Sono settimane calde sul fronte internazionale. Gli occhi del mondo sono puntati sullo scambio di accuse tra il dittatore nordcoreano Kim Jong-Un e Donald Trump. C’è chi dice che il loro sia solo un teatrino per le rispettive opinioni pubbliche, chi che siamo vicini a una nuova guerra fredda. Intanto, tra le minacce di guerra atomica e nuove notizie che continuano a saltare fuori sul fronte del Russiagate, il presidente degli Stati Uniti deve far fronte anche alla situazione interna. Lo scorso 26 settembre, il capo della maggioranza Mitch McConnell ha annunciato che la Camera alta non avrebbe votato per la nuova riforma sanitaria. Nuova sconfitta di Trump su questo tema.
È la terza bocciatura della riforma che dovrebbe sostituire il cosiddetto Obamacare e potrebbe rivelarsi un boomerang per il presidente Trump. La volontà di smantellare l’Affordable Care act, la storica riforma sanitaria entrata in vigore nel 2013 per volontà dell’ex presidente USA Barack Obama, è stato uno dei pilastri della campagna elettorale di Donald Trump.
I repubblicani cercano di annullare l’Obamacare da ormai sette anni, cioè da quando è stata approvata dal Senato. Duranti i mesi di campagna elettorale, uno dei motivi di scontro principali con l’avversaria Clinton è stato proprio questo: la Democratica sosteneva di voler mantenere il piano messo su dall’ex inquilino della Casa Bianca, modificando però le storture che erano emerse nel tempo. Trump ha invece sempre sostenuto di volerlo rimpiazzare, in pieno accordo con il proprio partito.
La fonte delle divisioni tra i conservatori è il tipo di riforma da attuare al posto di quella attuale. Dopo i primi problemi alla Camera, alcuni avevano avanzato l’idea di annullare semplicemente l’Obamacare e tornare al vecchio sistema, ma la necessità di riformarlo è evidente. La sfida è trovare una proposta in grado di accontentare entrambe le ali del partito, quella di estrema destra e quella più moderata.
Fin dai primi mesi di mandato, la Casa Bianca lavora a una riforma del sistema sanitario, ma nessuno dei tentativi è andato a buon fine.
Nel marzo scorso era stata fatta la prima proposta di riforma: l’American Health Care Act. Bocciata in prima battuta dalla Camera, era riuscita ad arrivare al Senato, ma fu ritirata prima del voto. Dopo varie riscritture per mettere d’accordo le diverse correnti del partito, a luglio è arrivato un teatrale «no» da parte del Senato. La proposta fu respinta con 49 voti favorevoli e 51 contrari. Compatti i Democratici, i tre voti decisivi furono proprio di tre senatori Repubblicani: John McCain dell’Arizona, Susan Collins del Maine e Lisa Murkowski dell’Alaska. McCain aveva chiesto allo speaker della Camera di garantire che, se la proposta fosse passata al Senato, non sarebbe stata trasformata subito in legge, per dare più tempo alle due camere di modificarne alcune parti con calma. Avendo ricevuto un rifiuto, il senatore dell’Arizona, che non aveva ancora annunciato le sue intenzioni, al momento del voto ha teatralmente rivolto il pollice in basso, tra gli applausi dei Democratici, esprimendo il suo dissenso nei confronti della riforma.
È stato ancora McCain, lo scorso 22 settembre, a dare un duro colpo al nuovo tentativo dei Repubblicani di abolire l’Obamacare. John McCain, ottantun’anni e senatore dell’Arizona da trenta, è uno dei senatori più competenti e rispettati anche dai Democratici. Fu il candidato Repubblicano che sfidò Obama nel 2008 e ha pubblicamente affermato di non aver votato Trump alle scorse elezioni presidenziali. Nonostante il grave tumore al cervello che gli è stato diagnosticato lo scorso luglio, McCain continua ad apparire in pubblico e a fare il suo lavoro: è tuttora una delle persone più influenti degli USA. Per cui, il suo parere negativo sulla nuova proposta di riforma del sistema sanitario non poteva di certo passare inosservato. Ha fatto molto clamore oltreoceano, soprattutto dopo il voto di quest’estate, e ha provocato la reazione di altre figure interne al suo partito.
Intanto, il senatore Rand Paul, del Kentucky, aveva già espresso il suo parere negativo. È stata poi Susan Collins, del Maine, a dare la stangata finale alla riforma, confermando il suo «no». Tre dei cinquantadue senatori sui quali i Repubblicani avrebbero dovuto contare hanno defezionato. Il tutto ha spinto il leader della maggioranza ad annullare il voto.
