Riassumere cosa sia Spellforce partendo dalle sue radici è un’impresa titanica. Il viaggio comincia nel 2003, con Spellforce: The Order of Dawn, sviluppato da Phenomic, che ci accompagnerà assieme al suo publisher, JoWooD Productions, attraverso cinque diversi capitoli tra giochi ed espansioni. Partendo dal presupposto base che all’epoca fossimo nel periodo d’oro, in cui quasi ogni espansione inevitabilmente si ritrovava a essere al livello del suo capitolo principale, sarebbe appropriato citare singolarmente ogni singola uscita. Noi tuttavia non abbiamo tempo da perdere e abbandoniamo sia publisher che sviluppatore al loro decisamente poco roseo destino. Siamo dunque nel 2007, è appena stata pubblicata la seconda espansione di Spellforce 2: Dragon Storm. Phenomic andrà avanti con altri due videogiochi, per poi concludere la sua esistenza nel 2012 con il capitolo di Command & Conquer: Tiberium Alliances. EA infatti, dopo sette anni dall’acquisizione, chiuderà lo studio un anno dopo.
Al publisher e ai diritti di Spellforce non si prospettava un destino molto migliore. JoWood era infatti nel pieno del periodo successivo all’uscita di Gothic 3. Tralasciando quindi il collection pack del primo Spellforce a fine 2007, nient’altro della serie vedrà più la luce sotto questo publisher. Finalmente nel 2011 succede qualcosa di buono per Spellforce: JoWood va infatti in bancarotta. Ecco che entra quindi in campo Nordic Games, ora THQ Nordic per i più colti, acquisendone tutti i diritti. Dimostrando di voler proseguire i progetti delle case acquisite, nel 2012 Nordic Games rilascia Spellforce 2: Faith in Destiny, già in sviluppo da parte di Trine Games da ben tre anni. La parentesi di Spellforce 2 si chiuderà quindi nel 2014 con il capitolo successivo, Demons of the Past, sviluppato da Mind over Matter. Parliamo di uno degli Spellforce più criticati di sempre.
Arriviamo quindi al 2017, e come un’altra celebre saga uscita in questo periodo, all’ottavo capitolo. Spellforce 3 ha ricevuto a oggi un caldo benvenuto, sia tra i fan della saga che tra i nuovi arrivati. Questo non a torto: il culmine della serie Spellforce è infatti un gioco godibile che non si discosta eccessivamente dai suoi canoni, migliorando in maniera molto importante quasi tutti gli aspetti di contorno. La casa di sviluppo, Grimlore Games, è stata infatti fondata ad hoc da THQ Nordic per lavorare su Spellforce 3 e si sta dimostrando eccezionalmente attenta nel prendersene cura. L’eredità dell’intera serie, per quanto non importante e gravosa come altri titoli iconici, è comunque un pesante fardello da portare, e Demons of the Past è sempre lì a ricordarcene. Bisogna quindi dare atto della prova d’amore di THQ Nordic menzionando come Grimlore si stia dando da fare, arrivando quasi ad aggiornamenti giornalieri.
Aggiornamenti giornalieri diventano però le parole chiave. Prima di sviscerare veramente cosa sia Spellforce 3 in maniera approfondita, immaginatevi di essere appena tornati a casa, di notare un nuovo gioco sulla vostra piattaforma di acquisti preferita, di comprarlo sulla fiducia e provarlo. Il gioco vi piace, i comandi sono un po’ macchinosi, ma sostanzialmente vi soddisfa. Lo aprite il giorno dopo, e trovate un aggiornamento, aggiornamento che vi impedisce di giocare per due ore perché il gioco non si avvia. Il giorno dopo trovate un altro aggiornamento, e vi si corrompono le ultime 5-10 ore di salvataggi. Il giorno successivo esce un ulteriore aggiornamento, che vi impedisce di ripartire dalla mappa che avete lasciato a metà perché modificava proprio quest’ultima. Il quarto giorno esce un altro aggiornamento, che non fa nulla dei precedenti, ma ora trovate un bug che vi blocca.
A che scopo quindi, direte voi, lanciarsi in una iperbole, ma nemmeno troppo eccessiva, del genere? Presto detto: per sottolineare quanto giocare a Spellforce 3 allo stato attuale sia un’esperienza che alterni estreme soddisfazioni ed estreme frustrazioni. Il gioco presenta decine e decine di problemi tecnici non insuperabili, che vanno a ledere però in maniera decisiva il godimento di un prodotto ideato in maniera sapiente. Ritrovarsi quindi a chiedere se il gioco valga realmente la candela, o il tempo e il danaro, non ha una risposta scontata, e allo stadio attuale rimane alla meglio un azzardo: questo genere di esperienze infatti potrebbero o non potrebbero presentarsi. Ai giorni nostri, ma anche in passato, rilasciare giochi non esattamente pronti è oramai una prassi, così come le correzioni sono immediate. Questo può tuttavia arrivare come in questo caso a costringere a impantanarsi in ore di fix improvvisati e l’esperienza ne risente.
