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I limiti della democrazia

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Rodolfo Bevione

Una premessa sulla democrazia

Il successo dell’Occidente, la sua straordinaria crescita economica e la posizione predominante che occupa nel mondo sono dovuti a un principio relativamente semplice: il singolo individuo deve essere libero. E per garantire tale libertà noi oggi utilizziamo la democrazia, essendo democrazia e libertà due principi strettamente legati, almeno nel mondo occidentale.

Non è l’unica via attraverso cui uno Stato può avere successo. In effetti molte altre nazioni riescono a prosperare pur senza garantire le nostre libertà; questa è semplicemente la strada che noi occidentali abbiamo deciso di percorrere, e ha funzionato talmente bene che parecchi altri ci hanno seguito, con più o meno decisione e più o meno successo, occidentalizzandosi lungo il percorso.

Gli stati che hanno deciso di garantire libertà ai propri cittadini. Immagine: Freedom House.

Sappiamo che una persona cui è garantito un certo grado di libertà personale può utilizzarlo per migliorare la sua condizione e portare benessere. La ricetta è relativamente semplice: un certo quantitativo di garanzie, per proteggersi da eventuali soprusi del potere e dei privati, e un margine relativamente ampio di ambiti blandamente regolamentati sono tutto ciò che serve agli individui per esprimersi e dare libero sfogo alla propria creatività. Di queste libertà garantite, quella più pericolosa per lo Stato è la libertà di parola e di espressione, perché concede effettivamente ai cittadini il potere di cambiare il sistema. In altre parole, lo Stato si fida talmente tanto dei suoi cittadini da mettersi completamente in mano a loro.

Non funziona così dappertutto

Nelle parti del mondo che hanno deciso di non cedere allo strapotere occidentale – Cina o Russia per fare qualche esempio – questo problema non si pone; la libertà di espressione è condizionata. Non è la situazione ideale per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani, soffoca potenziali buone idee dei singoli, ma risolve parecchi problemi dal punto di vista di chi si ritrova invece ad amministrare; la nazione si muove sempre grosso modo come un organismo unico, coordinata e coesa verso un solo obiettivo – quale che esso sia – che nessuno ostacola davvero.

Questo da noi non vale; da noi c’è la libertà di espressione. Il che ha i suoi innumerevoli vantaggi e anche un problema: semplicemente, l’unica difesa contro le ideologie tossiche è sperare che la maggioranza le rigetti. Questo presupposto negli ultimi settant’anni si è rivelato sufficientemente solido, ma sperare che funzioni per sempre è un po’ come affidare la propria vita alla roulette russa.
Più passa il tempo più diventa evidente un problema di fondo. Ci sono persone la cui posizione è tale per cui, semplicemente, non possono perdere: qualsiasi cosa si decida di fare o non fare contro di loro, vincono. Essi sono gli esponenti di ideologie violente e tossiche; che sia il fascismo, che sia la sinistra estrema o che sia l’Islam più radicale non importa, lasciarli liberi di parlare vuol dire esporsi a propaganda tossica e al potenziale pericolo che ne deriva. L’esempio più conosciuto in questo senso sono i classici “predicatori d’odio” che hanno spinto le forze dell’ordine a tenere d’occhio più di qualche moschea.

Eppure impedire agli esponenti di ideologie tossiche di parlare è una strategia altrettanto sbagliata: vuol dire dargli ragione quando dicono «visto? L’Occidente mi punisce per aver soltanto parlato», e, peggio ancora, il sottinteso, «mi fermano perché mi temono». Un meccanismo che scatena negli spettatori la simpatia che si riserva alle vittime di qualche ingiustizia. Questo meccanismo diventa particolarmente plateale in particolar modo parlando di leggi pensate per contrastare i radicalismi e che finiscono per colpire pure chi radicale non lo è per niente, rendendolo poi tale; una legge contro l’islamofobia, per esempio, permetterebbe di criticare l’Islam? È un prodotto umano, e come ogni prodotto umano deve poter essere criticato, ma il confine tra la critica e l’odio non è netto né univoco; muoversi al confine fra ciò che è legittimo e ciò che è odio paga, perché mette alla prova i nostri valori forzandoci a interrogarci su cosa siamo disposti ad accettare e cosa no. D’altro canto la strategia del silenziare le opinioni contrastanti è quella che ha portato alla rilevanza sempre più grande assunta dall’alt-right americana.

