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Antiterrorismo: il Regno Unito verso un nuovo corso

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Carlo Paganessi

Tra le notizie recenti di maggior interesse si annovera l’azione dei servizi di antiterrorismo britannici che sono riusciti a sventare un complotto finalizzato all’assassinio del primo ministro Teresa May perpetrato da affiliati a gruppi terroristi. In particolare, i due principali arrestati e “proprietari” dei volti finiti sulle prime pagine di tutti i principali media inglesi sono il ventenne Naa’imur Zakaryah Rahman e il ventunenne Mohammed Aqib Imran, rispettivamente abitanti di Londra e di Birmingham. Entrambi sono comparsi di fronte al giudice presso la corte di Westminster nella giornata di mercoledì 6 dicembre e sono poi rimasti in custodia per impedire la loro fuga, da un lato, e consentire un sereno prosieguo delle indagini.

Nella conferenza stampa congiunta di Scotland Yard e MI5, questi ultimi hanno annunciato di aver sventato almeno nove attentati nell’ultimo anno. Sfortunatamente cinque attacchi sono andati a segno: il 22 marzo vi fu l’attacco presso Westminster Bridge con Khalid Masood che investì una folla di pedoni per poi scendere e iniziare a sferrare fendenti con un coltello, uccidendo un agente della Met (il bilancio totale fu di 4 morti e 22 feriti). Altro attacco si dovette registrare oltre un mese dopo: il 3 maggio un cittadino britannico di origini libiche, Salman Abedi, si fece esplodere con una bomba a frammentazione a Manchester, al termine del concerto di Ariana Grande presso la Manchester Arena (il bilancio totale fu di 22 morti e oltre 250 feriti).

Cordonamento delle vetture della polizia di MAnchester in occasione dell’attentato al concerto di Ariana Grande. Reuters

Meno di due settimane dopo, il 3 giugno, avvenne l’attacco combinato presso il ponte di Londra e il Borough Market: gli attentatori corsero con un furgone attraverso la folla per poi dirigersi verso il mercato dove scesero ad accoltellare i passanti (il bilancio totale fu di 8 morti e 50 feriti). Sempre a giugno, più precisamente il 19, il gallese Darren Osborne investì un gruppo di fedeli uscenti dalla moschea per la preghiera del venerdì provocando 11 feriti e un morto. Il 15 settembre una bomba improvvisata esplose su un treno suburbano alla stazione di Parsons Green, provocando ustioni su diversi passeggeri che si trovavano vicino all’ordigno. In questa occasione, il livello di allerta del governo (che disciplina le attività degli apparati militari e d’intelligence del Regno Unito) venne alzato a Critical (il massimo livello) dopo essere stato a Severe per diversi mesi.

Questa sequela di attentati ha svelato l’impreparazione, in alcuni casi, del servizio di controspionaggio inglese e della scarsa capacità di dialogare con le altre agenzie omologhe del resto dell’Unione Europea: tali informazioni avrebbero, probabilmente, fornito un timing più adatto per l’arresto. Abedi, a titolo di esempio, era già presente nei database dell’MI5 ed era già segnalato come un soggetto pericoloso: ciò che ha fermato i servizi britannici dall’arrestarlo è stata la mancanza di prove da un lato, e le procedure interne che hanno portato a sottovalutare la minaccia dall’altro. In altri casi (fortunatamente, la maggioranza) i servizi sono stati in grado di fermare in anticipo l’attentato.

David Anderson, Consigliere della Regina chiamato a rivedere le procedure interne del MI5. BBC

A seguito del buco clamoroso operato dall’agenzia, David Anderson QC (che sta per Queen’s Counsel ovvero Consigliere della Regina) venne chiamato a rivedere sia le procedure che avevano portato alle conclusioni (evidentemente errate) dei giorni precedenti all’attacco di Manchester, che le conclusioni stesse. L’indagine del pubblico magistrato è terminata a novembre, e il 5 dicembre è stato pubblicato un rapporto di 66 pagine contenente raccomandazioni e valutazioni sull’operato dell’agenzia.

La prima parte delle sue conclusioni riguarda la natura delle domande poste sia agli SOI (Subject of Interest) prima degli attacchi, che agli arrestati in seguito e, considerati i contesti, queste sono state trovate tutto sommato appropriate. Le maggiori critiche in tale ambito si sono mosse sulla natura delle risposte riportate, ovvero dell’appropriatezza delle conclusioni: un soggetto come Abedi su cui erano già state condotte due investigazioni non doveva essere lasciato in libertà o comunque doveva essere seguito in modo più scrupoloso.

