Come ormai avviene da anni, il 14 novembre verrà organizzata la Giornata Mondiale del Diabete: sono infatti più di cinquecento le città italiane che allestiranno spazi ad hoc in cui migliaia di volontarie e qualificate figure medico-assistenziali (coordinate dall’associazione Diabete Italia) illustreranno ai visitatori le cause e gli effetti legati al Diabete Mellito, condizione patologica inguaribile caratterizzata dalla presenza costante di elevate concentrazioni di zuccheri nel sangue; in tale evento, inoltre, verrà permesso di calcolare il rischio di sviluppare tale malattia negli anni a seguire e verranno spiegate (in maniera chiara e lineare) le modalità che permettono la gestione del Diabete Mellito. Questo avvenimento nasce come forma di sensibilizzazione e informazione dell’opinione pubblica nei confronti di questa malattia tanto presente quanto subdolamente silente: stando alle statistiche più aggiornate, in Italia la diffusione del diabete è quasi raddoppiata negli ultimi trent’anni, arrivando a interessare il 5,3% dell’intera popolazione (16,5% fra le persone di 65 anni e oltre).
Le conseguenze di questi numeri sono facilmente intuibili, in quanto da una parte (se la malattia non viene trattata) l’eccesso di zuccheri nel sangue fa sì che si assista frequentemente a complicazioni nell’anatomia e nel funzionamento di diversi organi (cuore, occhi e reni su tutti), dall’altra (se la terapia non viene adeguatamente seguita) l’abbassamento improvviso di zuccheri può portare a confusione, debolezza, danni cerebrali potenzialmente mortali. Si riduce quindi la sopravvivenza, ci si sente frequentemente ed improvvisamente spossati, si abbassa la qualità della vita; ma non c’è solo questo.
«Non mi hanno fatto entrare in discoteca e mi hanno detto ‘Stai a casa’ perché, in quanto diabetica, avevo con me nella borsa tre bustine di zucchero e un succo di frutta. Il motivo? Nel locale non si possono portare cibi e bevande. Ma quelli che avevo con me non erano né cibi né bevande, bensì i miei salvavita».
Con queste pesanti parole, la vicenda di Martina F. è balzata all’attenzione di tutte le testate giornalistiche nella scorsa settimana. Alla venticinquenne (a cui due anni prima era stata fatta diagnosi di Diabete Mellito di tipo 1) è stato negato l’ingresso al locale Old Fashion di Milano poiché aveva portato nella sua borsa cibi e bevande zuccherate, sostanze vietate in questo genere di locali (per ragioni di sicurezza) assolutamente necessari alla sua condizione. Ascoltando le varie versioni del caso (della ragazza, delle amiche, del buttafuori e del proprietario del locale) emergono diverse questioni, specchio dell’attuale percezione della società nei confronti della malattia. Parole come «no, non c’è bisogno dello zucchero se sei diabetica, hai bisogno della medicina» e «dentro potrai trovare tutto lo zucchero che vuoi» fanno capire che c’è una percezione totalmente distorta di questa condizione; con ogni probabilità ciò è il frutto di falsi luoghi comuni che ritraggono il Diabete come una sorta di allergia allo zucchero, una malattia che interessa solo soggetti obesi (quando invece i soggetti con Diabete di tipo 1 sono in genere molto magri) e che deve essere trattata solo ed unicamente con l’insulina. Cosa sarebbe potuto accadere se la ragazza si fosse sentita male prima di raggiungere il bancone del locale, o magari nel tragitto verso casa? Avrebbe avuto una crisi ipoglicemica, sarebbe probabilmente svenuta, forse nessuno avrebbe potuto soccorrerla e la perdita di conoscenza si sarebbe potuta evolvere in una sofferenza cerebrale con esiti potenzialmente fatali – ma evitabili con una bustina di zucchero, di accompagnamento alla terapia. Queste cose sono la quotidianità per un diabetico (soprattutto quelli di tipo 1), che
«ha una parte del cervello costantemente impegnata a fare il pancreas perché i dosaggi dell’insulina non entrano in gioco solo quando mangiamo, ma costantemente, visto che l’insulina è l’ormone vitale che ci permette di fare tutto quello che facciamo ogni giorno, anche dormire.
Troppa insulina vuol dire coma, poca insulina vuol dire coma, l’insulina controlla la glicemia. Glicemia fuori range per troppo tempo vuol dire complicanze brutte, degenerative o mortali.
