Nella nostra rubrica theWise incontra abbiamo spesso dato spazio al ruolo dello youtuber, ormai sempre più influente a livello social nella società moderna. I tanti contenuti della piattaforma consentono di mettere in pratica un’analisi sempre attenta alle varie sfaccettature presenti: i temi sono disparati, le polemiche anche, così come gli spunti di riflessione da esse generate. Tra i creatori italiani che più si dilettano nel parlare delle tematiche riguardanti YouTube (e, di riflesso, anche la vita reale) Barbaroffa è sicuramente uno dei più influenti e credibili: la sua competenza è ormai rinomata nell’ambiente e, a dispetto di molti altri personaggi, il suo è riuscito in quella che a tratti sembra davvero un’impresa, cioè presentare contenuti intellettualmente elevati.
Nella nostra chiacchierata Barbaroffa – pseudonimo di Arnaldo Pangia – ha toccato molti temi che comprendono il rapporto tra il mondo “reale” e la piattaforma video più famosa del mondo. Un rapporto non sempre idilliaco ma che, inevitabilmente, finirà per diventare anche più solido in un futuro nemmeno troppo lontano.
Dunque: chi è Barbaroffa e da cosa nasce questo personaggio, con quali intenti?
«In realtà è difficile rispondere perché Barbaroffa è cambiato tantissimo nel corso degli anni. Barbaroffa nasce all’inizio per esprimere la mia passione per i videogiochi e il videomaking. Pensavo di fare entrambe le cose, ma con il passare del tempo ho dovuto aggiustare il tiro: ho imparato che forse dovevo essere meno Barbaroffa e più Arnaldo. Quindi quello che si vede su YouTube adesso rappresenta meglio ciò che sono io come persona. Il gameplay prende bene per forza, si tratta di una cosa vista e rivista. Ora mi diverto di più e anche a livello di numeri ho iniziato a crescere maggiormente».
Il tuo progetto poteva essere individuato come un qualcosa di nicchia, nonostante i videogiochi.
«Per me questo è sempre stato un problema, perché Dio solo sa quanto ho provato a non essere di nicchia. Però il mio problema è proprio che mi piacciono i videogiochi di nicchia, quindi ho pensato di portare ciò che mi piaceva e il resto sarebbe andato bene uguale. E invece no, perché non amo i videogiochi mainstream. Mi hanno detto che me la tiravo, che cercavo i videogames più strani e particolari. Poi, semplicemente, ho tolto dalla mia testa l’assioma che fare video su YouTube significava per forza parlare di giochi. Non so perché, pensavo questo. Poi le cose sono cambiate un po’ con l’avvento di YouTube Fa Cagare, che è stato un fulmine a ciel sereno per me. Non tanto perché ha aperto gli occhi sulla falsità di alcuni canali, questa è una cosa abbastanza banale. Il punto è che ha fatto comprendere come su YouTube si possa portare qualcosa che non sia per forza un videogioco, proponendo dunque contenuti frizzanti di attualità. Per me questo è stato lo spartiacque».
Recentemente lo scandalo di Logan Paul sul cadavere ritrovato nella foresta dei suicidi in Giappone ha scatenato svariate polemiche. Nel corso degli anni a volte si è avuta la percezione dello youtuber come di una persona intoccabile. Quindi: c’è un limite effettivo su YouTube? Quando si arriva a superarlo?
«Faccio una considerazione più ampia. Ho parlato in una live recentemente del fatto che ci sono delle cose imperdonabili per gli youtuber. Ho fatto un parallelismo con PewDiePie, che qualche mese fa è stato letteralmente distrutto per via di una battuta che tutti hanno detto essere infelice ma che secondo me era ben strutturata. La battuta riguardava il fatto che, attraverso un sito tramite cui pagando si possono ottenere servizi, il ragazzo aveva chiesto a delle persone di srotolare un banner con su scritto “Ammazza tutti gli ebrei, iscriviti al canale!”. Era una gag con un contesto, perché in realtà si trattava di una presa in giro di un altro youtuber. Al tempo PewDiePie stava lavorando con la Disney: se sei un influencer e lavori per la Disney sei arrivato. Dopo questa battuta lo hanno distrutto: è passato come un mostro e in pochi l’hanno difeso. Ora, Logan Paul ha fatto una serie di video davvero di pessimo gusto in Giappone (così come fece in Italia): lì è stato molto sgradevole. Io sono un mediatore linguistico e interculturale, quindi posso assicurarti del fatto che si sia approfittato della natura non diretta della cultura giapponese. Ovvero, se lì io ho un problema con te, non ti affronto direttamente. Lui ha maltrattato tutti ed è arrivato al culmine del cattivo gusto con quel vlog. Il problema, secondo me, è che per YouTube o Google questo è molto più accettabile rispetto a una battuta sugli ebrei. Soprattutto per motivazioni riscontrabili nella cultura americana, per cui tu certe cose magari le puoi fare, ma non le puoi dire. Forse se lui avesse fatto solo una battuta sull’argomento sarebbe stato diverso, peggiore. Invece ciò che è successo paradossalmente gli ha fatto solo guadagnare qualcosa: il suo video di scuse ha contato milioni di visite. Scommetto che tra sei mesi starà meglio di prima in fatto di credibilità».
