Il Medio Oriente, è ben risaputo, non si può certo definire una terra in pace. Decine, centinaia di motivazioni regalano a questa terra che si frappone tra l’Europa e l’Asia instabilità e incertezza, facendo proliferare primavere arabe appassite da regimi di terrore. Mera cronaca estera per molti, pagine sui quotidiani da sfogliare in fretta senza curarsi troppo di cosa succede sulle sponde opposte del Mediterraneo. Per poi sbraitare sui social network o nelle ospitate in televisione soluzioni al problema e ai flussi migratori verso l’Europa, atteggiandosi da grandi cultori di politica internazionale. Senza sapere e conoscere la quotidianità di questi luoghi tanto bistrattati. Quotidianità del Medio Oriente brillantemente raccontata da chi l’ha vissuta, come Marjane Satrapi o Riad Sattouf, che rispettivamente con il pluricelebrato Persepolis e la serie de l’Arabo del Futuro hanno saputo narrare la vita nell’Iran di Khomeini e nella Siria di Assad. Il tutto disegnando e utilizzando i baloon.
Marjane Satrapi nasce il 22 novembre del 1969 a Rasht, città iraniana che si affaccia sul Mar Caspio, storicamente conosciuta come la “Porta per l’Europa” grazie alla propria posizione che fece prosperare la città e che la rese oggetto di conquiste da parte della Russia nel Settecento. Nasce in una famiglia di idee comuniste e a quattordici anni, dopo l’infanzia vissuta nella capitale Teheran, incoraggiata dalla famiglia si trasferisce a Vienna per sfuggire al regime degli ayatollah. Dal 1994 vive e lavora in Francia come autrice e illustratrice per diversi giornali e riviste, e tra i suoi titoli si annoverano Taglia e Cuci, Pollo alle Prugne, I Mostri hanno paura della Luna e ultimo, ma più importante, Persepolis, a cui è seguito il lungometraggio animato omonimo del 2007 diretto dalla stessa Satrapi. Persepolis nacque in seguito al trasferimento in Francia, dopo aver conosciuto il disegnatore David B. (pseudonimo di Pierre-François Beauchard), che le fece da mentore per il mondo del fumetto francese e le consigliò di raccontare la sua vita in Iran attraverso le cosiddette bande dessinée. Da questo consiglio nacque Persepolis, una biografia dell’autrice che copre il periodo che va dagli anni Settanta fino al trasferimento definitivo in Europa avvenuto a metà degli anni Novanta, raccontando i cambiamenti che subì l’Iran dal punto di vista di Marjane, da bambina fino all’età adulta.
Persepolis si apre con l’Iran governato dall’ultimo Scià di Persia Mohammad Reza Pahlavi, a capo di un regime repressivo deposto nel 1979 dalla rivoluzione guidata dall’Ayatollah Khomeini in esilio a Parigi, che in seguito al referendum diede vita alla Repubblica Islamica dell’Iran, fondando la nuova Costituzione sulla shari’a. In un primo momento la rivoluzione iraniana venne vista dal popolo come un risveglio dopo millenni di sottomissione, passando dagli arabi medievali all’imperialismo occidentale moderno, e per ciò fu acclamata dagli iraniani come una grande vittoria per la propria autodeterminazione. Purtroppo fu ben presto chiaro che si trattava di un mero passaggio di testimone, dal regime monarchico degli Scià al regime religioso dell’Ayatollah. Ed è in questa fase di transizione che Marjane passa l’infanzia che viene raccontata nella prima parte di Persepolis, trovandosi nel giro di poco dal frequentare una scuola francese e laica con le classi miste all’indossare il velo e andare in classi divise per sesso. Fu uno dei primi cambiamenti che investirono la fu Persia, in un crescendo di repressione e di mentalità retrograda che coinvolsero pure gli amici e la famiglia di Marjane, come il secondo arresto nei confronti dello zio Anush, recluso sotto il governo dello Scià per le sue idee comuniste e per ciò arrestato e giustiziato dal neo-regime dell’Ayatollah. Il successivo scoppio della guerra contro l’Iraq, assieme alla paura della famiglia per la quattordicenne Marjane e i suoi atteggiamenti ribelli nei confronti degli insegnanti e delle guardiane della rivoluzione, portarono al trasferimento