Da sempre, i fisici si occupano dello studio delle leggi fondamentali dell’universo. Eppure ultimamente si osserva una migrazione verso campi come la biologia, la finanza e l’informatica. A cosa è dovuta questa trasformazione?
Per capire meglio la questione è meglio fare un passo indietro per capire di cosa si occupa di norma un fisico. Le principali aree di ricerca della fisica moderna sono sintetizzabili in tre domande. Cosa succede se il sistema considerato è:
- estremamente piccolo?
- estremamente grande?
- composto da un enorme numero di componenti?
Tentare di rispondere alla prima domanda porta alla Meccanica Quantistica, ovvero ciò che succede quando si prendono in considerazione singoli atomi. La seconda invece porta alla Teoria della Relatività, che si occupa di oggetti su scala cosmica: buchi neri, stelle di neutroni o l’universo stesso. In entrambi casi la ricerca porta a risultati fortemente controintuitivi, e per verificarli abbiamo costruito acceleratori di particelle e osservatori astronomici, i quali hanno costituito così l’immaginario comune dei luoghi in cui si fa fisica.
Cosa succede invece nel terzo caso? Per rispondere, è necessario addentrarsi nell’ambito della Meccanica Statistica. La motivazione che ha portato alla nascita di questa branca della fisica risiede nel fatto che gli oggetti della nostra vita quotidiana sono composti da un numero enorme di atomi interagenti. Effettivamente, questo campo di studio è nato per capire e descrivere come, a partire da proprietà microscopiche, si può arrivare ai tre principali stati della materia: solido, liquido e gassoso. È importante notare che tali stati sono un indice di organizzazione collettiva dei loro costituenti e in quanto tali le loro proprietà sono fondamentalmente diverse da quelle delle singole componenti.
A prima vista, tutto ciò non è nemmeno lontanamente interessante quanto un buco nero, o quanto le assurde implicazioni della Meccanica Quantistica. Eppure, come vedremo a breve, la cosa più sconvolgente della Meccanica Statistica è la sua versatilità. Per capire come mai, è necessario tornare alla sua definizione: lo studio delle proprietà di un sistema composto da un grande numero di elementi interagenti. Una volta stabilito ciò, con il potere dell’analogia si può arrivare veramente molto lontano.
Dimentichiamoci perciò un attimo della fisica: se prendiamo in considerazione la società umana, vediamo che è un’entità qualitativamente differente dagli individui che la definiscono tramite le loro interazioni interpersonali, eppure non può esistere senza di essi. Un altro esempio molto rilevante è l’economia: sebbene in termini semplici si possa dire che è un insieme di transazioni, la sua complicazione è fondamentalmente maggiore di quella delle singole transazioni. Sistemi simili appaiono spesso anche in ambito biologico: dai formicai ai neuroni, dagli ecosistemi al volo degli uccelli. Questo è il concetto di fenomeno emergente, che ha avuto poi risvolti molto importanti anche in campi come arte e filosofia.
Biologia
Immaginate di avere a disposizione dei Lego per costruire una proteina. La fisica e la chimica danno le istruzioni per avere un risultato funzionante. Esistono però modi non convenzionali di approcciarsi a sistemi biologici usando la fisica. Ma cosa si intende con “non convenzionali”?
Attualmente, la biologia sta attraversando una vera e propria rivoluzione. Il numero e la qualità dei metodi usati per raccogliere dati hanno generato una mole enorme di informazioni. Ciò ha portato a un problema: come riuscire a effettuare un’analisi intelligente di tale mole? A questo punto sono entrati in gioco i fisici. Sebbene i dati siano entità astratte, essi soddisfano tutti i requisiti necessari per essere studiati nell’ambito della Meccanica Statistica: sono presenti in grande numero, e interagiscono. Ma cosa si intende per interazione, quando si parla di dati? Con il giusto sforzo di astrazione, possiamo dire che anche se i dati non sono propriamente entità fisiche, è tuttavia necessario che presentino delle interazioni, rappresentanti la struttura sottostante del sistema biologico. Se ciò non fosse vero e i dati fossero totalmente scorrelati, non avrebbe senso raccoglierli e analizzarli in primo luogo. Questo è un discorso che vale per tutte le discipline basate sui dati, ma il caso della biologia merita comunque una menzione speciale.