Domanda lecita: Spellforce è da sempre un RTS misto a RPG. Questo significa tutto e niente, ma probabilmente menzionare il fatto che molti chiamino questo gioco un “doppio plagio” potrebbe permetterci di capire meglio. Spellforce ha infatti preso le caratteristiche dei migliori giochi di entrambi i generi e le ha mescolate in una maniera incredibile. Incominciamo infatti la nostra eventuale campagna con un editor di personaggi, dove possiamo come sempre creare il nostro avatar che ci accompagnerà nella nostra avventura. Potremo equipaggiare questo personaggio, deciderne le statistiche, comporre una squadra di eroi, come in ogni qualsiasi RPG isometrico del genere. Pensate più o meno a qualcosa come Neverwinter Nights o Baldur’s Gate. A queste parti si alterneranno combattimenti in tempo reale in una mappa strategica a settori, in una maniera non troppo dissimile da quanto già vediamo in giochi come Company of Heroes. Ciò che distingue Spellforce non è quindi l’innovazione.
Cosa rende quindi la serie di Spellforce qualcosa di unico? La miscela delle meccaniche permette al gioco di non diventare mai noioso. L’alternanza tra gli stili di gioco permette infatti di non sentirsi quasi mai come se si stesse ripetendo meccanicamente la stessa identica cosa, consentendo al tempo stesso al gioco di essere sinergico nelle sue componenti. Dedicarsi in maniera prolungata all’esplorazione ed equipaggiare in maniera sensata i propri eroi renderà le parti strategiche molto più semplici, ed essere minuziosi in modalità RTS permetterà conseguentemente di vestire meglio i propri eroi. Bisogna però far notare una cosa abbastanza importante di questo ibrido: per la sua creazione si son dovuti fare sacrifici. Osservando infatti l’interfaccia grafica o alcuni dettagli delle mappe, ci rendiamo conto di come questi generi siano difficili da coniugare. Il risultato finale, per quanto discutibile, è sicuramente godibile.
La parte RPG è sicuramente quella che soffre di più in questa unione chiamata Spellforce. Il sistema delle statistiche e degli equipaggiamenti è assolutamente standard ma non per questo poco profondo, e unito al sistema degli artefatti leggendari e all’esplorazione offre svariate ore di gioco. La vera nota dolente in tutto il reparto RPG di Spellforce è rappresentata dalle abilità. Il sistema Click&Fight dei primi capitoli viene sostituito per la poca intuitività, ma la coesistenza della parte RTS con quella RPG rende la gestione dei comandi tortuosa. Se negli RPG infatti conta molto il numero di abilità e incantesimi, usati in maniera tattica, negli RTS la velocità fa da padrona. Riuscire ad adattare entrambi le parti a vivere in simbiosi è un progetto impossibile. I sistemi implementati per sopperire sono incredibilmente carenti e praticamente limitano a tre il numero di abilità per personaggio, e persino rallentare il tempo è poco pratico e decisamente poco chiaro.
Per quanto riguarda invece la parte RTS di Spellforce 3, siamo di fronte ad un’implementazione discreta. I comandi sono infatti chiaramente pensati per favorire quest’ultima parte, così come tutte le mappe non pensate per essere solo in modalità RPG denotano un’evidente favoreggiamento. Questo è uno dei peggiori difetti del gioco, ma lo vedremo tra non molto. Questo favoreggiamento è il motivo principale per cui molti accusano Spellforce 3 di plagio, ovvero la fortissima somiglianza di questo sistema a quello della famosissima saga di Warcraft. Fortunatamente il metodo di divisione a settori e la gestione dell’economia prendono uno stacco importantissimo e più gestionale da quest’ultimo, rendendo la parte strategica di Spellforce 3 una sorta di figlio ibrido di altri RTS molto famosi. Il concetto fondamentale di strategia viene mantenuto e le sue componenti, per quanto alle volte un po’ ripetitive, risultano senza infamia e senza lode.
