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La questione della legge elettorale

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Rodolfo Bevione

Legge elettorale: dove siamo e come ci siamo arrivati

Le principali leggi elettorali passate nel Parlamento italiano, con il Rosatellum ad oggi ancora in dubbio.

Tutte quelle presenti in questo elenco, assolutamente non esaustivo, sono state in qualche modo candidate a diventare la prossima legge elettorale.
Si è parlato di ritornare al Mattarellum o a una sua versione rinnovata, il cosiddetto Mattarellum 2.0. Si è parlato di votare con il Porcellum emendato dalla Corte Costituzionale – il cosiddetto “Consultellum” -, si è parlato di votare con l’Italicum, stralciato dalla Corte Costituzionale e reso comunque obsoleto dal referendum del 4 dicembre, e infine si parla oggi di votare con il Rosatellum, legge scritta nel 2014.
Dall’elenco sono stati tolti il Tedeschellum, saltato in Parlamento quando alla Camera è stato proposto di uniformare il sistema elettorale di Bolzano a quello del resto d’Italia, il Democratellum, il Provincellum e una quantità di altre, i cui meccanismi, per chi fosse interessato, si possono approfondire qui.

Tutte queste proposte sembrano dire soltanto una cosa: nonostante l’apparente calma del Presidente del Consiglio Gentiloni, la questione delle elezioni imminenti si fa sempre più pressante ai piani alti della politica. L’Italicum, infatti, è valido solo per la Camera; sperando nella vittoria al referendum del 4 dicembre, il precedente Presidente del Consiglio Renzi aveva evitato di affrontare il problema della legge elettorale da applicare al Senato, dando per scontato che questo sarebbe stato radicalmente riformato. Le cose sono andate diversamente e ora il Senato si trova con un Porcellum snaturato nella sua essenza dalla Corte Costituzionale – e diventato praticamente un proporzionale puro -, mentre la Camera è regolata dall’Italicum, che dopo l’intervento della Corte Costituzionale è stato privato del doppio turno.

Se la situazione adesso è grave, rischia presto di diventare tragica. La tradizionale ingovernabilità italiana è data da due elementi: una pletora di partitini dello zero virgola che badano ai propri interessi di bottega, e un bicameralismo perfetto che dà ancora più potere a tali partitini. A questi due elementi rischiano di aggiungersi due leggi elettorali completamente diverse, una maggioritaria e l’altra proporzionale, in due camere che idealmente avrebbero gli stessi poteri. Attualmente il Governo per far passare i propri provvedimenti sta andando a pescare i voti ora da Alfano, ora da Forza Italia e ora dall’ala sinistra; una situazione instabile che rischia di diventare ancora peggiore. Per questo motivo c’è una febbrile attività intorno alla legge elettorale: il Parlamento sa benissimo che quello che si prospetta è potenzialmente una situazione di stallo irrisolvibile. Se si andasse alle elezioni ora ne uscirebbe una situazione completamente bloccata, un organo legislativo impossibilitato persino ad approvare una nuova legge elettorale per nuove elezioni.

Gentiloni questo lo sa e ha posto la questione di fiducia sulla legge elettorale, un atto decisamente irrituale e a meno di un anno dalle elezioni. Tale mossa è stata fatta da Mussolini nel 1923 con la Legge Acerbo, nel 1953 da De Gasperi con la cosiddetta “legge Truffa” e nel 2015 da Renzi con l’Italicum. Solitamente la legge elettorale è considerata una materia di competenza più parlamentare che governativa e si evita pertanto di legare le sorti del governo alla sua votazione. Si parla di “deriva autoritaria” o di istinto di sopravvivenza. Approvare una legge elettorale è difficile già adesso che le due camere hanno – più o meno – la stessa composizione; farlo con due camere completamente differenti si prospetta come un’impresa impossibile.

