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La Legge Fiano rischia di essere un autogol per il PD

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Rodolfo Bevione

Cosa dice la legge Fiano

«Chiunque propaganda le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero delle relative ideologie, anche solo attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne richiama pubblicamente la simbologia o la gestualità è punito con la reclusione da sei mesi a due anni».

Questo è tutto il testo della Legge Fiano. Sessanta parole, più altre ventidue che aumentano l’entità della pena se la propaganda viene effettuata tramite strumenti telematici o informatici, dunque principalmente social network e forum online.

Nell’immaginario collettivo questa legge si inserisce in un filone di provvedimenti -attualmente due – volti a colpire le manifestazioni più violente delle ideologie dell’estrema destra. La prima è la legge Scelba, del 1952, che trova applicazione quando «un’associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista».

Questa legge è nata in un momento storico in cui il regime fascista era appena caduto e il fascismo – quello violento, eversivo e nostalgico della dittatura – era ancora ben vivo, seppure nascosto, e la neonata Repubblica aveva urgente bisogno di difendersi dalle possibili minacce all’assetto democratico. Una legge frutto di una necessità contingente che però, anche in virtù dell’applicazione che ne è stata fatta dalla magistratura, non mette fuorilegge l’ideologia fascista; questa legge impedisce che il fascismo possa riprendere il potere utilizzando i metodi violenti che l’hanno contraddistinto – squadrismo, colpo di stato e omicidi politici fra gli altri. Un partito apertamente fascista che sale al potere attraverso i metodi democratici, invece, non sarebbe in alcun modo perseguibile. Non è una legge contro l’ideologia fascista in sé, è una legge che salvaguardia la democrazia soltanto dalle manifestazioni eversive del fascismo, e prova ne è il fatto che di partiti politici apertamente fascisti ce n’è più di uno, di partiti simpatizzanti del fascismo ce ne sono ancora adesso e ce ne sono stati in passato, ancora di più: si presentano alle elezioni, sono nostalgici del fascismo ma non hanno finalità antidemocratiche. In altre parole, il problema non è il fascismo che rispetta le regole e si presenta alle elezioni, il problema è il fascismo che non ne accetta il risultato e si impone con la forza.

Il secondo provvedimento, la Legge Mancino del 1993, punisce i reati d’odio, vale a dire tutte quelle esternazioni verbali caratterizzate da odio razziale e la creazione di gruppi che abbiano l’odio razziale fra le proprie caratteristiche. È chiaro che queste due leggi si collocano in una sorta di area grigia: se da un lato la Costituzione tutela la libertà di espressione, dall’altro è necessario proteggere la Repubblica da quelle forze antidemocratiche che, se incontrastate, potrebbero rappresentare un pericolo per l’assetto democratico della nazione. E il confine fra le due non è necessariamente netto né univoco.

Le leggi Fiano, Mancino e Scelba non sono la stessa cosa

La legge Fiano, simile a queste due soltanto in apparenza, è in realtà più problematica e criticabile. Questa proposta di legge si presenta al pubblico come una riforma liberticida e (ironicamente) fascista anch’essa, e rischia di essere un clamoroso autogol per il PD. Roberto Fiore, segretario di Forza Nuova, dice che “in un giorno non troppo lontano la storia presenterà il conto a chiunque l’abbia sfidata”, e Di Stefano, segretario di CasaPound, paragona l’atteggiamento della sinistra odierna all’ISIS che distrugge la storia. Ma i dubbi non vengono solo da destra, tanto che Fiano stesso ha sentito l’esigenza di chiarire la propria posizione.

La reazione di Maurizio Murelli, protagonista del “Giovedì Nero di Milano”, alla Legge Fiano.