Anderson è poi andato avanti con quattro considerazioni fondamentali sulla natura del lavoro d’intelligence e su come questo si sviluppa: in primo luogo tale tipo di attività non è mai perfetta. Le delazioni, provengano esse da cittadini, agenti di polizia, amici, membri dell’establishment, sono certamente un elemento importante, ma dall’altro lato bisogna considerare che il Regno Unito (come tutte le democrazie occidentali) tiene in grande considerazione la libertà personale, e (giustamente) le soglie legislative necessarie per poter implementare azioni sotto copertura o lesive di tale libertà sono molto alte. Questo limita notevolmente l’attività delle agenzie antiterrorismo: un’informazione può aiutare nel raggiungere quelle soglie di punibilità, ma può anche avere l’effetto contrario specie se la fonte non è particolarmente affidabile.

Il secondo enunciato riguarda l’impossibilità di coprire ogni obiettivo sensibile: dal momento che quello britannico non è uno stato di polizia né gli si avvicina minimamente, un attentatore determinato può trovare il modo di colpire ovunque usando mezzi semplici, quali coltelli e furgoni. Dato il budget, le risorse e le limitazioni che influenzano il lavoro dell’antiterrorismo inglese, nessuno è in grado di affermare che i terroristi verranno sempre fermati: pertanto è necessario agire a monte, con una maggiore inclusione dei soggetti a rischio e una prevenzione di tipo sociale. Considerando tale eventualità, lo stesso ragionamento va applicato anche ad altre realtà come quella del crimine organizzato, dove il discorso sociale si lega anche a uno di tipo economico e legislativo.

Il consigliere si è soffermato anche sulla necessità di non perdere la speranza, puntualizzando come, dopo il pregevole lavoro delle agenzie antiterrorismo, gran parte degli attacchi vengano sventati. Alla distruzione del complotto volto a finalizzare l’attentato, poi, segue la condanna e l’imprigionamento con una regolarità assoluta. Secondo l’esperienza di Anderson, negli ultimi venti attacchi sventati per cui è stata chiesta la sua revisione interna di documenti e procedure, sei si sono conclusi con l’ergastolo, mentre i restanti vedono i loro processi in via di conclusione con esito analogo. Per quanto concerne gli attentati andati a segno, almeno nei casi di Manchester e Finsbury Park, sia la polizia che l’antiterrorismo non erano completamente all’oscuro degli elementi che componevano il complotto, per cui l’errore si sposta dal mancato reperimento delle informazioni all’errata valutazione delle stesse. Practice makes perfect, sebbene la natura di questo tipo di lavoro non ammetta errori o seconde possibilità.

Ultima e più importante raccomandazione uscita dal report del magistrato riguarda la natura dell’implementazione dei miglioramenti suggeriti: è necessario prendere coscienza del fatto che ogni minima modifica può avere un’impatto rivoluzionario sulla natura del lavoro delle agenzie antiterrorismo. L’attività di queste ultime basa il proprio successo o il proprio fallimento su margini davvero molto ridotti, quindi le modifiche hanno un altrettanto ridotto margine d’applicazione. In altre parole, l’MI5 e la polizia potrebbero non essere in grado di fermare ogni attacco, ma con un continuo miglioramento basato sull’esperienza e sull’osservazione dei fatti entrambi gli enti vedranno rafforzate le proprie capacità.

Poliziotti della Met schierati nei pressi del ponte di Londra dopo un attentato. Reuters

Le attività antiterrorismo nel Regno Unito vengono svolte da diverse agenzie, la più importante delle quali è l’MI5, un acronimo che sta per Military Intelligence, Section 5 e rappresenta l’agenzia di informazioni interna. Costituisce una delle branche principali dell’intero apparato d’intelligence britannico insieme all’MI6 (spionaggio estero), al GCHQ (Government Communication Headquarters, che gestisce il recupero di SIGINT, quindi intercettazioni e decrittazioni di segnali, con la propria sede a Cheltenham presso la caratteristica Doughnut) e alla Defence Intelligence (servizio informazioni del Ministero della Difesa). L’MI5 è meglio conosciuto a livello informale come Box 500 che era l’indirizzo della sua casella postale (PO Box) in tempo di guerra.

Le conclusioni del rapporto dicono come senza ombra di dubbio l’intelligence del Regno Unito goda di ottima salute rispetto agli standard europei, ma il problema sta a monte: attraverso l’inclusione delle frange più a rischio della società si raggiunge l’esclusione di determinate ideologie che i soggetti obiettivo dei reclutatori adottano pur di percepirsi come parte di qualcosa. Tale soluzione è solo una tra molte e altre ancora vanno implementate “a valle” del processo (quindi nel contrasto diretto del terrorismo) in quanto il fenomeno evolve in modo perpetuo, e per tenere il passo è necessario un miglioramento continuo dei metodi di contrasto e della legislazione.

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Carlo Paganessi

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