Prima di entrare nel merito dell’ultima proposta Repubblicana ecco come funziona, a grandi linee, l’attuale sistema sanitario Americano che si vorrebbe abolire e quali sono stati i risultati della sua applicazione.
La riforma del presidente Democratico ha rappresentato una vera rivoluzione nella storia americana, senza dubbio. Sono però emersi dei problemi, alcuni fin da subito, altri solo a lungo termine. Il fatto che nel mercato siano entrate persone malate e che le compagnie assicurative non possono rifiutarsi di fornire un piano ha determinato un consistente aumento del prezzo delle polizze sanitarie, peraltro proprio poche settimane prima del voto presidenziale del 2016, il che potrebbe aver contribuito alla sconfitta dei Democratici.
Moltissimi americani, inoltre, hanno preferito pagare una multa piuttosto che dotarsi di un’assicurazione sanitaria che non sono sicuri gli servirà: il che ha fatto sì che il numero delle persone assicurate sia aumentato, sì, ma non come previsto.
Infine, nonostante l’innegabile cambiamento, il sistema sanitario Americano è rimasto prettamente privatistico. Proprio negli scorsi giorni, Bernie Sanders, sfidante della Clinton alle primarie Democratiche, ha rilanciato la proposta di un sistema sanitario pubblico sul modello europeo.
Facendo leva sulle storture dell’attuale sistema, dunque, i Repubblicani hanno da subito sostenuto di volerlo abolire e rimpiazzare con una nuova riforma. I problemi sono cominciati a emergere quando si è trattato di riunire le fila dei conservatori, cercando di conciliare i desideri sia dell’ala più estremista del partito, sia di quella moderata. Dopo il tentativo fallito di luglio, la proposta che sarebbe dovuta andare al Senato la scorsa settimana era quella avanzata da due Repubblicani moderati: Bill Cassidy e Lindsay Graham.
A grandi linee, la riforma avrebbe previsto:
I Repubblicani sostengono che queste misure avrebbero dovuto comportare una riduzione di spesa del governo federale. I Democratici, più compatti che mai su questo argomento, insistono nel sottolineare gli effetti negativi che si avrebbero rimpiazzando l’Affordable Care Act. Primo tra tutti, ovviamente, il fatto che togliendo l’obbligo di dotarsi di una polizza sanitaria molti americani perderebbero l’assicurazione. Dato confermato anche dal Congressional Budget Office, l’organismo bipartisan incaricato di fornire analisi economiche al Congresso. Secondo il CBO la Graham-Cassidy farebbe «perdere la copertura a milioni. Il numero [di coloro che quindi non avrebbero più un’assicurazione] è variabile e dipende da come gli stati attueranno la norma». È stata proprio quest’analisi preliminare a indurre la senatrice Susan Collins a dare il suo parere negativo alla riforma e a far quindi crollare il tentativo dei Repubblicani.
A questo punto, gli effetti che la riforma avrebbe potuto avere non contano più così tanto. Il partito Repubblicano e il presidente Trump hanno portato a casa una nuova sconfitta su questo fronte. Inoltre, i conservatori hanno perso l’occasione di usufruire di alcune agevolazioni procedurali, scadute lo scorso 30 settembre. Avrebbero potuto far passare la riforma con una maggioranza semplice, 51 voti che ora non basteranno più per l’approvazione.
Con la Graham-Cassidy sembrava che si fosse arrivati al punto di arrivo, invece questa volta non si è neanche arrivati al voto. È un duro colpo per il presidente degli Stati Uniti, questo è certo: una delle promesse più importanti della sua campagna elettorale era proprio quella di abolire l’Obamacare e, a quasi un anno dalla sua elezione, ancora non è riuscito a farlo. Questa sconfitta sul piano sanitario arriva inoltre nel pieno della “guerra” che sta portando avanti con i giocatori della Nfl per le varie genuflessioni che si sono viste durante l’inno nazionale. Il mondo del football è molto popolare negli Stati Uniti e Donald Trump sta continuando a perdere consensi nell’opinione pubblica americana. I Repubblicani pagheranno l’ennesimo fallimento dei tentativi di rimpiazzare l’Obamacare. Forse è troppo presto per poter guardare alle prossime elezioni presidenziali, nel 2020, ma il partito conservatore dovrebbe tenere gli occhi aperti sulle elezioni di metà mandato che si terranno tra un anno.
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