Queste tecniche hanno portato a risultati tangibili nello studio delle proteine, con notevoli implicazioni in ambito medico.
Un altro aspetto fondamentale, in ambito biologico, in cui la fisica può dare molto è lo studio dell’evoluzione: i sistemi biologici devono essere in grado di estrarre efficientemente informazioni dal sistema che li circonda, al fine di potersi adattare nel modo migliore possibile e potersi riprodurre adeguatamente. Il contributo della fisica, in questo caso, è dovuto alla teoria dell’informazione e al legame di quest’ultima con il concetto di entropia («ma questa è un’altra storia e si dovrà raccontare un’altra volta», come scriveva Michael Ende). Il tentativo di formulare matematicamente la performance evolutiva è uno sforzo che coinvolgi numerosi, eminenti fisici. A questo punto sorge un interessante parallelismo: siamo a conoscenza di altri sistemi estremamente competitivi in cui la performance gioca un ruolo fondamentale? Certamente, e ciò ci porta al prossimo argomento.
Finanza
In fisica il concetto di energia è centrale. Ogni azione ha un costo in termini di energia, la cui quantità totale è fissata. Spingendosi oltre si può dire che l’energia rappresenti la valuta del mondo fisico. Nulla vieta, perciò, di estendere il parallelismo nella direzione opposta. Ma il legame tra i due ambiti è molto più profondo. Gli argomenti usati in campo biologico funzionano molto bene anche nel caso della finanza, ma vi sono anche altre motivazioni per pensare che ci sia molto da fare da parte dei fisici.
Il rapporto della fisica con la casualità non è nulla di nuovo. Dopo ogni misura fatta in un esperimento è necessario essere in grado di discernere se si è misurato un effetto casuale o veramente significativo. Questo rapporto ha raggiunto tutto un nuovo livello nel Novecento: la scoperta da parte di Albert Einstein della descrizione matematica del moto casuale di una particella di polline in acqua, assieme alla realizzazione che la descrizione della meccanica quantistica è fondamentalmente probabilistica, ha cementato questo rapporto.
Tutto ciò significa che una persona con una certa esperienza in fisica è inaspettatamente brava nell’estrarre informazioni da dati “sporcati” da elementi casuali.
Perché c’è bisogno di più fisici?
Qual è la differenza tra coloro che hanno studiato fisica e coloro che si sono dedicati alle altre scienze? In primo luogo, la quantità di matematica studiata: la fisica è praticamente l’unica disciplina ad avere un dialogo continuo e ad alto livello d’astrazione con la matematica. Tale dialogo, però, avviene sempre con la necessità di avere i piedi per terra, per formulare modelli che descrivano al meglio la realtà che ci circonda. In secondo luogo, a tali conoscenze si aggiungono anche quelle informatiche: al giorno d’oggi, i fisici che lavorano solo alla lavagna sono diventati una minoranza, visto che anche per i teorici è necessario fare simulazioni per vedere se il modello che hanno prodotto sta in piedi. Tutto ciò separa la fisica dal resto delle discipline scientifiche, le quali sia per mancanza di dati sia per la difficoltà di matematizzare i propri concetti hanno dovuto per forza di cose seguire approcci più empirici. Andando oltre, il background di un fisico cambierà molto dalla specializzazione, che sia essa sperimentale o teorica. Fatto sta che tutto ciò forma l’abitudine di attingere a tutte le discipline che possono rivelarsi utili.
Questo potrebbe portare a una nuova generazione di scienziati, che prenderanno in prestito i modelli quantitativi della fisica per riformulare le scienze. Tutto ciò, unito alla sempre crescente disponibilità di dati, rappresenta la rivoluzione scientifica che sta nascendo in questo periodo. È persino possibile che, in futuro, tutti gli scienziati provengano da un percorso molto simile a quello che seguono i fisici oggi, proprio per la versatilità che esso garantisce.