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In verbo tuo laxabo rete: la politica estera e interna del Vaticano

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Carlo Paganessi

La chiesa cattolica affonda le proprie radici nelle fasi finali dell’Impero Romano: nata in Medio Oriente dai movimenti messianici della religione ebraica del I secolo, il nuovo credo (che mescolava elementi della religione ebraica con quella mitraica e i vari culti del sole) si espanse a nord ad Antiochia e poi, da lì, nel resto dell’Impero Romano. Nei primissimi frangenti la comunità dei credenti era composta anche da elementi notabili all’interno dell’Impero, come Paolo di Tarso, poi divenuto santo, che era cittadino romano ed elemento noto alla politica imperiale. Con l’andar del tempo e il passare dei decenni, l’attività della chiesa si rivolse anche al supporto agli emarginati, applicando quelli che erano i fondamenti del messaggio di Gesù e ampliando il proprio consenso tra queste fasce della popolazione. Nel frattempo altre religioni, come l’ebraismo, stavano attraversando una fase di riorganizzazione (necessaria dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme), mentre altre semplicemente non si curavano di veicolare un’idea di società compatibile con la visione di allora (come il mitraismo che comunicava l’idea di una società verticistica e che pertanto si diffuse prevalentemente tra le classi più agiate). Dopo la morte degli Apostoli, la chiesa si riorganizzò intorno ai cinque patriarcati di Roma, Costantinopoli, Antiochia, Alessandria e Gerusalemme. La prima di queste, che ospitava anche la capitale dell’Impero, dalla metà del secondo secolo si ritrovò ad ospitare anche la leadership delle strutture di comando in quanto vicina al luogo di martirio del primo papa (Pietro): Ambrogio da Milano, vescovo della città poi divenuto santo, coniò l’espressione «Ubi Paetrus, ibi ecclesiae» (laddove vi è Pietro, lì vi è la chiesa), attribuendo la primazia sull’intera chiesa alla diocesi di Roma, posta nei pressi della tomba di Pietro sul colle Vaticano.

Nel corso dei secoli successivi il Vaticano ha poi vissuto alterne fortune e con esse anche le strutture della chiesa sono profondamente cambiate: nel giro di pochi secoli la chiesa non solo è sopravvissuta al crollo dell’Impero Romano, ma è riuscita a sfruttare le invasioni barbariche per espandersi fino alle estreme propaggini d’Europa: in Iberia, sulla sponda sud del mar mediterraneo e in Germania. Una tale espansione non poté che portare a qualche tensione interna, corretta prima con vari concili (in primis quello di Nicea del 325 che contribuì a chiarire diverse questioni teologiche) e poi con la condanna delle teorie monofisite che contribuirono a isolare le chiese siriane ed egiziane. Con la promozione del cristianesimo a religione di stato, avvenuta con l’Imperatore Teodosio nel 380, i vescovi passarono dall’essere perseguitati dal potere militare a esserne i primi comandanti. La prima grande trasformazione della chiesa fu proprio questa: il passare dall’essere perseguitata e solo dedita alla cura spirituale dei propri fedeli al possedere potere, terra, soldati e soldi. Da quel momento la chiesa smise di essere un attore esclusivamente religioso e diventò un centro di potere dominante in Europa per tutta l’epoca medievale, in grado di favorire l’ascesa di re, imperatori o di intere nazioni. La gestione di tale sistema di potere è stata tutt’altro che semplice e si è dovuta avvalere di un sistema di acquisizione delle informazioni che è il più antico ancora esistente al giorno d’oggi: una rete capillare i cui gangli terminali sono rappresentati dalle parrocchie che si sono avvalse del sacramento della confessione come principale strumento di lavoro in tale campo.

