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Zio Paperone, 70 anni di avventure

Published by
Riccardo Angori

Tutto cominciò con un topo, amava dire Walt Disney, fondatore, assieme al fratello Roy, del Disney Brothers Cartoon Studio, conosciuta oggi come la Walt Disney Company, multinazionale attiva nel settore mediatico e dell’intrattenimento a capo, fra le tante aziende del settore acquistate negli anni, della Pixar (dal 2006), della Marvel (dal 2009) e della Lucasfilm (dal 2012). Un topo, che prese il nome di Mickey Mouse, nato in seguito al ratto da parte della Universal Pictures del primo personaggio ideato da Walt Disney, Oswald the Lucky Rabbit. Mickey esordì sul grande schermo con il celeberrimo Steamboat Willie (1928), e il resto, come si suol dire, è storia. Una storia, quella della Disney, fatta di avventure di principesse, topi e paperi, di cui il decano, Zio Paperone, ideato dalla matita del papà dei paperi, Carl Barks, ha compiuto da poco 70 anni, celebrato più che degnamente anche in Italia al Lucca Comics ormai passato. Settant’anni e non sentirli, di storie a fumetti e saghe, ravvivati sul piccolo schermo dal reboot della serie tv anni 80/90 DuckTales.

L’Uomo dei Paperi

Carl Barks

Carl Barks per creare Zio Paperone si ispirò alla figura dello zio ricco e burbero che spesso compare nella letteratura anglosassone, prendendo spunto nel nome del papero più ricco del mondo dal protagonista di A Christmas Carol Ebenezer Scrooge, battezzando lo zio di Paperino Scrooge McDuck, italianizzato da Guido Martina Paperon de’ Paperoni. Barks diede un carattere molto simile alla controparte letteraria da cui aveva preso spunto per il nome, presentandolo nella storia d’esordio Christmas on Bear Mountain (1947) come un personaggio con le basette, anziano e tirchio, dal carattere acido e misantropo, temprato da anni e anni di avventure. Personaggio che forse sempre a opera di Barks aveva visto il suo esordio sul grande schermo quattro anni prima, nel cortometraggio propagandistico commissionato dal governo americano alla Disney The Spirit of ’43, scritto da Carl Barks. Nel corto aveva fatto la sua comparsa un personaggio senza nome, ma simile nell’aspetto al futuro Zio Paperone. Il personaggio del cortometraggio si presenta come un anziano papero scozzese parsimonioso con basette e kilt d’ordinanza, che consiglia Paperino nei panni dell’uomo medio di salvaguardare i propri soldi per lo sforzo bellico e sconfiggere l’Asse. L’ipotesi che Barks abbia utilizzato nel 1947 il papero parsimonioso per farlo entrare nella famiglia dei paperi sembrerebbe fondata, vista l’evoluzione del carattere e del personaggio stesso di Zio Paperone. Lo Zione da personaggio cinico e scorbutico della storia di esordio, nato come personaggio occasionale, diventò un avventuriero che riscosse i favori del pubblico, tanto da ottenere una propria testata regolare nel 1953 dal nome Uncle Scrooge. La storia editoriale della pubblicazione è ripresa dopo tre anni di pausa nel 2015, sotto l’egida della IDW Publishing, proponendosi di portare negli USA le storie di produzione italiana pubblicate su Topolino come quelle di Romano Scarpa, Giorgio Cavazzano e Francesco Artibani, a conferma di come la scuola italiana del fumetto Disney iniziata con Guido Martina riscuota tutt’ora successo.

Zio Paperone, il più duro dei duri e il più furbo dei furbi

L’Albero genealogico della famiglia dei paperi secondo Don Rosa

Ben presto Carl Barks fa evolvere Paperone in una delle figure più popolari dell’universo dei paperi, partendo già dalla seconda storia con Zio Paperone, The Old Castle’s Secret (1948) dove il nostro, non ancora al centro dell’azione, assume un carattere che lo rende più simpatico e apprezzabile dal pubblico, ponendo le basi per un canovaccio abbastanza classico utilizzato ancora oggi nelle varie storie a fumetti e non: Paperone parte per una caccia al tesoro con i suoi nipoti al seguito, seguono serie di difficoltà da affrontare, la storia si conclude con la scoperta e il successo ottenuto grazie alla propria intelligenza/astuzia. Sempre Barks fa esordire il Deposito (1951) contenente i tre ettari cubici di denaro, nel quale Paperone sguazza facendo il bagno nelle monete, approfondisce il rapporto con i nipoti dimostrandosi sempre più affettuoso con Qui, Quo e Qua, e ricorre alla famigerata lista dei debiti di Paperino, da utilizzare come arma negoziale per arruolare il nipote nelle avventure in giro per il mondo. La storia che porta Paperone in primo piano con un ruolo attivo nella storia è The Magic Hourglass (1950), e funge da spartiacque tra le storie pubblicate finora, portando Paperone al centro dell’azione e mantenendo questa caratteristica per le storie che lo vedranno protagonista da quel momento in poi, arricchendole di vari antagonisti come la fattucchiera Amelia, la Banda Bassotti o i rivali d’affari Rockerduck e Cuordipietra Famedoro. E poteva un personaggio come Zio Paperone restare confinato negli Stati Uniti? Ovviamente no.