Cosa prevede il Rosatellum

Il Rosatellum assegna due terzi dei seggi tramite proporzionale e un terzo tramite maggioritario – il modello anglosassone, in altre parole. La soglia di sbarramento su base nazionale è del 3% per i partiti e del 10% per le coalizioni; viene fatta eccezione per i partiti relativi a minoranze linguistiche, come l’SVP tirolese, che sarebbero altrimenti tagliati fuori da ogni rappresentanza. Non è possibile il voto disgiunto (si può votare per una delle liste, e il voto vale anche per il relativo candidato, oppure si può votare per il candidato stesso, nel qual caso il voto viene redistribuito fra le liste che lo sostengono in proporzione ai risultati ottenuti in quella circoscrizione), e ogni collegio plurinominale consente al massimo otto deputati. I singoli collegi uninominali hanno listini corti e bloccati; trattandosi di collegi abbastanza piccoli, non cozza con le indicazioni della Consulta, visto che i cittadini hanno effettivamente la possibilità di conoscere i candidati. Nella scheda elettorale vengono indicate le alleanze e le liste che sostengono un dato candidato; indicazioni che in realtà possono essere smontate immediatamente dopo il voto a causa dell’assenza del vincolo di mandato. Vale inoltre il principio dell’uguaglianza di genere: nessuno dei due sessi può avere più del 60% dei candidati di un listino bloccato, e nessuno dei due può andare oltre il 60% dei capilista dei listini di ogni partito.

E adesso cosa succede?

Certo è che il colpo di mano del governo sulla legge elettorale ha spiazzato un po’ tutti. PD, Forza Italia, centristi e Lega si sono uniti improvvisamente, e tramite la questione di fiducia il Governo ha obbligato i possibili franchi tiratori a seguire le indicazioni di partito. Quelli che sono rimasti sorpresi più di tutti sono però i grillini, che mai si sarebbero aspettati un’accelerazione di questo tipo sui lavori. Resta ora da affrontare lo scoglio del Senato, dove i numeri dell’improvvisata maggioranza sono decisamente più risicati.

«Ho provato questa mattina, intervenendo in aula, a far uscire un po’ di orgoglio e dignità dai parlamentari del PD. Missione fallita. Non ce l’hanno la dignità, sono abituati a subire gli ordini del capo-partito».

Alessandro Di Battista valuta così questa ultima sconfitta sul suo profilo Facebook. Va detto che quando il Partito Democratico ha cercato di approvare una legge elettorale assieme ai grillini questi si sono sfilati, e nel farlo si sono uniti agli ormai notissimi franchi tiratori del PD e a più di qualche forzista, il cui partito aveva accettato l’accordo. Il Tedeschellum è saltato proprio per un emendamento di FI che è stato votato e fatto passare, scompaginando tutti gli accordi necessari per portare avanti il resto della legge. Resta però abbastanza chiaro che questa nuova legge, frutto della mediazione di partiti con interessi diversissimi, non avrà davvero favoriti fra destra e sinistra; avrà soltanto il possibile effetto di ridurre il peso dei Cinque Stelle – ed è forse anche questo il motivo per cui i pentastellati sono così amareggiati. Il Rosatellum, il cui testo è consultabile qui, favorisce infatti le coalizioni e un terzo dei seggi è assegnato tramite collegi uninominali: il Movimento però non ha candidati forti da presentare e nemmeno partiti con cui coalizzarsi. Al contrario il centrodestra ha dimostrato alle amministrative che, correndo unito, riesce a raggiungere risultati notevoli. Allo stesso modo il centrosinistra, se riuscisse a catalizzare tutte le varie spinte centrifughe e unire i centristi, avrebbe la possibilità di costruire uno schieramento solido. Resta però chiaro che attualmente ci troviamo in una situazione tripolare, e se una di queste tre forze non vuole fare alleanze, l’unico modo in cui si può far nascere un governo è lasciare che le altre due si mettano d’accordo.

Volontà che sembra confermata anche dalla selezione centralizzata dei candidati: il Rosatellum impone che la scelta del candidato nel collegio uninominale sia indissolubilmente legata a quella fatta per i collegi plurinominali, poiché si sceglie un candidato e contemporaneamente una delle varie liste che lo appoggiano. Candidati che, grazie alle liste bloccate, sono scelti direttamente dalle segreterie di partito: se le cose vanno come previsto, il prossimo sarà un Parlamento molto meno riottoso e molto più controllabile di quello attuale. Se fallisce anche questo tentativo, invece, la situazione comincerà a farsi più difficile da gestire. Nessuna altra democrazia occidentale ha vissuto tante riforme del sistema elettorale quanto l’Italia, e la legislatura finisce fra quattro mesi. Il tempo per risolvere il nodo delle elezioni comincia a stringere.

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Rodolfo Bevione

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