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K-POP: alla scoperta del nuovo fenomeno mondiale

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Tommaso Basso

Erano gli anni Novanta quando in Europa e in America spopolavano le girl e boy band, capitanate dalle Spice Girls e i Backstreet Boys. Vent’anni dopo, quando si pensava che gli ultimi superstiti fossero i One Direction e le Fifth Harmony, la febbre per i gruppi pop non sembra essersi per nulla placata. Questa volta però la sorgente principale è la Corea del Sud, avida incubatrice del nuovo fenomeno chiamato K-Pop. Il K-pop (o Korean pop per esteso) sta prendendo d’assalto il mercato musicale asiatico da ormai un decennio e negli ultimi anni, grazie anche e soprattutto all’enorme vetrina fornita dalla Rete e nello specifico da YouTube, anche il resto del mondo.

Cos’è il K-Pop?

Il K-pop moderno nasce e si sviluppa durante gli anni Novanta prendendo spunto dai grandi successi d’oltreoceano e segnando un punto di svolta fondamentale per il mercato musicale coreano. È proprio durante questi anni che i pionieri del pop sudcoreano come Yang Hyun-Suk, Lee Soo-Man e Park Jin-Young fondano le loro case discografiche, rispettivamente YG Entertainment, S.M. Entertainment e JYP Entertainment. Oggi queste sono definite dagli appassionati del genere come le “Big 3, le tre principali etichette musicali che hanno prodotto le più famose canzoni dello showbiz asiatico. Dopo le prime “Idol Band” degli anni Duemila, le Big 3 sono infatti riuscite a riproporre questo modello alla fine del decennio, rimodernandone l’immagine e le sonorità fino ad arrivare al prodotto completo che abbiamo oggi.

Da sinistra: Yang Hyun-Suk, Lee Soo-Man e Park Jin-Young, CEO di YG, S.M. e JYP Entertainment

Al momento della scrittura dell’articolo sono in attività più di cento gruppi, divisi equamente tra gruppi maschili e femminili. Eppure la Corea del Sud ha solamente cinquanta milioni di abitanti.  È normale domandarsi dunque dove risieda l’appeal di questi artisti e quali siano ad esempio le differenze con i Blue o le Destiny’s Child, dato che ormai questo format non è quasi più proposto in occidente. La verità è che le differenze sono davvero poche, ma fondamentali.

In primo luogo il numero di componenti è estremamente variabile, passando dai classici quattro a tredici (avete letto bene, tredici) idol per gruppo. Non c’è comunque molto di cui sorprendersi visto che i vicini giapponesi promuovono gruppi composti da più di cento elementi.

In secondo luogo c’è una maggior specializzazione all’interno del gruppo dato che tutti i membri hanno uno specifico ruolo. I tre ruoli principali sono Vocalist, Rapper e Dancer, e ognuno di questi ruoli può essere ulteriormente suddiviso in Main, Lead e Sub a seconda delle capacità dell’idol. C’è poi il Visual, che come si può intendere è il volto del gruppo (e, generalmente, il più attraente) ed infine il maknae, il più giovane dei componenti, incaricato di portare quel tocco di frizzantissima dolcezza che tanto piace in estremo oriente. In questo modo i fan possono scegliere il loro componente preferito, detto bias, anche basandosi su questa sotto-categorizzazione oltre che ovviamente sull’aspetto fisico. Alla fine se si chiamano idol un motivo ci sarà.

I SEVENTEEN e le Cosmic Girls, entrambi composti da tredici membri.

Ma la particolarità del K-Pop, e ciò che lo rende davvero speciale, risiede nella spettacolarizzazione visiva totale della performance. La combinazione di coreografie, scenografie e costumi di scena realizzati accuratamente per ogni brano è una delle chiavi di lettura più significative del successo ormai planetario del Hallyu, letteralmente “onda coreana”. Per quanto i pezzi siano generalmente accostabili a quelli del Pop americano relativamente alla cruda produzione musicale, è impossibile non rimanere affascinati durante la visione di un video musicale o un concerto.

Infine viene data tremenda importanza alla fanbase, premiata periodicamente con eventi in cui è possibile parlare per qualche minuto con tutti i componenti del gruppo, consentendo un contatto personale con i propri beniamini. A questi si aggiungono VLOG, sessioni di streaming live e addirittura web series dedicate alla loro vita privata, cercando di creare un canale di comunicazione direttissimo tra i fan e gli idol che tenta di simulare un rapporto di sincera amicizia.

Il circuito economico del K-Pop

Vi è quindi un enorme dispendio monetario e di energie per promuovere i vari gruppi, e come ogni buon investimento non è certo fatto per beneficenza. La fidelizzazione e l’allargamento della fanbase sono fondamentali, poiché aprono le porte al vero introito per le etichette discografiche, ossia il merchandising. Ogni gruppo sufficientemente famoso ha il proprio merchandising ufficiale, dagli articoli da cancelleria ai gioielli. Accessorio fondamentale per ogni vero fan è poi il “lightstick, una torcia luminosa di colore e forma diversa da portare ai concerti per sostenere il gruppo.

