La principale sfida della politica italiana sembra essere quella tra il PD e il M5S. Abbiamo intervistato due attivisti degli schieramenti per comprendere il motivo di tanto astio tra le due realtà
Nel caos (a tratti geniale, a tratti molto meno) che caratterizza ormai da anni la politica interna italiana la guerra tra partiti è ormai divenuta una realtà ben più determinante di quanto si possa pensare. Meglio chiarire: da sempre, nel nostro Paese, due o più schieramenti si danno battaglia per ambire al potere. La tendenza però sembra essersi evoluta nell’ultimo periodo, da quando Governi tecnici o “di circostanza” si alternano per cercare di dare stabilità a un’Italia invece sempre più instabile e corrosa da lesioni interne ormai sempre più frequenti. In particolare, la nascita del Movimento 5 Stelle ha letteralmente cambiato le carte in tavola di una politica italiana che – a dispetto di qualche eccezione – si è ritrovata solitamente in una situazione di bipolarismo. La creatura di Beppe Grillo ha però cambiato tutto, cavalcando il malcontento degli italiani come John Wayne avrebbe fatto con un purosangue in uno dei suoi western.
In particolare, nella loro lotta i Cinque Stelle sembrano aver scelto un avversario specifico, individuato (almeno all’apparenza) come il catalizzatore di tutti i mali del Paese: quel Partito Democratico che d’altronde, nel corso di questi anni, non ha fatto molto per scrollarsi di dosso critiche negative o problemi evidenti. In molti però si sono sempre chiesti il perché di questo sentimento negativo così forte da parte del M5S nei confronti del PD, al quale è sempre stato riservato un trattamento davvero pesante rispetto agli altri partiti. Insomma: perché il M5S odia così tanto il PD? E in che maniera il PD si è “lasciato odiare”, accogliendo a conti fatti una sorta di lotta senza quartiere dopo aver archiviato il confronto diretto con il centro-destra? Per rispondere a queste domande abbiamo intervistato due personalità di entrambi gli schieramenti, convinti di trovare argomentazioni esaustive e chiarificatrici al dubbio che ormai da tempo permane non solo nelle nostre menti ma in quelle di molti elettori.
«Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo»
Alessandro Amitrano è un giovane attivista Cinque Stelle, primo non eletto al Comune di Napoli, oltre che collega giornalista. Nel 2015 si è candidato alle Regionali della Campania e attualmente non manca di far sentire il suo supporto al Movimento in ogni evento che possa coinvolgere il Sud Italia. Sin da ragazzo Alessandro si era scoperto un pollice verde della politica: «Ho cominciato al liceo, dove mi candidai come rappresentante per la consulta provinciale degli studenti. Già all’epoca ero convinto che se vogliamo davvero cambiare il mondo in cui viviamo dobbiamo renderci attivi in prima persona e smettere di delegare qualcun altro perché risolva i problemi al nostro posto. Dopo il liceo, iscritto alla facoltà di Medicina all’università Federico II di Napoli, ho portato avanti la mia passione per la politica e l’associazionismo iscrivendomi al Movimento 5 Stelle», spiega. Una scelta che, inevitabilmente, finirà per cambiargli la vita e per modificare radicalmente la sua visione del Paese: «A Napoli sono stato il candidato più giovane che si fosse mai presentato con il Movimento 5 Stelle in quegli anni, con Roberto Fico candidato Sindaco. Ho seguito tutta la campagna elettorale e durante quel momento ho conosciuto insieme agli altri candidati Beppe Grillo, che mi chiamò sul palco durante l’evento conclusivo a piazza del Gesù. È stata un’emozione unica e in quell’istante ho capito che il Movimento era profondamente diverso dagli altri partiti che non credo avrebbero mai dato spazio a un ragazzo, all’epoca così giovane e alla prima esperienza. Al Comune di Napoli le cose non andarono bene: il Movimento 5 Stelle raccolse poco più di 7000 voti. Nonostante quella prima esperienza senza eleggere consiglieri, fu l’inizio di un lungo percorso che ancora oggi mi vede impegnato».
