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Da Thor a Cristo: la conversione della Scandinavia

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Sergio Flore

Il battesimo della Scandinavia nella fase finale dell’epoca vichinga è quasi una sintesi della cristianizzazione dell’intero continente: dai Re che accettano il cristianesimo genuinamente, ai nobili che fingono una conversione per ottenere vantaggi politici; dalle cronache di monaci intransigenti al bizzarro sincretismo che si venne a creare, con Cristo e Thor venerati allo stesso modo, la missione evangelizzatrice della Chiesa ai confini settentrionali del Continente dovette affrontare una lunga serie di problemi e contraddizioni inevitabili nell’incontro tra due culture così diverse. Il risultato, se si considera che la Scandinavia fu tra le ultime aree europee ad abbracciare la nuova fede, è comunque mirabile: l’estremo nord del continente passò dall’essere sinonimo del paganesimo più resiliente e violento a risultare una fucina di Re, condottieri e santi che servirono la Chiesa nella sua espansione a est, nella conversione della Finlandia e nelle Crociate in Terra Santa.

Ma quale fu il terreno su cui la Chiesa dovette faticosamente porre le prime pietre per l’evangelizzazione del nord del mondo? Le nozioni a nostra disposizione riguardo alle caratteristiche e alla funzione della religione per i popoli del nord prima della conversione sono ricavate da diverse fonti. Buona parte delle testimonianze ci è stata tramandata da soggetti tutt’altro che imparziali: monaci, storici cristiani, evangelisti e chierici, paradossalmente, sono coloro che hanno documentato meglio la religione pagana del nord Europa. Contribuiscono comunque anche le incisioni runiche sui santuari e templi superstiti, i poemi antichi – la cosiddetta Edda -, le testimonianze di viaggiatori e mercanti arabi e le saghe islandesi, nonostante siano state scritte diverso tempo dopo la conversione ufficiale dell’isola.

‘Thor combatte con i giganti’, Mårten Eskil Winge, 1872

A grandi linee, il paganesimo nordico preserva gli archetipi di tutte le classiche divinità del pantheon indoeuropeo. Esistevano variazioni regionali, e il culto stesso si evolse nel tempo, fino a includere elementi cristiani e prendere in prestito divinità dal vicino mondo slavo. In generale, comunque, gli Dei erano rappresentati come entità fisiche e mortali, protettori dei diversi aspetti della vita delle comunità nordiche. Posto centrale era conferito a Odino, dio creatore, simbolo della saggezza, capo degli Aesir e guardiano del Valhalla. Importantissimo anche Thor, dio del cielo e dei tuoni, e personificazione della forza fisica. L’antico tempio pagano di Uppsala in Svezia, come scrive il monaco Adamo di Brema (1050-1085), mostrava poi il culto di una terza divinità: si tratta di Frej, dio della fertilità e della vita, rappresentato spesso con una forma fallica e invocato, insieme alla sorella Freyja, durante il raccolto in primavera e estate, e in occasione dei matrimoni. A queste divinità maggiori si devono aggiungere numerosi Dei minori appartenenti alle due famiglie degli Aesir e Vanir, più decine di figure mitologiche come le Valchirie e i Norns.

Le primissime conversioni alla nuova e rivoluzionaria religione cristiana risalgono già all’epoca di Carlo Magno: mirando a un’espansione a nord, il sovrano aveva favorito l’istituzione di missioni cattoliche in Danimarca nel 777 d.C, anno al quale risalgono le più antiche testimonianze dei battesimi degli uomini del nord. Almeno inizialmente, comunque, non si può ancora parlare di un fenomeno di massa: a parte gli schiavi catturati in Gran Bretagna, Irlanda e Francia, i primi scandinavi cristiani erano per lo più viaggiatori e mercenari che, esposti allo splendore del cristianesimo orientale o al potere della Chiesa Cattolica, avevano deciso che la nuova fede doveva necessariamente essere valida, anche solo per i risultati culturali e politici che aveva raggiunto. Aiutò anche l’esempio della nuova religione che i monaci e gli eremiti offrivano ai pagani, curandosi dei poveri e liberando schiavi e prigionieri di guerra.