Le cose assumono la forma del ricatto quando si parla della partecipazione ai programmi televisivi musicali. Molti di voi probabilmente ricorderanno Top of the Pops, andato in onda prima su Italia 1 e poi su Rai 2 durante gli anni Duemila. Attualmente in Sud Corea sono trasmessi settimanalmente sette programmi simili, esattamente uno al giorno, ognuno con le proprie classifiche e premi per gli artisti. I fan che vogliono partecipare come spettatori a uno di questi sette programmi devono solitamente passare attraverso una serie di step: o si iscrivono al fan club ufficiale del loro gruppo preferito (ovviamente a pagamento) e dimostrano di aver acquistato una copia fisica e una digitale dell’ultimo album/singolo, oppure devono sperare di essere tremendamente fortunati e piazzarsi in ultimissima fila. Anche seguire alla lettera tutti gli step, purtroppo, non sempre garantisce di finire in prima fila.

La fila fuori dagli studi della MBC per assistere a Music Core.

Esistono però anche altri metodi per avere una chance di parteciparvi. Ad esempio, alcuni negozi estraggono a sorte alcuni clienti che hanno acquistato più di una cifra prestabilita in loro prodotti. Inutile dire che molti fan spendono regolarmente più del necessario per affidarsi alla Dea bendata.

Queste non sono però le sole ragioni per cui la fidelizzazione è ossessivamente ricercata. Bisogna infatti considerare che lo showbiz in Corea è estremamente intrecciato in tutte le sue branche. Se per molti è risultato strano leggere il nome di Harry Styles sulla locandina di Dunkirk o trovare Ed Sheeran in una puntata di Game of Thrones, è invece all’ordine del giorno vedere idol recitare in film e serie TV, spesso anche con ruoli da protagonisti. Gli idol partono infatti solo inizialmente come artisti musicali, per poi diventare attori, conduttori televisivi o modelli, anche perché una discreta percentuale di loro non è oggettivamente in grado di costruire una carriera da cantante solista. Di vitale importanza sono anche le collaborazioni con i vari brand, che ingaggiano i gruppi per pubblicizzare il loro prodotto. Tutto questo in un’ottica di do ut des che giova alla popolarità di entrambe le parti.

Chi ne guadagna da tutto questo sono ovviamente le etichette discografiche. E gli idol?

Non è tutto oro quel che luccica

Che le grandi etichette lucrino sulle spalle dei loro artisti è qualcosa che sorprende ben poco. Il problema si presenta quando il processo di formazione e promozione degli stessi rasenta lo sfruttamento. È infatti prassi comune da parte delle case discografiche reclutare dei giovani potenziali idol tramite audizioni, per poi addestrarli in un periodo che va solitamente dai due ai cinque anni. Questi trainee vengono letteralmente allevati nell’incubatrice aziendale, dove si esercitano per ore e ore finita la scuola. L’agenzia li mette costantemente alla prova e in competizione tra loro, spesso anche in diretta televisiva nella forma di un “survival show”, per poi far finalmente debuttare i più meritevoli.

Il debutto non è sicuramente la linea del traguardo per gli idol, che devono affermarsi nell’ambiente prima di vedere il primo stipendio. I guadagni vengono infatti quasi totalmente trattenuti per ripagare gli anni di formazione a spese dell’agenzia. Solo gli artisti più celebri del settore riescono a portare a casa introiti sostanziosi, anche e soprattutto grazie a contratti pubblicitari con altre aziende commerciali.

Essere una celebrità porta poi molti vantaggi, ma al caro prezzo della propria privacy. Per ogni cento fan ce ne sarà sempre uno particolarmente sfegatato ed invasivo, chiamato dagli addetti ai lavori “Sasaeng fan”. Questi si comportano esattamente come farebbe uno stalker, seguendo i loro idoli con la macchina, installando microfoni nelle camere d’albergo o addirittura scrivendo un messaggio minatorio con il sangue mestruale.

Il messaggio minatorio scritto col sangue mestruale a Taecyeon, membro dei 2PM.

Non c’è da stupirsi insomma se molti idol, al termine del loro contratto, decidano di non rinnovarlo; la famosa “maledizione dei 7 anni” (in quanto i contratti hanno generalmente questa durata) che tanto fa soffrire i fans non sembra poi così insensata.

Il futuro è comunque splendente

Essere un idol è tutt’altro che semplice. La tabella di marcia giornaliera è incredibilmente piena e ripetitiva, la competizione è altissima, lo stress che ne consegue mette a repentaglio la salute fisica e mentale e si è costretti la maggior parte delle volte ad agire contro la propria volontà. Eppure in questi anni lo showbiz sta attirando sempre più giovani che sognano di diventare delle star. Questo è anche una conseguenza dell’enorme espansione ed affetto recentemente ricevuto dal K-Pop in tutto il mondo. Dopo anni di grande affermazione in territorio asiatico, la “Korean Wave” ha raggiunto le coste mondiali grazie a Gangnam Style, per anni video con più visualizzazioni su YouTube e solo recentemente scalzato dal tormentone estivo Despacito.

Il singolo di PSY del 2012 ha aperto un vero e proprio vaso di Pandora, proiettando su scala planetaria gruppi come Girls Generation, BIGBANG, 2NE1, SHINee prima e EXO, TWICE, BLACKPINK e BTS poi. Questi ultimi, a riprova del successo crescente del K-Pop, hanno vinto il “Billboard Top Social Artist Award 2017 scalzando dal trono Justin Bieber, detentore del titolo per sei anni di fila.

Anche se il Pop non fa per voi e pensate che le boy e girl band siano solo brutti ricordi di adolescenza è innegabile come l’attenzione ai dettagli e i colori sfavillanti siano un piacere per gli occhi. Chissà se, superando la barriera linguistica, anche voi verrete attratti nel turbine del K-pop.
Provare, fortunatamente, è gratis.

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Tommaso Basso

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