Secondo Alessandro, però, quello del M5S non è un vero e proprio astio a prescindere nei confronti del centro-sinistra: «Il Movimento è semplicemente diverso dalle vecchie forze politiche. La nostra è una idea di Paese diametralmente opposta a quella rappresentata fino ad ora da PD e FI. I vecchi partiti hanno governato l’Italia con un solo obiettivo: portare avanti i propri interessi, mantenersi ancorati a una poltrona. E stanno facendo di tutto per riuscirci. Non possiamo negare che, negli ultimi anni di governo del PD, la situazione sociale ed economica è peggiorata sotto tutti i punti di vista. Parliamo di responsabilità politiche. Quando affrontiamo determinati temi delicati per il Paese, denunciando le follie della gestione dei partiti, i media non possono dividerci in fascisti e comunisti per semplificare una situazione che andrebbe affrontata mettendo il “tifo” del partito da parte». I partiti tradizionali evidenziano poi, secondo lui, problemi ormai noti che però vengono letteralmente ignorati dagli stessi: «Mi viene da pensare, per esempio, a come siano bravi in campagna elettorale ad affermare qualcosa che non sono mai pronti a realizzare quando salgono al Governo. A questo bisogna aggiungere come spesso i partiti vengano comandati da interessi occulti per i quali sono pronti a svendere il popolo. Noi ci opponiamo a questo sistema di potere, mettendo al centro il cittadino. Non a caso la nostra priorità in questo momento è il reddito di cittadinanza, per ridare dignità a milioni di persone che vivono in povertà e senza lavoro». Ma quali possono essere, invece, i problemi all’interno del Movimento? C’è qualche punto debole che andrebbe rivisto o rafforzato? Non per ora, almeno secondo Alessandro: «Per quanto riguarda il nostro programma è difficile, al momento, trovare un problema. Sarebbe come voler trovare un problema a un progetto non ancora ultimato, definire un libro bello o brutto dalle prime pagine. Il nostro è un programma che stiamo scrivendo con gli italiani – tramite il nostro portale web Rousseau – e che è ancora in divenire. Per questo ad oggi non posso identificare un problema. Quello che posso affermare con sicurezza è che, al momento, il Movimento è l’unica forza politica credibile presente nel Paese».
Tornando ai media, sembra impossibile non notare come spesso il M5S venga citato – almeno nell’ultimo periodo – soprattutto per situazioni negative o (anche in passato) per via di comportamenti particolari o singolari di alcuni suoi rappresentanti (Grillo, Raggi, Casaleggio, Di Maio). C’è un accanimento? Qualche errore è stato commesso? «Sicuramente da quando governiamo importanti città come Roma e Torino la stampa non fa altro che aggredire il Movimento», afferma Alessandro. «Addirittura recentemente il ministro Lorenzin ha accusato la Raggi di essere responsabile del calo degli indicatori di salute di Roma. Il dettaglio che ha sottovalutato è che non solo la competenza è di ambito regionale e non comunale ma che, addirittura, i dati da lei citati si riferiscono al periodo 2005-2013, amministrazioni rispettivamente Alemanno e Marino. Io non credo che il Movimento abbia effettivamente commesso degli errori a meno che non vogliamo ritenere un errore rinunciare ai privilegi, dimezzarsi lo stipendio, favorire la nascita di tantissime imprese con il microcredito. Se riteniamo questi degli errori mi auguro che anche le altre forze politiche inizino a farli». Le elezioni, comunque, potrebbero essere vicine: perché un cittadino dovrebbe dunque votare il M5S? «Perché così potrebbe contribuire a dare il via a un vero periodo di cambiamento nella nostra nazione. Il Movimento ha dimostrato, come opposizione parlamentare, di essere la più propositiva e capace che si sia mai vista, e come forza di governo in tante città ha ridotto il debito creato dalle precedenti amministrazioni che hanno utilizzato i comuni come bancomat. Il M5S ha dimostrato di essere una solida realtà capace di grande cose e se i cittadini ci sceglieranno avranno dalla loro lo Stato, forse per la prima volta da trent’anni a questa parte».
Ad Alessandro viene chiesto anche come si sarebbe comportato se, per assurdo, le sliding doors della vita lo avessero portato a sostenere l’altra parte della barricata. Sorride ironico, ma risponde ugualmente: «Non credo che in quella occasione avrei mai iniziato a fare politica. Il mio attivismo è nato proprio dalla sfiducia totale nei partiti e dalla necessità di impegnarmi in prima persona per ottenere quel cambiamento culturale di cui la nazione ha bisogno. Probabilmente senza il M5S sarei diventato uno dei tanti giovani nostrani costretti a emigrare».
