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Quegli scrittori che il Nobel lo meritavano

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Bianca Coluccio

Quando Alfred Nobel morì, nel 1896, lasciò un testamento in cui dichiarava di voler adoperare tutto il suo patrimonio per l’istituzione di un premio a lui intitolato. In realtà la sua fu una concessione quasi ex voto: la decisione avvenne dopo che un giornale francese aveva pubblicato per errore il suo necrologio, definendolo come un mercante di morte arricchitosi scoprendo come uccidere il maggior numero di persone nel minor tempo. Dunque, alla base dell’istituzione del Premio, c’è in realtà la sua preoccupazione per il modo in cui sarebbe stato ricordato una volta – realmente – morto.
Nel testamento, Nobel non solo espresse la volontà di devolvere il suo patrimonio alle cinque migliori personalità che si fossero distinte nei settori di fisica, chimica, medicina, letteratura e a chi si fosse prodigato per la fratellanza tra le nazioni, ma si premurò anche di dare istruzioni precise circa l’assegnazione della somma indicando inoltre gli organi e le istituzioni cui spetta il compito di commissione.

Per ciò che riguarda il premio Nobel per la letteratura, l’assegnazione spetta all’Accademia di Stoccolma che ogni anno riceve le preferenze da istituzioni e varie influenti personalità che hanno precedentemente ricevuto l’invito a esprimersi a riguardo. Di quei settecento si opera un’estrema scrematura fino a raggiungere cinque sole nomine che vengono poi mandate all’Accademia. Alfred Nobel lasciò indicazioni anche rispetto al criterio di selezione da adoperare, indicando nel testamento che venisse consegnato «[…]a chi, nell’ambito della letteratura, abbia prodotto il lavoro di tendenza idealistica più notevole».
Sarà forse in virtù di questa definizione di vincitore del Nobel che molti di noi sono quasi sicuri che personalità quali Joyce, Tolstoj o Moravia abbiano conseguito il premio, anche se in realtà non lo hanno mai vinto?

James Joyce.

Joyce è stato senza dubbio lo scrittore irlandese più influente, ma nel periodo che intercorse tra la pubblicazione dei suoi scritti e il riconoscimento del suo valore passò troppo tempo. Negli Stati Uniti la pubblicazione del celebre romanzo Ulisse, terminato nel 1918, fu vietata fino agli anni Trenta, alcuni sostengono per l’episodio di Nausicaa, in cui il protagonista Leopold Bloom si masturba guardando Gerty MacDowell mentre questa discorre di amore, matrimonio e femminilità. Virginia Woolf si rifiuterà di pubblicarlo con la casa editrice che aveva con suo marito, definendolo terribilmente noioso.
Anche a Moravia il Nobel fu probabilmente rifiutato in virtù di certe pagine a carica eccessivamente erotica, così come Nabokov. Naturalmente il suo Lolita venne da principio ritenuto un romanzo immorale: impiegò circa vent’anni per la pubblicazione e arrivò nelle libreria francesi solo negli anni Cinquanta. Nonostante la candidatura nel 1974, il premio venne assegnato agli svedesi Eyvind Johnson ed Harry Martinson.

Copertina di Lolita di Nabokov, edizione Adelphi.

Non riuscì a ricevere il Nobel neppure Tolstoj, sebbene fosse stato candidato dal 1902 al 1906. La motivazione addotta alla decisione di non riconoscere allo scrittore questo riconoscimento è paradossalmente il tratto distintivo dello scrittore stesso: il tentativo di rappresentare al meglio la verità. Venne perciò bollato come nemico dello stato oltre che della chiesa e i suoi romanzi riscossero innumerevoli critiche, una per tutte quella ad Anna Karenina che, dopo la sua prima pubblicazione, venne definito come un semplice racconto sulle frivolezze della classe nobiliare.

Lev Tolstoj.

Nemmeno lo scrittore argentino Jorge Luis Borges ha vinto il premio, e ci sono due possibili motivi: il primo riguarda l’aver appoggiato il generale Pinochet mentre il secondo, più curioso, è una storia secondo la quale Borges, in realtà, non esiste. Nell’agosto del 1981 la rivista francese Le Monde, nella sezione dedicata ai libri, esce con l’articolo Borges Fiction all’interno del quale si affermava che in realtà lo scrittore fosse solamente una finzione di un gruppo di scrittori tra i quali Adolfo Bioy Casares. L’uomo vecchio e cieco che si poggia al bastone, che tutti siamo abituati a identificare come Borges, sarebbe stato nient’altro che un attore ingaggiato per recitare il ruolo. Leonardo Sciascia commentò così: «La notizia dell’inesistenza di Borges è una invenzione che sta nell’ordine delle invenzioni di Borges, un portato e un complemento dell’universo borgesiano, il punto e la saldatura della circolarità borgesiana, del sistema. E a qualcuno potrebbe anche venire il sospetto che l’invenzione dell’inesistenza di Borges possa avere avuto come autore lo stesso Borges: una specie di scorciatoia da lui escogitata per raggiungere in anticipo l’inesistenza».

Jorge Luis Borges.

Alcuni fra quelli che si crede abbiano ricevuto il Nobel lo hanno in realtà semplicemente rifiutato. Questo è il caso di Jean Paul Sartre, che in quel periodo era un intellettuale estremamente discusso e influente: aveva inizialmente sostenuto la Rivoluzione Cubana e quella anticolonialista algerina, aveva dato il suo appoggio al partito comunista francese e  insieme a Simone de Beauvoir aveva fondato la rivista Tempi Moderni. Nell’ottobre del 1964, il giorno successivo all’assegnazione del premio, Sartre confermò alla stampa svedese la scelta di non accettare il Nobel. La decisione di rifiutare il riconoscimento venne giustificata con la volontà di non diventare un’istituzione «anche se questo avviene nelle forme più onorevoli, come in questo caso», stessa motivazione per la quale l’intellettuale aveva rifiutato anche la Legione d’Onore.

Nel 1958 il premio venne declinato anche dallo scrittore russo Boris Pasternak che si era guadagnato la candidatura con Il dottor Zivago, suo unico romanzo. A causa delle pressioni e dell’ostilità del KGB, che non solo minacciava l’espulsione dalla Russia ma anche la confisca delle sue proprietà, fu costretto a rifiutare.

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Bianca Coluccio

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