Ora occorre fare una discussione matura sulla democrazia

Abbiamo così tanto fatto nostro questo concetto della libertà di parola che lo consideriamo imprescindibile, ma ne parliamo talmente poco, e in termini talmente vaghi, che al vero nocciolo del discorso, a chiederci ‘come mai siamo democratici’, non ci abbiamo nemmeno mai pensato. Sappiamo che da una parte ci sono i difensori della libertà di pensiero “perché è giusto”, dall’altra quelli che mirano a silenziare gli altri “perché è giusto”. Non ci siamo mai fermati a riflettere sul fatto che la libertà d’opinione esiste per dei motivi che vanno oltre il concetto di “giusto” e “sbagliato”. E senza mai fermarci a riflettere seriamente sulla democrazia, rischiamo di perderla. L’Occidente ha accolto in seno, quando non le ha prodotte da sé, ideologie violente che non ha modo di vincere. Saranno sempre lì, in attesa che arrivi il loro momento, perché noi ora non possiamo sradicarle. Forse il loro momento non arriverà mai, forse arriverà domani. Non possiamo combatterle perché la forma mentis attuale ci impone soltanto di silenziarle o lasciarle esprimere, ma nessuno di questi metodi funziona. E fatichiamo a intraprendere questo percorso di analisi nonostante i problemi che queste ideologie violente ci pongono. L‘Islam radicale, quando non ammazza le persone, aliena i musulmani dal resto della popolazione; una frattura sociale appena meno grave. L’estrema destra si sta riorganizzando in questi mesi; Alba Dorata in Grecia pesta la gente, a Roma Forza Nuova organizza i “bangla tour”, ovvero pestaggi di bengalesi che hanno la sola sfortuna di passare da quelle parti. Siamo vulnerabili, senza difese a proteggerci dai messaggi d’odio amplificati dai social, e questo i nemici della democrazia lo hanno capito. Lo hanno capito i russi che emettono propaganda, sapendo benissimo che non possiamo fermarli senza esporci a pericoli peggiori e sapendo benissimo che se non facciamo nulla la gente penserà che abbiano ragione; una notizia smentita è una notizia data due volte, una notizia non smentita è una notizia che circola indisturbata. Lo hanno capito i fascisti nostrani, che giocano la carta del vittimismo pur essendo tutt’altro che vittime. Lo ha capito l’Islam radicale, che usa la libertà di parola occidentale per fare proseliti contro l’Occidente e colpirlo. Rischiamo di finire in balia di forze ostili alla democrazia che vogliono fare carne da porco di quel benessere, di quel successo e quei traguardi che l’Occidente ha raggiunto.

Evgenia Kouniaki, l’avvocato che ha subito l’aggressione di Alba Dorata per l’assistenza legale fornita ai migranti.

Possiamo passare tutto il giorno a comportarci come se tutto quello che stiamo passando ora fosse un momento, una fase storica che passerà presto, ma la realtà è che più passa il tempo più i nemici della democrazia imparano a conoscerla e a trovarne i punti deboli. Ora è giunto il momento di fare un discorso serio e maturo sulla libertà di parola; dobbiamo capire che questo sistema si basa sul presupposto che almeno la maggior parte degli abitanti abbia sufficiente buon senso da distinguere la propaganda velenosa, isolarla e tenere in minoranza chi la sostiene. Oppure che almeno questa maggioranza si accorga di eventuali sbagli prima che questi abbiano conseguenze troppo gravi sulla nazione. O che a questi sbagli si possa rimediare.

Ma questo presupposto non è vero e non è nemmeno probabile

È semplicemente una condizione che fino a oggi si è verificata più o meno sempre, con poche sanguinose eccezioni. Vero è che quando una certa fetta della popolazione ha una certa idea non esiste potere centrale in grado di fermarla, ma è altrettanto vero che, ora come ora, l’Occidente ha messo le ideologie tossiche in una condizione tale per cui non possono perdere, e più tardiamo a spiegare a noi stessi i motivi per cui siamo effettivamente democratici – e quindi stabilire se e quali paletti mettere alla libertà di parola -, più è facile che qualcuno riesca finalmente a fare qualche danno che non possiamo riparare.

Alcuni commenti relativi alla notizia dell’avvocato che ha subito l’aggressione di Alba Dorata (dal sito de Il Giornale); il pestaggio di attivisti politici avversari lo chiamavamo, in altri tempi, “squadrismo”.

Quello che è sicuro è che fino ad oggi siamo andati avanti a pensare che la democrazia è arrivata per restare; non è così. E non possiamo continuare a rimandare la questione e trattare gli estremisti, fascisti o islamici non importa, come se le loro fossero delle ideologie qualsiasi che possono andare bene finché non muore qualcuno. Non sono ideologie normali, e lo sappiamo. Insomma, parliamo di questa libertà di parola. Cerchiamo di capire dove vogliamo arrivare quando ci diciamo democratici o quando rifiutiamo ad alcune ideologie il diritto alla libertà di parola. Cerchiamo effettivamente di fare quello che tante nazioni estere stanno facendo; cerchiamo di agire in sintonia per tutelare questa democrazia. Possiamo prendere qualsiasi decisione, l’importante è che capiamo cosa effettivamente vogliamo proteggere, perché in questo momento gli antidemocratici stanno crescendo e se non facciamo qualcosa noi per fermarli, saranno loro a farlo a noi.

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