Azzeccare le dosi giuste è una gimcana continua e una costante ipoteca sul futuro».
[Un utente del Portale Diabete].
Per ogni diabetico l’approccio con la malattia è differente, perché le persone e il loro modo di reagire sono differenti. Certo, a chi viene fatta diagnosi da piccolo paradossalmente la questione può risultare più leggera, nella misura in cui il soggetto vive la cosa con naturalezza; ma a chi, come la ragazza della notizia soprastante, la diagnosi viene fatta in età più avanzata la vita può essere totalmente stravolta. Ci si sente destabilizzati, ci si pone mille domande e si ha paura di non essere accettati come persone “normali”.
È questa ridotta conoscenza media dell’argomento, questa vera e propria ignoranza nei confronti di questa condizione che porta il pensiero comune a ragionare senza mezze misure: o sei malato o sei sano come un pesce, o sei da drammatizzare (e dunque inconsciamente ghettizzare) o sei da sminuire. Ma questa prospettiva era forse valida cento anni fa, quando il Diabete portava a morte nel giro di poco tempo; nel 2017 non è più accettabile. È necessaria una certa sensibilizzazione, poiché il versante della ricerca medica sta facendo passi da gigante ed è bene che il versante umano non sia da meno.
Ma di fatto, cosa si intende quando si parla di Diabete?
Il termine “Diabete Mellito” non riguarda una sola malattia propriamente detta, bensì un gruppo di disordini metabolici caratterizzati da iperglicemia (ovvero, innalzamento della concentrazione di glucosio sanguigna oltre i valori ritenuti fisiologicamente accettabili); tali condizioni sono croniche, progressive e inguaribili. I valori soglia di glicemia per poter definire la presenza della malattia sono oggetto di numerosi studi e continue revisioni: ad oggi si ritiene che la diagnosi di diabete si possa porre in presenza di glicemia a digiuno superiore a 126 mg/dL oppure in presenza dei segni classici di iperglicemia (di seguito illustrati) accompagnati da una glicemia casuale di almeno 200mg/dL o ancora in presenza di un valore di glicemia superiore a 200 mg/dL dopo il test della curva da carico di glucosio. Tali valori si raggiungono quando si manifesta un’alterazione nella produzione, nella secrezione o nell’attività di un ormone chiamato insulina: quest’ultimo viene prodotto e messo in circolo dal pancreas, agisce legandosi a vari recettori presenti (in modo e misura diversi) in tutti gli organi e sortisce diversi effetti, dei quali il principale è rappresentato dalla captazione e dall’immagazzinamento (nelle cellule dei sopracitati organi) del glucosio contenuto nel sangue. Seppur illustrati in maniera semplificata, si capisce bene come siano numerosi ed interconnessi i passaggi che garantiscono un adeguato funzionamento del metabolismo del glucosio; basta dunque un’alterazione importante di uno di questi eventi biochimici per scatenare la malattia diabetica con tutte le sue conseguenze. Le varie cause agenti a vari livelli definiscono quindi diverse tipologie di diabete:
• il Diabete di tipo 1 è la seconda più diffusa forma di Diabete. Esso ha generalmente una causa autoimmune, in quanto è il sistema immunitario che attacca il pancreas in corrispondenza delle regioni producenti insulina (cellule β). Tutto ciò avviene a causa di una predisposizione genetica su cui agisce verosimilmente un fattore esterno scatenante non ancora noto (l’ipotesi più probabile parla di un’infezione virale), generando un insieme di reazioni aberranti che mandano in tilt il sistema immunitario. In passato questa tipologia di Diabete veniva chiamata “Diabete del bambino”, dato che l’età d’esordio è principalmente quella infantile; tuttavia, dal momento in cui inizia la distruzione delle cellule β a quello in cui la malattia può dare manifestazione di sé possono passare anni, in quanto deve essere distrutto almeno l’80% delle suddette cellule. In genere la patologia inizia a creare problematiche cliniche entro i trent’anni, per questo la precedente definizione sia stata abbandonata. All’esordio, l’iperglicemia massiva si manifesta con aumento della diuresi, sete, aumento dell’appetito, debolezza e stanchezza, importante perdita di peso. Le complicanze si manifestano tardivamente solo se la malattia non viene trattata.