Martin Lutero, religioso tedesco che diede il via alla riforma protestante nel 1517

La riforma luterana fu la prima seria minaccia al potere secolare temporale del Vaticano dopo le persecuzioni dell’Impero Romano: un periodo di dissolutezza morale e allontanamento del clero dai doveri di cura spirituale in favore delle questioni temporali contribuirono a provocare una spaccatura all’interno della chiesa. Tale rottura si concretizzò in diversi tentativi di riforma: quello di Wyclif in Inghilterra a metà del XIV secolo, quello di Jan Hus nel secolo successivo e, quello coronato da maggior successo di Martin Lutero in Germania a partire dal 1517 in poi. La chiesa controbattè con il concilio di Trento e con la c.d. “Controriforma”. La spaccatura a livello europeo contribuì a creare una serie di guerre di religione che in ultima analisi contribuirono alla creazione degli Stati nazione così come li conosciamo oggi.

Joseph Ratzinger, papa fino all’abdicazione, avvenuta nel 2013

La fine del potere secolare della chiesa di Roma avvenne con la presa della città eterna da parte del Regno d’Italia nel 1871: da quel momento in poi il Vescovo di Roma ebbe un rapporto conflittuale con lo stato italiano per tutto il resto del secolo. Il rapporto venne parzialmente ricucito dapprima con il patto Gentiloni del 1913, mentre nel 1929 la completa restaurazione dei rapporti avvenne con i Patti Lateranensi che riaprirono delle regolari e stabili relazioni bilaterali tra i due attori. A livello di potere secolare, la chiesa cattolica si trasformò in una monarchia elettiva teocratica a carattere patrimonaile con sovranità parziale sulla Città del Vaticano (che ricomprende la basilica di S. Pietro, il Palazzo del Laterano e pochi altri edifici).

Sin dal medioevo la chiesa si è fermamente opposta alla creazione di uno stato italiano, nel timore che questo potesse limitare la capacità del Vaticano di proiettare il suo potere sul mondo. Questo è avvenuto solo parzialmente in quanto la Santa Sede ora non viene più interpellata nel merito politico, ma su quello etico e, in ogni evenienza, rimane in grado di far valere il proprio potere in altri ambiti diversi da quello strettamente territoriale, come quello politico attraverso l’influenza ideologica esercitata su determinati attori (basti pensare alla fortissima influenza avuta da partiti come la Democrazia Cristiana in Italia). Il Vaticano è, ad oggi, in grado di esercitare pressioni non solo a livello ideologico, ma anche economico grazie alle proprie vaste disponibilità e alle fondazioni che possiede nei vari paesi e che, essendo spesso catalogate come ente benefico, godono di un regime fiscale particolare.

Gli esempi che possono essere portati a sostegno di tale visione sono molteplici: l’influenza del Vaticano esercitata nei confronti dell’opinione pubblica italiana sul caso Englaro è stata palese, dando vita a pressioni esercitate non solo sui media, ma anche su partiti politici e membri di spicco della società italiana. Simili pressioni hanno anche portato alla modifica del testo originale della recente legge sul testamento biologico. L’influenza vaticana non si limita ai confini italiani: un vasto numero di episodi di pedofilia che vedevano protagonisti vari elementi della chiesa è stato scoperto e portato alla ribalta, denunciando l’esistenza di un vero e proprio sistema teso a proteggere i preti colpevoli di tale crimine e a nasconderne i misfatti attraverso la loro assegnazione a diverse parrocchie. L’inchiesta partì da un giornale di Boston in merito a quanto accadeva nella locale curia durante buona parte della seconda metà del XX secolo, ma con l’approfondimento delle indagini il sistema si rivelò molto più ampio ed esteso sui cinque continenti, con agganci anche all’interno della curia romana.

