Sono iniziate da poco le Olimpiadi invernali di Pyeongchang. Il fuoco di Olimpia torna a risplendere in Corea del Sud a trent’anni di distanza dall’ultima volta, quando la capitale Seoul ospitò i giochi della XXIV Olimpiade nel 1988. Un’edizione dei giochi olimpici di cui si è parlato e si parlerà a lungo, sia per la situazione tra la vicina Corea del Nord e gli Stati Uniti, sia per la presunta poca presenza di fan che fa temere il CIO di aver fatto un terribile flop. Quasi come in tempi antichi, quando le Olimpiadi “mettevano in pausa” qualunque tipo di conflitto o diatriba, anche in questo caso lo sport prenderà il sopravvento, lasciando questioni extrasportive al di fuori dei giochi. Facendo un salto indietro nel tempo – circa nel 2011 – la scelta che ha portato alla selezione di Pyeongchang come sede dei giochi olimpici invernali è stata schiacciante: tra le tre pretendenti all’organizzazione delle Olimpiadi invernali, è stata proprio la cittadina coreana a trionfare con una maggioranza assoluta nei confronti di Annecy e Monaco di Baviera. Mai però si poteva immaginare che a sette anni di distanza che la posizione geografica della sede potesse rappresentare un problema. Pyeongchang si trova nella parte settentrionale della Corea del Sud, nella regione del Gangwon, molto vicina al confine con la Corea del Nord: è risaputo come le tensioni recenti tra lo stato di Kim Jong-un e gli USA siano quasi all’ordine del giorno. Come accennato in precedenza, i costanti botta e risposta tra Washington e Pyongyang hanno scoraggiato tanti appassionati dal comprare un biglietto.
Come rappresentato in un esposto di Bloomberg il 1 novembre scorso, sebbene ci sia stato un incremento delle vendite nei mesi precedenti all’inizio dell’olimpiade, c’è la concreta possibilità che il comitato organizzativo locale possa perdere quasi 300 milioni di dollari rispetto al budget iniziale di circa 2,5 miliardi di dollari. Un ritorno economico, assieme alla visibilità di un evento come le Olimpiadi invernali, che avrebbe aiutato la Corea del Sud a far ripartire l’economia, come viene citato nel sito ufficiale di Pyeongchang 2018. La questione sicurezza si è fatta sentire non solo da parte degli spettatori, ma anche da alcune federazioni partecipanti: la Francia ad esempio, rappresentata dal loro ministro dello sport Laura Flessel, annunciò pubblicamente che se la sicurezza degli atleti non fosse stata garantita non avrebbe mandato la propria squadra olimpica in Corea. Una precauzione simile è stata anche considerata dal team della Gran Bretagna, che addirittura pensava a un possibile piano di evacuazione per i propri atleti in caso di pericolo. Nel mese di ottobre infatti, il CEO del comitato olimpico britannico Bill Sweeney commentò come la spedizione dovesse essere pronta a ogni evenienza, sebbene nella stessa intervista disse come, a suo parere, le stesse misure preventive sarebbero poi probabilmente risultate non necessarie. A calmare le acque sono arrivati segnali di apertura nel mese di gennaio 2018 dopo un vertice tra le due Coree che ha fatto raggiungere un accordo per convincere la Corea del Nord a mandare una delegazione di atleti alle olimpiadi invernali: oltre alla partecipazione di 22 atleti della Repubblica nord-coreana, si è arrivati alla decisione storica di far sfilare le due nazioni nuovamente sotto un’unica bandiera. L’ultima volta successe nelle lontane olimpiadi di Sydney 2000, quando a portare il vessillo furono un uomo e una donna, Pak Jung-Chul e Chung Eun-Sun, nord-coreano lui e sud-coreana lei.
Alcune questioni che non riguardano alcun tipo di disciplina – ad esempio la già accennata gara tra chi ha il bottone nucleare più grosso tra Donald Trump e Kim Jong-un – passano quindi in secondo piano, mentre altre invece sono un po’ più determinanti al fine della partecipazione dei giochi da parte della Federazione Russa. Il comitato olimpico russo, reo di aver manipolato uno scandalo doping nazionale, ha costretto la WADA a squalificare una buona parte degli atleti che rappresentano la Russia. Proprio per questo motivo, nella cerimonia d’inagurazione delle olimpadi invernali di Pyeongchang 2018 non ci sarà il tricolore russo. Solo gli atleti che hanno dimostrato di essere all’oscuro di tutto, che non si allenano sul territorio nazionale russo – come ad esempio può esserlo un giocatore professionista di hockey su ghiaccio all’estero – potranno prendere parte a Pyeongchang 2018. Uno scandalo inaudito che ha portato alla revisione dei risultati sportivi dei giochi olimpici precedenti tenuti a Sochi nel 2014, portando alla revoca di ben 13 medaglie in varie discipline. Coloro che sono stati scagionati da questa vicenda prenderanno così parte alle competizioni rappresentando però la bandiera olimpica, come accade per nazioni che non hanno un comitato olimpico interno o – come nel caso della Russia – per situazioni politiche che rendono l’attività impossibile per gli organi nazionali. Caso diametralmente opposto per il Kosovo, che dopo aver fatto il suo debutto assoluto a Rio 2016, è pronto a fare la sua prima apparizione anche ai giochi olimpici invernali. La delegazione è composta da un solo atleta: si tratta di Besnik Sokoli, sciatore di Orahovac residente a Brooklyn, qualificato ufficialmente alle gare di sci alpino. C’è tanta curiosità per altre nazionali che prenderanno parte, proprio come il Kosovo, per la prima volta alle olimpiadi invernali: il caso più curioso è certamente quello della Nigeria che porterà la nazionale femminile di bob in Corea del Sud. Seun Adigun, una delle tre ragazze che prenderanno parte alla spedizione nigeriana a Pyeongchang, ha già avuto esperienze olimpiche estive, correndo i 100m femminili a Londra 2012. Assieme a Ngozi Onwumere e Akuoma Omeoga formano un team che da anni si allena all’estero e che è riuscito a coronare un sogno di portare gli sport invernali anche in un posto non proprio alpino come la Nigeria. Un po’ come nel film della Disney Cool Runnings – Quattro sottozero del 1988, dove la nazionale giamaicana – in questo caso maschile – era andata alle olimpadi invernali di Calgary. Se trent’anni fa una nazionale che geograficamente di montuoso aveva ben poco faceva pensare a una storia inusuale, è bello vedere come oggi certe storie possano essere vissute e raccontate al di fuori delle sale cinematografiche.
Infine, tornando per un momento nei confini nazionali, c’è tanta speranza per la spedizione azzurra che vuole tornare a vincere un oro alle olimpiadi invernali dopo la medaglia vinta da Giuliano Razzoli nello slalom speciale a Vancouver. Tanti atleti azzurri fanno sognare, a cominciare dalla portabandiera Arianna Fontana, capace di vincere due bronzi e un argento a Sochi 2014, sempre a podio dal suo esordio dal lontano 2006, così come Carolina Kostner che tornerà nuovamente a pattinare sul ghiaccio nel torneo olimpico dopo aver conquistato il terzo posto nel pattinaggio su ghiaccio. Da non dimenticare anche le ragazze dello sci: Federica Brignone, Sofia Goggia e Nadia Fanchini, che con l’andamento recente negli ultimi tornei disputati prima delle olimpiadi fanno pensare ancora di più che l’Italia può fare la sua bella figura a Pyeongchang.
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