Zio Paperone in Italia

Zio Paperone in una vignetta della sua storia d’esordio italiana, fumettologica

Nel 1952 Zio Paperone esordisce sul numero 44 di Topolino, nella storia scritta da Guido Martina e disegnata da Rino Anzi, Topolino nella valle dell’incanto, proseguendo la storia sui numeri 45 e 46 della testata. In questa prima storia italiana Paperone possiede un castello che sparisce nel nulla, e sarà grazie all’intervento di Topolino, Paperino e Pluto che Paperone ritornerà in possesso del maniero. Nel corso delle varie storie scritte su Topolino Martina dà una propria visione di Paperone che si discosta parecchio dalla versione barksiana, facendo di lui un personaggio cinico e senza scrupoli, disposto anche a barare per raggiungere i propri obiettivi, come in Paperino al Tour (1954) in cui Paperone non si fa troppi scrupoli nel dare una pillola ideata da Archimede a Paperino per migliorare le sue doti sportive durante la Grand Boucle. Oltre a Martina si avvicendarono altri autori per scrivere e disegnare Zio Paperone, come Carlo Chendi ai testi e Luciano Bottaro ai disegni per Paperino e le onorificenze e Le miniere di Re…Paperone (1952) e Romano Scarpa che, oltre a occuparsi dei testi e dei disegni per Paperino e la leggenda dello Scozzese Volante (1957) e Paperino e la Fondazione de’ Paperoni (1958) darà una personale visione del personaggio, riportandolo sulla visione originale di Barks e creando dei personaggi strettamente legati a Paperone come Gedeone McDuck, Brigitta e Paperetta Ye Ye, quest’ultima nipote di Doretta Doremi, vecchia fiamma di Paperone ai tempi del Klondike. Romano Scarpa assieme a Giovann Battista Carpi disegnarono inoltre la saga italiana sulla famiglia dei paperi, ovvero Storia e Gloria della dinastia dei Paperi (1970), per i testi di Guido Martina.

Dalla Storia e Gloria alla Saga di Don Rosa

Don Rosa

Gli anni novanta portarono al pubblico ciò che è diventata un punto di riferimento per i cultori di Zio Paperone, ovvero la Saga di Paperon de’ Paperoni, con i testi e disegni di Don Rosa, che nel corso di poco più di un decennio, tra il 1992 e il 2006, ha creato un ciclo di storie che raccontano la storia di Paperone e delle sue avventure in giro per il mondo, in un periodo temporale ben delineato, tra il 1877 e il 1947 (anno in cui Barks diede vita allo Zio) e facendo interagire Paperone e i suoi familiari con personaggi storici realmente esistiti, come il 26° presidente degli Stati Uniti Theodore Roosevelt, lo storico capo degli Apache Geronimo e lo scrittore Jack London. La saga approfondisce il personaggio di Paperone in tutti gli aspetti, un self-made man in cerca del successo come forma di riscatto dalla vita a Glasgow di miseria e povertà, svelandone i sentimenti più profondi che animano il suo essere e sfidando i canoni classici delle storie Disney come quelli sull’amore e sulla morte, dando una maturità alla saga che fa di essa un vero e proprio capolavoro della letteratura, frutto di un lungo lavoro di ricerca e documentazione sulle opere di Carl Barks, di cui Don Rosa è l’erede artistico. Commissionata dall’editrice danese Egmont, è composta da 212 tavole (spin-off esclusi), disegnate in due anni e curate fin nei minimi particolari, raccontando, oltre alla storia di Paperone, una ricostruzione storica fedele dell’America tra il 1877 e il 1947, regalando una riflessione ampia sul valore della persona o del papero che dir si voglia, e del prezzo da pagare per vincere sulla vita che, nel corso della saga, offrirà sfide su sfide che Paperone vincerà, isolandosi nel mentre sempre più dal resto del mondo. L’opera è conosciuta e tradotta in tutto il mondo, e nel 1995 è stata premiata con l’Oscar dei fumetti, l’Eisner Award.

L’incontro tra i nipoti e Zio Paperone, raccontato nella saga di Don Rosa, traendo ispirazione dalla storia di esordio di Barks

Il Papero più ricco del mondo e la TV

Il nuovo logo della serie tv DuckTales, wikipedia.

Paperone a differenza di Topolino e Paperino non ha avuto molte trasposizioni sul grande schermo. A vent’anni dall’esordio a fumetti uscì il cortometraggio Scrooge McDuck and Money (1967), in cui Zio Paperone spiega a Qui, Quo e Qua le nozioni base della finanza e dell’economia, dal baratto all’inflazione. In seguito arrivò il cortometraggio ispirato al Canto di Natale di Charles Dickens, in cui Paperone interpreta il ruolo da cui ha preso il nome in inglese, ovvero quello di Scrooge in Mickey’s Christmas Carol (1983), per poi avere, dal 1987 al 1990 una serie tv in cento episodi intitolata DuckTales, a cui è seguita nel 2017 il reboot che riprende il nome, i personaggi e lo spirito della serie originale, prendendo come ispirazione per le varie trame degli episodi le storie di Carl Barks e di Don Rosa. Due degli autori formidabili che hanno regalato al mondo alcune delle più belle avventure del Papero più ricco del mondo, che, al pari di tanti classici della letteratura o della cinematografia, possono essere di ispirazione per affrontare le varie avversità della vita, affidandosi all’ispirazione e all’ambizione, e far sì che siano roventi per riuscire nei propri sogni.

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