Spellforce 3, rispetto ai suoi predecessori, prevede l’utilizzo di tre singole fazioni: Umani, Elfi e Orchi. Nulla di fuori dall’ordinario, e ciò ormai non stupisce più. Come era anche abbastanza prevedibile, queste tre fazioni sono profondamente differenti, non solo a livello visivo, ma anche a livello meccanico. La gestione delle risorse ad esempio, oltre a essere differenziata per le risorse speciali, è differenziata anche attraverso tutti gli edifici. Le singole unità prevedono tratti e miglioramenti tipici delle singole fazioni che esulano dal classico combattimento “sasso, carta e forbice” tipico degli RTS. Anche gli eroi in modalità schermaglia sono profondamente differenti tra loro e prevedono molteplici scelte tattiche e visive. La differenziazione è presente persino nella gestione dei lavoratori dei singoli settori, che prevedono in ogni caso settaggi differenti a seconda della razza da noi giocata.
Il mondo di Spellforce, Eo, è ciò che accompagna il giocatore sin dagli albori. Parlando del terzo capitolo appare a chiunque non sia digiuno in proposito che si parli quindi di un prequel. Affronteremo i problemi di continuità con molta calma, abbiamo tempo. Eo in Spellforce 3 è semplicemente spettacolare. Parliamo di decine e decine di mappe create in maniera minuziosa e dettagliata, collegate tra loro da una mappa strategica squisita la cui dimensione lascia ben pensare che le nostre avventure nella saga non terminino con il primo capitolo. Ogni singolo luogo è unico e curato, nonché assolutamente meraviglioso. Forse però un pochettino troppo grande. Magari giusto anche leggermente vuoto. Questa è infatti l’eredità del favoreggiamento della parte strategica e di parte della direzione artistica: mappe gigantesche e dettagliatissime che però dopo ore di gioco incominciano ad apparire spoglie e vuote. Potrebbe anche trattarsi di una scelta di design.
Spellforce 3, esattamente come i suoi predecessori, prevede un rudimentale sistema di teletrasporto. Questo sistema è stato pensato in maniera molto accurata, e riesce al tempo stesso a funzionare come checkpoint, teletrasporto e a essere anche ben inserito nell’ambientazione. Sarebbe tutto molto felice, se riuscisse veramente a svolgere il suo ruolo in maniera perfetta. Spellforce 3 ha infatti un ulteriore difetto assolutamente infelice: i tempi di percorrenza delle mappe sono una rappresentazione accurata del dolore fisico. Spendere il proprio tempo osservando i personaggi muoversi in maniera più o meno coordinata verso il luogo successivo è decisamente poco divertente. Purtroppo le Godstones, il sistema di teletrasporto in questione, sono posizionate in maniera da favorire l’aspetto RTS del gioco, impedendo agli eroi di possedere il dono dell’ubiquità. Si tratta di una scelta perfetta dal punto di vista del bilanciamento, ma assolutamente dolorosa per quanto riguardi gli spostamenti.
La storia e l’ambientazione di Spellforce 3 sono intrecciate tra loro in maniera importante, persino con i capitoli precedenti. Ci troviamo infatti cinquecento anni prima degli accadimenti di Spellforce: Order of Dawn, nell’impero di Nortander. Nel prologo e durante le varie cutscenes potremo imparare di più su ciò che riguarda il passato di Nortander e della guerra appena terminata, che nella maniera più classica per gli High Fantasy riguarda i maghi. Per quanto ottimamente strutturate, sia trama che ambientazione soffrono dei classici cliché del genere, ma sarebbe anche errato aspettarsi il contrario. Bisogna tuttavia essere onesti e ammettere che pure in questo caso il mondo si sviluppa in una maniera abbastanza interessante, e pur all’interno dei suoi stereotipi di genere Spellforce 3 riesca spesso a muoversi in maniera inaspettata, sopratutto per quanto riguarda quest secondarie e contenuti opzionali. Vi sono tuttavia ben poche decisioni riguardanti la trama principale.
Spellforce 3 è in grado quindi di ammaliare con i suoi dettagli e la sua cura a tutto tondo. Il doppiaggio è quasi sempre di una qualità quantomeno discreta e prevede qualche vecchia conoscenza che chiunque con un poco di orecchio noterà sicuramente. Anche il resto del reparto del suono è all’altezza del titolo senza eccedere in nulla di eccelso, rimanendo tranquillamente sopra la soglia dell’accettabile. Unico piccolo appunto può essere fatto riguardo alla caratterizzazione di determinati personaggi, di cui mancano o vengono riutilizzate le stesse immagini, e la caratterizzazione dei nostri compagni. Pur non essendo malvagi nella realizzazione complessiva, si fa molto sentire la mancanza di reali interazioni con questi ultimi al di fuori dei dialoghi. Al contrario, invece, le interazioni dei nostri compagni con il mondo che ci circonda saranno molteplici e molto spesso influenzeranno, nel bene e nel male, le nostre scelte.
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