Il numero preciso di conversioni spontanee o individuali è praticamente impossibile da stabilire: quando si trattava di singoli fedeli, queste non erano naturalmente registrate. Nel caso di Re o aristocratici, invece, la famiglia intera era costretta a unirsi al battesimo, e spesso anche i soldati al servizio del nobile accettavano la fede del loro Signore. Ad ogni modo, sappiamo che buona parte della popolazione pagana era già a conoscenza dei riti e delle tradizioni cristiane ben prima di accettarle: questo era dovuto alla presenza di diplomatici provenienti da regni cristiani in tutta la Scandinavia. Colpisce invece l’ignoranza della teologia cattolica dei neo-convertiti. Di questa specie di analfabetismo dottrinale scrive Notkero il Balbuziente (840-912), monaco benedettino che – pur lodando la velocità con cui i convertiti nordici imparano i rudimenti dei sacramenti cristiani – lamenta la totale ignoranza di fondo dei dogmi della fede, arrivando a condannare come inutili e false queste conversioni.

Per quanto riguarda i sovrani, molte conversioni furono forzate in seguito a sconfitte militari. Diversi re scandinavi, testimoniano le rune, “morirono con le vesti bianche”, cioè battezzati solo in punto di morte. Altre conversioni furono presumibilmente motivate da opportunismo politico: il Re danese Knut (995-1035), è ricordato per aver fatto molto per il cristianesimo in Inghilterra, ristrutturando chiese e monasteri, e appoggiando il potere ecclesiastico. Questo atteggiamento potrebbe però esser stato incoraggiato da ambizioni ben più terrene: Knut non avrebbe mai potuto ambire nel 1016 al trono inglese se non avesse accettato di esser battezzato per potersi mostrare ai suoi sudditi come un re cristiano. Potrebbe esser stato simile il caso di Rollo (846-930), primo re di Normandia, che ottenne il ducato e una moglie da parte del sovrano di Francia Carlo III in cambio della fedeltà alla corona di Francia e del battesimo, requisito essenziale per sposare una nobile cristiana.

Il Vescovo Vilhelm incontra il Re danese Sweyn II, illustrazione da un libro di storia

Le cronache riportano anche misteriosi interventi divini: il nonno di Knut, Aroldo “Denteblu” di Danimarca (911-985), venne convertito dal prete Poppo dopo che questi si mostrò essere in grado di afferrare un ferro rovente senza provare dolore. L’episodio miracoloso convinse Aroldo e lo trasformò in un devoto cristiano, poi santificato dalla Chiesa cattolica per la sua importanza nella conversione dell’intera Danimarca.

Tra tutti questi sovrani cristianizzati, spicca l’anomala figura di Haakon Sigurdsson, jarl norvegese che si oppose all’autorità dei re cristiani danesi per guidare una sorta di revival pagano. Haakon ricevette il potere sulle terre norvegesi della corona – e il battesimo – da Denteblu. Rinunciò rapidamente alla nuova religione e, una volta in norvegia, impose, anche con la forza, la restaurazione dei templi e dell’antico culto degli dei. Le cronache di Snorri Sturluson (1179-1241) descrivono Haakon come un guerriero valoroso e favorito dagli dei: stando agli skald, i nuovi sacrifici di Haakon donarono ai norvegesi ottimo raccolto e pesca fuori dal comune. Come un sansone pagano, fu la passione per le donne a portare il condottiero alla rovina. Il concubinaggio e l’insaziabile passione di Haakon gli valsero l’odio da parte prima delle donne, e poi dell’intera popolazione. Venne ucciso da uno dei suoi stessi schiavi, e la sua morte sancì la fine della breve parentesi della restaurazione pagana in norvegia.

