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Last Day of June: ineluttabilità del destino

Published by
Michele Longobardi

I videogiochi indie, nonostante molte volte presentino un gameplay basico e dalle meccaniche ricorrenti, riescono a tirare fuori il meglio sul piano narrativo, offrendo ai giocatori una storia fuori dal comune per la sensibilità con cui viene raccontata e per il coinvolgimento emotivo che crea e mantiene anche dopo i titoli di coda. Questo si può urlare a gran voce quando si parla di Last Day of June.

Cosa saresti disposto a fare per amore? A questa domanda vuole dare risposta Last Day of June, videogioco dell’italiana Ovosonico, seguendo le vicissitudini di Carl e June, i due protagonisti, che vediamo fin dalla prima scena felici e innamorati. Si abbracciano sul bordo di un porticciolo, lui le regala un fiore che lei mette tra i capelli. È tutto incantevole e il tramonto non fa altro che sottolineare la bellezza del momento.

Poi arriva la tempesta, una corsa per raggiungere l’auto, lui si mette alla guida, succede tutto così in fretta. Lo schianto. Lui si risveglia dal suo incubo seduto su una sedia a rotelle, regalo del destino che quel giorno gli ha tolto June, gli ha strappato l’amore della sua vita. Il titolo indie ci mostra tutto questo in pochissimi minuti senza neanche darci il tempo di riprenderci. Al giocatore viene messa davanti la verità, fin dai primi istanti: la vita ti colpisce duramente, dove fa più male e tu non puoi farci nulla.

June e Carl sono una coppia perfetta, ma per il destino forse non era così.

Last Day of June: un loop doloroso

Tutto sembra essere svanito in un secondo, in un lampo. Il destino è davvero ineluttabile? Non possiamo in nessun modo influenzarlo o tornare indietro sui nostri passi per riprenderci quello che ci è stato tolto? Carl vuole farlo e scopre un modo per riuscirci, perché l’amore che prova per June gli mostra un sentiero da seguire. Il protagonista di Last Day of June si rende conto di poter tornare indietro nel tempo, fino al giorno dell’incidente per riviverlo e così, forse, cambiare le cose, interagendo con i quadri dipinti dalla sua amata che sono ancora lì, nella loro vecchia casa.

I dipinti diventano delle specie di macchine tempo che costringono il giocatore a interagire con i personaggi presenti durante l’incidente e che, in un modo o nell’altro, lo hanno provocato in maniera del tutto casuale. Lo scopo del gioco è trovare la combinazione giusta per impedire la dipartita di June. Ad esempio, un bambino monello potrebbe aver causato l’incidente mettendosi al centro della strada per recuperare il pallone. Convincerlo a giocare con l’aquilone piuttosto che a palla cambierà il destino.

Il bambino è uno dei personaggi chiave della vicenda.

Ovviamente questo non basta. Ci sono altri personaggi in gioco e tutti nel loro piccolo possono aver avuto un ruolo nel grande disegno del destino. Per recuperare l’aquilone da un albero, il pargolo potrebbe aver avuto bisogno di una corda, la stessa corda con cui la vicina di casa di Carl e June avrebbe dovuto legare i pacchi appoggiati alla meno peggio sulla sua auto per poi accingersi al trasloco. A quel punto, non sarà più la distrazione del bambino a causare l’incidente, ma la noncuranza nel proteggere gli scatoloni dell’altro personaggio.

Una serie di concause, dunque, che messe insieme danno forma al fattaccio. Ci sono anche un cacciatore un po’ burbero e un anziano signore tra i personaggi del gioco. Non possiamo certo definirli secondari vista la loro importanza. Avere quattro personaggi impegnati nella vicenda significa che le combinazioni da provare possono essere tante e questo porebbe significare rivivere più e più volte l’ultimo giorno di June.

Qui ritorniamo alla domanda iniziale. Cosa saresti disposto a fare per amore? Carl è disposto a soffrire altre cento, mille volte. Ogni volta che interagiremo con un quadro, ritorneremo a quel maledetto giorno. Carl avrà davanti agli occhi costantemente la morte di June, la vivrà decine di volte in un’escalation masochistica, ma necessaria perché per lasciare tutto quello che si era costruito ci vuole molto più coraggio. A Carl non interessa guardare negli occhi il terribile destino che ha deciso di abbattersi sul suo amore come una mannaia.

La migliore amica di Carl e June.

La sua voglia di cambiare le cose è più forte, Carl ha deciso di dire al destino «decido io!» Last Day of June diventa una battaglia personale, una lotta impari tra un uomo innamorato e arrabbiato con la sua triste sorte e un’entità astratta. La cosa diventa ancora più frustrante proprio in virtù del fatto che il rancore di Carl non trova un bersaglio materiale, ma è obbligato a scagliarsi contro una presenza aleatoria. Chi ha deciso che lui dovesse finire in sedia a rotelle e che June dovesse morire? Fato, Destino, Dio… Parole che significano forse la stessa cosa, ma che a conti fatti non significano davvero nulla.

L’esito è scontato. Nonostante questo ripetersi estenuante e comunque speranzoso degli accadimenti, Carl non riesce mai a raggiungere il suo obiettivo. L’ultimo giorno di June rimane tale sempre e comunque, non esiste combinazione che faccia scacco matto al destino. Allora perché a Carl è stata data la possibilità di tornare indietro? Il destino, non pago, ha deciso di giocare con lui? Oltre al danno anche la beffa?

A Carl non resta che l’ultima carta: il sacrificio. Il destino vuole qualcuno con sé? Allora avrà proprio Carl e dovrà lasciare andare June. Le scene finali del titolo Ovosonico (che non trattiamo nello specifico per non fare spoiler a coloro che non hanno ancora giocato e finito il videogioco) lasciano un amaro in bocca come poche altre volte è successo nella storia dei videogiochi. La software house italiana non ha scelto una strada facile, ne ha presa una in salita che non porta al consueto lieto fine. Per non raccontare le solite favole su quanto sia bello il mondo e sull’amore che vince su tutto ci vuole coraggio. Ovosonico l’ha avuto ed è per questo che ha creato uno dei giochi più belli degli ultimi anni.

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Michele Longobardi

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