La fotografia industriale è quel genere fotografico la cui mira principale è solitamente di promuovere prodotti e attività aziendali. Al contrario del parere comune che tende a non riconoscere la convergenza di diverse tecniche fotografiche, è proprio in questa commistione che la fotografia industriale trova i suoi maggiori punti di forza. È ciò che potrebbe essere definito un esperanto fotografico che racchiude in sé ritrattistica, fotografia di prodotto still life e backstage, oltre che ovviamente una particolare cura del dettaglio, delle luci e soprattutto del supporto di cui ci si servirà a lavoro terminato.
Ospitiamo in Italia molti festival fotografici di diversa natura e concept, basti ricordare il Festival della Fotografia Europea di Reggio Emilia o quello della Fotografia Internazionale di Roma. Ma fino ad adesso nessun festival ha ospitato artisti che si occupano di fotografia industriale se non il Foto/Industria di Bologna.
Il progetto, che oggi giunge alla terza edizione, è la prima biennale mondiale del genere. Nasce nel 2013 in collaborazione con la fondazione bolognese MAST Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia dell’imprenditrice Isabella Seragnoli. Il direttore artistico del festival, che ha pensato a quattordici esposizioni di altrettanti fotografi in zone diverse di Bologna, è Francois Hébel, che ha spiegato che «Le ragioni per cui vengono prodotte fotografia sull’industria, la vita d’ufficio, la produzione sono di due tipologie: la prima è che le imprese spesso chiedono ai grandi fotografi di fare delle belle fotografie delle loro aziende. Poi però c’è anche il punto di vista critico, quando i fotografi, con libertà, guardano al mondo del lavoro, della produzione e del consumo e fanno dei progetti personali».
Oltre, ovviamente, a essere tutte mostre riguardanti il tema del lavoro, esse sono ulteriormente legate le une alle altre dalla scelta di un unico concept, che quest’anno è quello di identità e illusione.
Presso la sede di MUST espone il progetto Macchina&Energia Thomas Ruff. Il fotografo si è formato presso l’Accademia di Düsseldorf e è divenuto uno dei maggiori esponenti della fotografia concettuale contemporanea. Artista poliedrico, non ha un soggetto fotografico specifico o distintivo: i suoi lavori solitamente spaziano dal nudo, alla fotografia di interni e di architetture, e chiaramente alla fotografia di macchine e paesaggio industriale. A proposito della fotografia afferma «La Fotografia finge di mostrare la realtà. Con la tecnica bisogna avvicinarsi il più possibile alla realtà per poterla imitare. Quando poi ci si avvicina così tanto, nello stesso momento, ci si rende conto che non è la realtà».
Nella sede di Foto/Industria a Spazio Carbonesi sono esposte, invece, le fotografie di Mathieu Bernard-Reymond. Fondamentale nel suo lavoro è la post-produzione delle immagini. Il progetto Transform che presenta a Foto/Industria è infatti la manipolazioni di immagini scattate in centrale idroelettriche e nucleari in Francia, che assumono la forma di immagini astratte e opere concettuali stranianti. Nella presentazione però vengono mostrate le fasi di elaborazione che portano al prodotto ultimo tramite le sovrapposizioni dei vari step.
Sviluppare il Futuro, la mostra di Carlo Valsecchi per Foto/Industria, è invece in esposizione presso l’ex Ospedale dei Bastardini, vecchio orfanotrofio e luogo di assistenza delle madri nei primi mesi di vita dei figli. Le fotografie sono scattate presso la Philip Morris, tutte in modalità analogica. Eppure, nonostante la mancanza della post-produzione, ai inseriscono all’interno di uno spazio che appare alienante. Le fotografie possiedono tutte una forte esposizione e la luce bianca utilizzata nelle sale concorre ad aumentare l’idea di disorientamento e spaesamento.
Il progetto di Vincent Fournier per Foto/Industria Futuro e Passato si trova invece presso il Museo d’Arte Moderna di Bologna. Il fotografo nella sua produzione artistica in genere rappresenta finzioni utopiche e scientifiche. In questa mostra in particolare si incentra sull’intelligenza artificiale e architettura futura.
Una mostra decisamente interessante è quella d’indagine del fotografo Yukichi Watabe. La mostra Diario di un’indagine, presentata da Foto/Industria presso il Museo di Palazzo Poggi, si focalizza su casi di omicidi commessi alla fine degli anni Cinquanta in Giappone. Watabe è il primo fotografo giapponese autorizzato ad accompagnare la polizia durante le indagini. La risultante del progetto fotografico è anche la creazione di un portfolio, una documentazione effettiva della Tokyo negli anni Cinquanta.
Un altro importante nome che partecipa alle mostre di Foto/Industria è Mimmo Jodice, fotografo napoletano di fama internazionale. Ha ricevuto il Premio Feltrinelli nel 2003 e tre anni più tardi l’università di Napoli Federico II gli ha conferito una laurea in architettura honoris causa. A Bologna aveva già esposto altre volte presso la Galleria d’Arte Moderna. In questa occasione presenta il progetto Gli Anni Militanti, in cui le fotografie presentate vogliono essere una testimonianza rispetto alle lotte dei lavoratori. In questa mostra, come in altri progetti di Jodice, è fondamentale l’ambientazione a Napoli, città nella quale continua ancora a vivere e dalla quale continua a trarre stimoli creativi.
Non di minore importanza o degni di minore considerazione, i nomi di ulteriori artisti i cui lavori sono stati inseriti nel progetto tra cui Fontcuberta, Rodchenko, Myers e molti altri. Punto fondamentale da tenere in considerazione è che tutte le mostre sono gratuite e potranno essere visitate ancora fino al 19 novembre.