di lei a Vienna, dove trascorre l’adolescenza. Tra la frequentazione di ambienti più disparati, l’uso di droghe e storie d’amore finite male, Marjane inizia a leggere libri di ogni specie e cerca di rivendicare con orgoglio le proprie origini, non venendo presa sul serio e denigrata proprio per esse. Questo sarà comunque un periodo della vita fondamentale per la Satrapi, che tornerà a Teheran cresciuta ed emancipata, sperando allo stesso tempo di ritrovare sé stessa in un contesto confortevole come quello familiare, rinunciando alla libertà trovata in Europa per vivere nuovamente sotto le contraddizioni del regime, non più in guerra contro l’Iraq, ma non per questo più morbido nella prosecuzione delle leggi imposte dalla rivoluzione islamica. Marjane infatti, dopo aver vissuto in una realtà differente da quella dei propri coetanei mai usciti dall’Iran, è diventata una donna con una mentalità aperta, e per questo più insofferente nei confronti della shari’a, che influisce nel rapporto sentimentale che ha con Reza, un ragazzo di Teheran con cui non può baciarsi o addirittura camminare da soli in pubblico prima del matrimonio. Regole e leggi assurde per una mentalità aperta come quella della Satrap, che vivendo e provando a riadattarsi nel suo paese natio a una decina di anni dalla rivoluzione si decise, nonostante le convenzioni sociali, a divorziare da Reza e soprattutto ad abbandonare una volta per tutte l’Iran, paese diventato inadatto per Marjane e per le sue necessità.
Per stessa ammissione della Satrapi Persepolis, il primo fumetto iraniano mai pubblicato, nasce come fumetto per gli occidentali, arricchendo il racconto con moltissime spiegazioni sulla vita quotidiana in Iran, inutili per un lettore iraniano ma necessarie agli occhi di un lettore occidentale che non è a conoscenza dei meccanismi sociali che influenzano il paese. Persepolis mostra il vero Iran, la cultura e le abitudini che caratterizzano questo meraviglioso paese, senza cadere negli stereotipi come potrebbe facilmente fare qualche fumettista ignorante che disegna vignette populiste e volgari senza conoscere le motivazioni a monte legate ai fatti di cronaca o politica, e cercando di raccontare una nazione senza giudicarla per gli errori di pochi estremisti. Un modo per raccontare una nazione in subbuglio dal piccolo della graphic novel affrontato anche da Guy Delisle con le sue permanenze a Pyongyang, Gerusalemme, Shenzen e in Birmania, da Zerocalcare con Kobane Calling e da Ryad Sattouf con l’Arabo del Futuro. Marjane ci riesce definendo la sua opera “romanzo”, poiché il fumetto si è guadagnato la definizione di letteratura in tutto e per tutto, con molti esempi che non sfigurano di certo contro i grandi classici. Ne sono validi esempi le opere di Gipi come La Terra dei Figli o Maus di Art Spiegelman, che utilizzando l’allegoria degli animali racconta in maniera schietta l’Olocausto vissuto sulla pelle del padre Vladek Spiegelman. In 354 pagine Marjane Satrapi racconta utilizzando visivamente solo il bianco e nero e con un tratto molto essenziale privo di prospettiva, ma non per questo meno potente. Anzi, è proprio nella semplicità delle vignette che Satrapi racconta al meglio la propria storia, portandoci per mano in un paese un tempo visto con rispetto dall’occidente, che dopo la rivoluzione viene descritto sia dalla politica, sia dai media (come il film del 1991 Mai senza mia Figlia) come un paese arretrato patria del fondamentalismo islamico, peccando di pregiudizi nei confronti dei molti che, con il fondamentalismo, non hanno nulla a che vedere. Pregiudizi che influenzano e fanno male a popoli interi, come quello becero e classico nei confronti dell’italiano “Pizza mafia e mandolino”, che tutt’oggi impera ed è la dimostrazione più vivida di quanto bisognerebbe leggere e informarsi prima di aprir bocca, evitando di dare nei confronti di questo o quest’altro argomento una descrizione costruita dagli stereotipi e probabilmente scorretta.
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