Secondo te lo youtuber, come personaggio ma soprattutto come persona, deve piegarsi totalmente alle logiche della piattaforma o deve emergere, rischiare e provare per magari ottenere meno risultati ma ricevere più soddisfazione personale?
«In effetti qui si va a fare un discorso di deontologia. Sembra strano farlo per YouTube, perché molti non credono che ciò che facciamo sia un lavoro. Però economicamente lo è: baratti il tuo tempo con del reddito. Direi che ognuno quindi fa ciò che ritiene più opportuno, perché non esiste un codice etico dello youtuber. Certamente c’è da dire che se vuoi essere sulla piattaforma e garantirti una sacca di sopravvivenza allora devi giocare secondo le regole del gioco, almeno in una certa misura. Io conosco persone che fanno progetti talentuosi e levigati che però non sono adatti a YouTube, infatti non vanno bene. Direi che si tratta di trovare l’aurea mediocritas, l’equilibrio adatto per gli obiettivi che ti sei posto. Se vuoi fare visualizzazioni devi plasmare qualcosa che piaccia a tutti. Ma direi che questo discorso va oltre YouTube, riguarda la vita in generale. Se vuoi fare la pizza, però, c’è più competizione ovviamente. A volte comunque sento critiche assurde sui contenuti da proporre: alla fine si è sempre a capo di sé stessi e ci mettiamo la faccia. Fare i conti in tasca agli altri in effetti è un po’ da stronzi, a volerla dire tutta».
Si fa sempre parallelismo riguardo YouTube e la televisione: è una valutazione corretta? O le due cose vanno distinte?
«Bella domanda, difficile rispondere. Se fosse ancora vivo Umberto Eco glielo si potrebbe chiedere e verrebbero fuori delle cose belle. Mentre pensavo a come rispondere mi è tornato in mente il momento in cui Bello FiGo ha dabbato in faccia alla Mussolini: in quel momento ho pensato semplicemente “wow, qualcosa è cambiato nel modo in cui esistono i media”. La mia risposta a quella domanda è quell’immagine. Non commento oltre, voglio solo ricordare che quella roba li è esistita. Credo che quel video simboleggi perfettamente il gap generazionale e mediatico che viviamo adesso. Non avevano capito nulla di quello che stava succedendo: Bello FiGo aveva dato – a modo suo – tutte le risposte».
Il tuo preferito tra i creatori di contenuti su YouTube?
«YouTube Fa Cagare è stato un vero momento di spartiacque, senz’altro è uno dei miei preferiti. Secondo me però ci sono stati degli altri grandi innovatori sulla piattaforma. Per me un momento storico è l’arrivo di Quei Due Sul Server: prima la produzione di video era veramente amatoriale, ora grazie a loro tutti alzano l’asticella a livello tecnico. E sono riusciti anche a portare altre iniziative all’esterno, come i loro progetti personali di scrittura e cinema. Oramai su YouTube ho tanti amici e quindi le mie preferenze sarebbero ovvie. Qui si può guardare tutto quello che si vuole, senza limite di tempo. Alcuni hanno portato innovazione ma non saprei sceglierne altri in particolare».
Secondo te YouTube è davvero una community, intesa come senso di grande unità?
«Lo è, perché è un gruppo di persone che fa la stessa cosa: caricare video. Ma non è una comune. Quelli che ragionano sul volemose bene sbagliano: ci sono idiosincrasie, siamo semplicemente un gruppo di persone. Si può collaborare, ci si può contrastare o ignorarsi».
Quali sono i progetti futuri per te stesso e per il canale?
«In questo momento molto particolare – sono a Taiwan, ho vissuto qui per un anno per perfezionare il mio cinese – vorrei, dopo il ritorno in Italia, stabilirmi e trovare un posto dove vivere. Vorrei sistemarmi con la mia ragazza, con la quale sto da molto tempo e con cui non ho mai convissuto. Vorrei cercare lavoro, metter su famiglia, progetti ambiziosi. Per quanto riguarda Barbaroffa ho sicuramente trovato la mia strada: l’obiettivo è continuare a fare ciò che sto facendo, circondandomi di persone che sono sulla mia stessa lunghezza d’onda per fare cose ancora più belle».
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