espandersi in argomenti diversi, ma attigui a quello economico: nel 1979 nasce l’Agenzia della Pesca del Forum, con il compito di tutelare la pesca non solo per fini di sfruttamento, ma anche di protezione ambientale e salvaguardia della biodiversità. Sempre nel campo ambientale e di tutela della salute dei cittadini degli stati membri, nel 1985 viene creata di comune accordo con Francia e Stati Uniti la SPNFZ (South Pacific Nuclear Zone), vietando de jure e de facto i test nucleari che avevano flagellato diversi atolli del Pacifico nei decenni precedenti, con le conseguenze legate al fallout nucleare e all’enorme danno ambientale.

Altro campo in cui il forum, che ha assunto la sua attuale denominazione nel 2000, si è espresso è quello della tutela della democrazia: durante la travagliata storia della giovane democrazia figiana Suva, la forma di governo popolare è stata addirittura sospesa nel 2009 in seguito ad un colpo di stato operato dai militari, e lo è stato per un lustro, fino all’indizione di libere elezioni. Un embrione di struttura si è avuto a cavallo dei due millenni, con la creazione di quattro dipartimenti:

1- Sviluppo e Cooperazione economica

2- Commercio e Investimenti

3- Politica Internazionale e Affari Legali

4- Servizi alle aziende

Per molte aree geografiche l’associazione tra paesi è stata vista come un’agevolazione nella condivisione delle risorse, per il mantenimento della pace e lo sfruttamento di economie di scala attraverso l’apertura dei mercati. Nel caso del Pacifico Meridionale, la questione è leggermente diversa: qui l’associazione diventa una questione di sopravvivenza, la condivisione delle risorse una necessità primaria e l’apertura dei mercati un metodo per sfamare la propria popolazione. Il futuro per i paesi del Forum è indecifrabile: l’innalzamento di pochi gradi della temperatura terrestre sarebbe sufficiente per far sparire dalla cartina parte di questi paesi. L’antropologo Bronislaw Malinowski si riferiva al popolo delle Trobriand come agli «Argonauti del Pacifico Occidentale», evidenziando i lunghi viaggi pericolosi che questi compivano a bordo delle canoe. Allo stesso modo i paesi del Pacifico hanno deciso di affrontare il loro precario viaggio assieme.

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Carlo Paganessi

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