• il Diabete di tipo 2 è la forma più frequente di Diabete. Pur essendo anch’esso correlato a fattori genetici e familiari, questa forma di Diabete è estremamente influenzata da fattori ambientali e da stili di vita poco sani: difatti tale malattia si manifesta soprattutto in soggetti obesi, in chi fa ridotta attività fisica e in presenza di elevati valori di colesterolo, trigliceridi, pressione arteriosa. Diversamente dal Diabete di tipo di 1, in questa forma si assiste a una graduale ma progressiva riduzione della sensibilità delle cellule all’insulina (insulino-resistenza), a cui fa seguito un iniziale compenso basato sull’aumento di secrezione di insulina (iperinsulinemia) fino ad avere, nelle fasi tardive della malattia, riduzione della funzionalità delle cellule β (ipoinsulinemia), aumento della glicemia e dell’insulino-resistenza. La malattia si manifesta soprattutto dopo i trent’anni (anche se la crescente obesità sta facendo abbassare tale età nei paesi occidentali) e la sintomatologia iperglicemica è più sfumata, mentre le complicanze sono spesso presenti già al momento della diagnosi, in quanto quest’ultima è frequentemente tardiva.
• Il Diabete Gestazionale è invece una condizione che interessa il 4% delle donne in gravidanza e che mette a rischio la crescita del feto. È una condizione reversibile nel post-partum, ma va sottolineato che tali donne presentano un aumentato rischio di sviluppare il Diabete di tipo 2 nel corso della vita.
• Ci sono infine altre condizioni più rare, derivanti da difetti genetici delle cellule β (MODY) o secondarie ad altre affezioni sistemiche, all’utilizzo massivo di specifici farmaci o a interventi chirurgici di rimozione del pancreas.
Come già detto sopra, le malattie rientranti nello spettro del Diabete (eccezion fatta per quello gestazionale) hanno un carattere progressivo e allo stato attuale non esiste un trattamento che possa permettere una guarigione definitiva. Ciò non implica però che i diabetici non possano svolgere una vita normale e dignitosa: con un adeguato e costante controllo, molte persone affette da Diabete di tipo 1 sono sportivi, giornalisti, modelli, politici che vivono la loro quotidianità in maniera pressoché completa e regolare, così come molti diabetici di tipo 2 (se trattano precocemente la loro condizione) riescono ad avere una vita del tutto normale. A malattie diverse corrispondono ovviamente terapie diverse, seppur vi siano dei tratti comuni. È innanzitutto necessario che i diabetici si sottopongano a controlli periodici e costanti per quanto concerne l’assetto glucidico, il quadro lipidico e la concentrazione di emoglobina glicata; importante soprattutto l’automonitoraggio domiciliare della glicemia per valutare eventuali aggiustamenti della terapia insulinica (vedi sotto). Poi, la dieta e l’esercizio fisico sono due aspetti cruciali di tutto il trattamento: con questa affermazione non si intende dire che i diabetici devono seguire regimi alimentari restrittivi e fare enormi sacrifici in senso lato, in quanto la sfida che il diabete pone è quella di far crescere le proprie abitudini selezionando quelle più salutari e abbandonando gradatamente quelle che non lo sono. Per quanto riguarda invece la terapia farmacologica, il diabetico di tipo 1 deve necessariamente sopperire alla mancanza intrinseca di insulina: possono esser dunque fatte più iniezioni dell’ormone durante il giorno (generalmente prima dei pasti o comunque accompagnando la somministrazione con qualcosa di dolce per evitare indesiderate crisi ipoglicemiche, frutto di dosaggi errati) oppure, in casi specifici, l’apporto di insulina può essere continuativo attraverso un microinfusore o tramite trapianto di pancreas.
Diverso è il caso del Diabete di tipo 2, in quanto la malattia prevede varie fasi: possono essere infatti utilizzate diverse classi di farmaci che stimolano la secrezione di insulina, che ne favoriscono l’effetto periferico e che riducono l’assorbimento di glucosio; l’insulina vera e propria viene usata solo nelle fasi tardive, quando le precedenti terapie non sortiscono l’effetto sperato.
Gestire tutto questo può sembrare complicato ma, con visite mediche periodiche e (soprattutto) con la vicinanza di famiglia e persone affidabili, la vita dei diabetici risulta normalissima: basterebbe chiederlo a Theresa May, Halle Berry, Nick Jonas.
Dietro lo stereotipo c’è dunque un mondo, dietro il Diabete ci sono persone: l’invito è dunque quello di partecipare alla Giornata Mondiale del Diabete, il 14 novembre, in moltissime città italiane.
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