Con il senno di poi, sarebbe forse stato più lungimirante non presentare proprio questa proposta di legge. Alla buona fede di una persona che a causa del nazismo ha perso la famiglia si contrappone la realtà dei fatti, che non sono mai gentili. In un mondo ideale, quello che sembra avere in mente Fiano, questa legge toglierebbe dal web tutta quella propaganda che è ingannevole nella migliore delle ipotesi, platealmente falsa in quella più realistica, che catalizza e crea rabbia nei confronti di altre etnie e religioni. Fiano probabilmente si aspetta che a quel punto il pubblico prenda coscienza storica di ciò che è stato davvero il fascismo, oltre alla propaganda dei treni in orario, e si orienti su posizioni politiche più moderate e liberali… o, in attesa, tutti i sostenitori del Ventennio muoiano di vecchiaia, mentre le nuove generazioni crescono con ideali differenti, visto che i mezzi di diffusione delle ideologie fasciste sono stati bloccati. Una posizione talmente ottimista da sconfinare nella fiaba.

Come rischiano di andare le cose

In realtà, la legge avrà il solo risultato di mostrare la sinistra debole, in un modo o nell’altro. Il primo rischio è che questa legge faccia la stessa fine dello ius soli: bloccata al Senato, mentre a destra si attribuiscono – giustamente – il merito di aver bloccato un provvedimento che ai loro occhi appare come pericoloso per la libertà di parola. Ammesso che passi l’esame del Senato – ed è improbabile, considerati i numeri molto risicati di cui dispone la maggioranza – lo scoglio successivo è la Corte Costituzionale, che difficilmente difenderà questa legge al momento del controllo di legittimità. La Costituzione, come già rilevato, si pone contro la possibilità di un regime fascista, non contro quella di un governo fascista in un contesto democratico. I partiti fascisti che non perseguono finalità antidemocratiche non sono illegali: sono protetti dall’articolo 21.

Questo senza contare i possibili effetti politici, oltre che legislativi: permettere all’estrema destra di giocare la carta della vittima è, da una prospettiva di sinistra, molto rischioso. Ad oggi i partiti di aperta ispirazione fascista hanno numeri talmente bassi da non essere nemmeno presi in considerazione nei sondaggi. Rischiare di farli apparire come martiri e aumentare le loro fila è piuttosto miope, se non involontariamente complice. Pure in questo momento storico particolarmente favorevole alla destra reazionaria, tanto per l’ondata migratoria quanto per la crisi economica, essi hanno percentuali che si attestano normalmente intorno al 2%. Sono effettivamente in crescita, ma aiutarli a presentarsi come ribelli che preoccupano il sistema al punto da essere dichiarati fuorilegge non è una strategia intelligente né efficace.

C’è infine un ultimo punto da considerare nel caso che la legge effettivamente passi e venga effettivamente applicata. Abbiamo davvero intenzione di istituire un reato con così tanti colpevoli? Abbiamo davvero la forza di perseguirli tutti? Era così con il reato di immigrazione clandestina – che ha dovuto essere stralciato: non era semplicemente possibile seguire così tanti processi -, è così oggi con il reato di consumo di cannabis -talmente diffuso che persino la Direzione Nazionale Antimafia ne ha sostenuto la depenalizzazione – e viene facile pensare che sarà così con il reato di propaganda del Ventennio. È di difficile fattibilità l’idea di mandare in prigione così tante persone per quello che è di fatto un reato d’opinione. Arrestare così tante persone per un reato di questo tipo rischia di generare risentimento verso la sinistra, ma una eventualità ancora peggiore è quella che la legge approvata non venga poi applicata.
Si rischia di creare una legge che faccia la fine delle manzoniane “gride” che il governo spagnolo propagandava nella Lombardia: provvedimenti durissimi a emergenze importantissime, a cui però non c’era mai un seguito e che aumentava la percezione del governo centrale come distante, autoreferenziale e debole. Come qualcosa di cui si poteva fare a meno. Non esiste uno scenario in cui questa legge ottenga un effetto positivo; non andava presentata. Il mero fatto che il PD si sia impegnato in questa battaglia ha molte possibili conseguenze negative e nessuna positiva. Combattere contro altre ideologie è molto efficace per costruire facile consenso – la sinistra degli anni Duemila riceveva voti soltanto in funzione anti Berlusconi, e infatti raccoglieva percentuali sempre molto alte – ma non è altrettanto utile per vincere – infatti il citato consenso non ha mai permesso di creare un governo stabile. Leggendo l’introduzione della proposta di legge è facile capire come mai Fiano abbia voluto introdurre questo reato, ma è anche facile capire come mai sia stata una pessima idea.

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Rodolfo Bevione

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