Autocritica e speranza
Ilaria Esposito è invece una ragazza di Torre del Greco che svolge il ruolo di Segretario metropolitano dei Giovani Democratici di Napoli. Anche per lei la scintilla della politica attiva è scoccata in tenera età: «Era il 2011, iniziai a partecipare agli incontri dei Giovani Democratici del mio Comune. La Giovanile si riuniva nella sede del PD locale, organizzava eventi di discussione politica, mobilitazioni, protocollava progetti e proposte per la cittadinanza. Il Partito Democratico era casa nostra, e tramite la Giovanile, ha permesso a tanti ragazzi di rappresentare le proprie istanze e di lavorare per un bene comune». Come molti, anche Ilaria nota un certo astio da parte del M5S nei confronti del suo partito. A differenza di altri, però, prova a dare una lettura più specifica della situazione: «Credo che tutto derivi dal fatto che il PD sia un partito di Governo e che in quanto tale compia scelte di responsabilità. Non ho mai nascosto di non esser stata felice del governo delle larghe intese, ma non dimentico il rifiuto del M5S. Ritengo che volersi vantare di avere le mani pulite e limitarsi a puntare il dito contro chi fa le cose non sia una dote per chi sceglie di fare politica o per chi vuole essere parte attiva nei processi decisionali. Non possiamo dire di voler cambiare il Paese e non prendere parte agli appuntamenti più importanti di riforma che lo riguardano (un esempio per tutti, il DdL Cirinnà)».
Ilaria comunque non lesina critiche al suo stesso partito, soprattutto a colui che ne è diventato il vero e proprio volto in questi anni: «Matteo Renzi ha cambiato la percezione del PD in Italia, purtroppo in alcuni casi anche in negativo. Personalmente, alle Primarie che ho affrontato finora non ho mai scelto Renzi: non ho mai avuto l’impressione che potesse essere un Segretario rappresentativo di tutto il PD, iscritti e “simpatizzanti”. L’origine del suo percorso politico, il cui asse pende più verso il centro che verso sinistra, è noto a tutti. Il suo modo poi di affrontare la segreteria nazionale del partito prima e la premiership dopo hanno contribuito ad ampliare la frattura tra il mondo che il PD aveva sempre rappresentato e i suoi stessi rappresentanti e dirigenti». Le contestazioni, sia reali che social, non sono mai mancate: «Immagino che Renzi venga sempre contestato perché ha scelto un metodo comunicativo e una politica che non è tipica del nostro DNA. E non si tratta di essere “gufi”: raccontare che tutto va bene, non girare per i territori, smettere di ascoltare o di creare luoghi di confronto, inseguire i nostri avversari politici emulandoli nelle loro peggiori battaglie per provare a strappare consensi è quanto di più sbagliato si possa fare».
In molti considerano il Governo Gentiloni un Renzi bis. Questo tipo di identificazione può essere corretta? «Paradossalmente, pur essendo un Governo quasi invariato rispetto a quello precedente, il feedback fornito dai cittadini è nettamente migliorato», rivela. Ma come arriverebbe il PD a eventuali elezioni politiche nei prossimi mesi? «Molto dipenderà dalla legge elettorale. Mi auguro che il mio partito trovi il modo migliore di affrontare la prossima campagna elettorale parlando realmente alle persone e che si impegni a proporre un programma all’altezza dello scopo che ci prefiggiamo. Quanto alle previsioni, non amo farne. Sono abituata a lavorare e a dare il massimo per raggiungere gli obiettivi più che fermarmi a fare supposizioni».
Provocatoriamente, chiediamo se c’è qualcosa che ruberebbe alla concorrenza. «La fiducia che gli attivisti hanno tra loro, che è poi il senso di comunità che il mio partito sta rischiando di perdere», afferma. E quale può essere considerato invece il difetto principale del M5S? «Il loro vivere in una bolla, in un inganno: accusano gli altri di essere “servi del potere” ma il proprietario del loro simbolo può decidere di cacciare dal Movimento chiunque si mostri anche minimamente scettico; dicono che destra e sinistra non esistono quando viviamo un tempo in cui rischiamo di rivivere il peggio del fascismo, del razzismo e del diniego dei diritti; annunciano di voler cambiare il corso delle cose e nelle città che amministrano gli unici cambiamenti sono in peggio». Infine, anche a Ilaria chiediamo cosa sarebbe successo se avesse fatto parte dello schieramento opposto: «Avrei investito sulla formazione dei miei dirigenti, rivendicando il diritto di poter muovere critiche. Il Movimento però rifiuta la denominazione di partito e, inoltre, temo che se avessi provato a esprimere le mie perplessità sarei stata subito tagliata fuori».
Al di là dell’aspetto competitivo, resta comunque importante notare come tanti giovani – rappresentati in questo caso proprio da Alessandro e Ilaria – non smettano di lottare per i propri ideali, cercando ancora di credere in un certo modo di fare politica. Forse la notizia più bella – e che deve dare maggiori garanzie – può essere proprio questa. Non sappiamo se la storia politica italiana porterà le due fazioni a scontrarsi per sempre o se PD e M5S troveranno, in qualche maniera, un modo per camminare insieme. Intanto, comunque, dalle fondamenta qualcuno prova ancora a costruire un po’ di identità politica. E persino questa, al giorno d’oggi, è una grandissima vittoria per tutti.