La morte di Olaf II ‘il Santo’, patrono di Norvegia, 1859

La condotta morale di alcuni dei re e dei condottieri vichinghi-cristiani farebbe sospettare della reale conversione di questi brutali guerrieri. In realtà sarebbe inutile dire quanto, ovviamente, il credo cristiano dovette essere “nordicizzato” per poter risultare comprensibile agli scandinavi. L’idea di esaltare certe caratteristiche della figura di Cristo in modo da rendere per i popoli neobattezzati il passaggio dal paganesimo al cristianesimo più fluido non è certamente nuova: già verso la fine del 500 d.C. era pratica comune sostituire i significati pagani e idolatri delle festività più popolari con messaggi e temi cristiani. In Scandinavia questo portò alla nascita di una sorta di cristianesimo nordico, particolarmente incentrato sulla regalità – anche terrena – di Gesù Cristo.

Lo testimoniano i diversi poemi e le rune a lui dedicate, risalenti all’undicesimo secolo (dopo, quindi, la conversione ufficiale ma durante il periodo di transizione religiosa, lungo almeno un secolo). I nordici parlano di un «potente Re di Roma», del «protettore dei greci», riferendosi appunto ai due poli più importanti della cristianità medievale. Le raffigurazioni rappresentano un Cristo vincitore, trionfante, molto diverso da quello sofferente e crocifisso più comune nell’Europa occidentale. Questo archetipo del re divino sembra peraltro essere ricorrente in tutta la mitologia nordica. Lo stesso Snorri Sturluson identifica i vecchi dei del panteon norreno con nobili re venerati e, con il passare del tempo, trasformati in leggendarie divinità. È interessante notare come alcuni degli amuleti e delle monete più recenti dell’era vichinga raffigurino sovente l’elsa del martello Mjollniir – l’arma di Thor – come una croce. Cristo che spodesta Odino dal trono di dio supremo causa, tra l’altro, non pochi strafalcioni teologici: la figura del padre e dello spirito santo, essenziali nella trinità, passano in secondo piano, quando non sono completamente assenti. Cristo diventa per i vichinghi sia il creatore del mondo che il guardiano del paradiso – esattamente i ruoli propri di Odino nella vecchia escatologia pagana.

Se alcuni aspetti della nuova religione vennero almeno inizialmente limati e adattati alla cultura nordica, altri finirono inevitabilmente col causare shock culturali che contribuirono a plasmare la società scandinava premoderna. Va scemando la pratica della schiavitù, già mal vista tra i cristiani, e infine ufficialmente abolita nel XIV secolo. Si diffonde il tabù della carne di cavallo, in tempi pagani mangiata anche durante sacrifici e rituali, ma completamente rifiutata dalla Chiesa medievale. Spariscono pratiche funebri particolarmente cruente, come quella raccontatata da Ibn Fadhlan (877-960), viaggiatore arabo che riportò dell’usanza di uccidere uno degli schiavi al momento della morte del padrone. Fadhlan scrive di aver assistito a una schiava costretta ad avere relazioni sessuali con tutti i partecipanti del funerale. La ragazza avrebbe poi sgozzato una gallina, cantato, fatto sesso con sei uomini, per essere infine uccisa e così sacrificata al suo stesso signore.

Battaglia di Stamford Bridge (1066), considerata l’ultima dell’era vichinga

La conseguenza più importante della cristianizzazione del nord europa fu però un’altra: la figura del vichingo come pericoloso pirata e guerriero pagano sparì. Anche per via della visione radicalmente diversa della guerra che la nuova fede portava (giustificata dalla Chiesa di Roma in rari casi, per scopi difensivi o di evangelizzazione, e non più necessaria per la salvezza nel Valhalla), diminuirono le incursioni dei predoni lungo le coste e le vie fluviali dell’Europa occidentale. Per le monarchie nordiche battezzate, ora più impegnate nella diplomazia che nella razzia, era inoltre considerato relativamente meno prestigioso attaccare un altro regno cristiano. In sostanza, la cristianizzazione della penisola scandinava e dello jutland rappresentò il passo fondamentale verso l’integrazione del nord europa nel sistema politico e culturale della Cristianità occidentale.

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