Con premesse di questo tipo si potrebbe essere portati a pensare che il Vaticano sia un solido monoblocco che si muove nell’ombra per il raggiungimento dei propri fini di aumento della propria influenza e adesione della politica mondiale ai precetti della fede cristiana: così è fino a un certo punto. La politica interna alla chiesa (come è normale in casi di soggetti così estesi) presenta spaccature anche di notevole entità: un esempio rilevante è quello che si verifica a ogni conclave per l’elezione di un nuovo papa. Nelle ultime due circostanze (nel 2005 e nel 2013) si sono scontrate due fazioni ecclesiastiche: una riformista ed extraeuropea, e una conservatrice ed eurocentrica. Le divisioni su base continentale non sono nette e precise (ad esempio l’italiano Carlo Maria Martini, cardinale di Milano, era schierato con i riformisti), ma rispecchiano in modo abbastanza fedele gli schieramenti in campo. Durante il primo conclave di questo millennio, la maggior parte dei giornalisti dava Martini e Ratzinger come principali candidati, mentre in seguito si scoprirà che Martini non fu mai davvero in gara e i cardinali dell’ala innovatrice (su consiglio dello stesso cardinale di Milano) preferirono convogliare i propri voti su Bergoglio, il quale però si ritenne “non pronto” e cedette il passo a Ratzinger, che venne eletto e rimase in carica per gli otto anni successivi fino all’abdicazione.

Angelo Scola, cardinale italiano considerato molto vicino agli ambienti di Comunione e Liberazione

Successivamente si ebbe l’elezione del cardinale di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio, la cui scelta da parte del conclave venne promossa, secondo le indiscrezioni contenute nella biografia del cardinale belga Godfried Daneels, da una specie di club di cardinali formatosi in seno alla chiesa: buona parte dei nomi forniti nelle memorie del cardinale non sono compatibili con quel proposito (il cardinale Hume era già morto, Achille Silvestrini non partecipò a nessuno dei due conclave perché già ultraottantenne e via dicendo). L’elezione di Bergoglio avvenne a scapito (tra gli altri) anche del cardinale Scola, uno degli elementi maggiormente di spicco nell’ala conservatrice e legato a doppio filo agli ambienti di Comunione e Liberazione, associazione che annovera diversi elementi di spicco della politica italiana. Tali memorie, che al tempo della loro pubblicazione nel 2015 suscitarono notevole indignazione e fervore mediatico, rappresentano probabilmente un tentativo di inquinamento dell’immagine del papa, a testimonianza di come la lotta tra le diverse anime della chiesa continui anche al di fuori dei conclavi.

Le elezioni di un nuovo papa costituiscono indubbiamente un elemento di fascino, ma sono nient’altro che l’elemento più superficiale e apparente delle spaccature interne alla chiesa: le divisioni si formano anche a livello ideologico come accaduto con la scomunica dei cardinali Lefebvriani operata da Giovanni Paolo II e tolta, dopo diverse pressioni, dallo stanco e ormai indebolito Benedetto XVI. Date le premesse ideologiche di diversi cardinali nel novero dei Lefebvriani (tra cui figura anche la negazione dell’olocausto degli ebrei avvenuto durante la Seconda Guerra Mondiale), il governo tedesco di Angela Merkel protestò immediatamente e Ratzinger finì per ripristinare la scomunica, violando de facto un dogma (quello dell’infallibilità papale) vigente dal 1870. In questo caso Ratzinger dimostrò di essere un teologo, prima ancora che un politico.

La prima e più forte minaccia che il Vaticano si trova ad affrontare, oltre alla laicizzazione della società occidentale, è la crisi delle vocazioni: la colpa è da ravvedersi nei vertici della chiesa, che invece di adattarsi alla società in evoluzione cerca di adattare alle proprie dottrine la società, fallendo nel dimostrare di aver analizzato e capito la propria storia. Durante le persecuzioni di età romana, la chiesa si nascose nelle catacombe e si rivolse agli emarginati, mentre durante la crisi dell’Impero Romano occupò quel vuoto valoriale lasciato dalla decaduta aquila romana. I problemi (la riforma luterana, gli scontri con l’Impero e via dicendo) per questa istituzione sono sempre arrivati nel momento in cui ha cercato di modificare la società ponendole di fronte un muro fatto di impalpabili dogmatismi.

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