Per un appassionato di calcio, sapere che Andrea Pirlo si è ormai ritirato dal mondo del pallone equivale quasi al vivere una sorta di lutto sportivo. Giocatore incredibilmente talentuoso sia con i piedi che con la testa, per via di una visione di gioco semplicemente inumana, Pirlo ha lasciato un’eredità piuttosto pesante a tutti i centrocampisti italiani presenti e futuri. Un’eredità che però, almeno allo stato attuale delle cose, nessuno è stato in grado di raccogliere sul serio.
Campione magnifico ma unico Andrea Pirlo, nel vero senso della parola. Perché sin dai suoi ultimi anni sul terreno di gioco si è cercato di ricercare, tra le pieghe dei campi altrui, un “nuovo Pirlo” che raccogliesse la maglia del precedente nelle sue qualità balistiche e mentali. Il nuovo Pirlo però non è mai arrivato e, probabilmente, non arriverà mai. Certo, qualcuno negli ultimi anni ha provato davvero a diventarlo (questo almeno secondo la stampa nostrana). Ma tutti, inevitabilmente, hanno fallito.
Uno dei nomi su cui si fece più affidamento a suo tempo fu quello di Luca Cigarini. Centrocampista classe 1986, cresciuto nella Sambenedettese, iniziò a giocare in Serie A con la maglia del Parma. Cigarini si fece notare soprattutto a causa della sua grande personalità e della volontà di gestire spesso il pallone, sia quando la squadra giocava con un possesso palla ravvicinato che in caso di lanci lunghi per imbeccare gli attaccanti. Cigarini si propose – ai ducali come con l’Atalanta e in Nazionale Under 21 – come uno dei registi più forti e promettenti di tutta Italia, tanto da meritarsi (da parte del suo ex allenatore Cesare Prandelli) il soprannome de Il professore, in virtù della sua grande sapienza nel gestire il pallone. La grande occasione per Cigarini di diventare il nuovo Pirlo arrivò nel mercato estivo del 2009: il ragazzo passa dall’Atalanta al Napoli per undici milioni di euro, divisi tra Parma e bergamaschi per via della comproprietà. Cigarini era alla ricerca di un salto di qualità e un club ambizioso come quello partenopeo sembrava potergli garantire titolarità e prestazioni decisivi per i suoi fini personali.
Sfortunatamente per lui le cose andarono diversamente. Dopo poche giornate il tecnico Roberto Donadoni, che lo aveva spesso schierato titolare, fu esonerato e al suo posto arrivò Walter Mazzarri, il quale sovente relegò il regista in panchina facendogli giocare solo spezzoni di gara. Mazzarri predilesse per quel Napoli un approccio con centrocampisti battaglieri e con forza nelle gambe, a discapito della qualità e di un approccio più tecnico. I risultati alla fine gli diedero ragione e Cigarini, che aveva giocato soltanto 28 partite e per lo più da riserva, fu costretto a salutare gli azzurri. All’ombra del San Paolo soltanto un vero acuto degno di nota: un gol bellissimo nel recupero di un Napoli-Milan, che propiziò la straordinaria rimonta degli azzurri. Prima in prestito al Siviglia e poi di nuovo a titolo definitivo all’Atalanta, Cigarini rimase però imbottigliato in un’aura mediocritas dalla quale non riuscì mai più a sfuggire. Attualmente gioca con discreti risultati nel Cagliari, ma i tempi non sono più maturi per un paragone con il fuoriclasse di Brescia.
Una delle delusioni più cocenti che stanno contraddistinguendo la ricerca del presunto nuovo Pirlo è quella che riguarda Marco Verratti. Il centrocampista abruzzese sin dal primo momento è parso un vero e proprio predestinato: tecnica sopraffina, personalità sfrontata anche in presenza di avversari quotati, venne considerato uno dei migliori giovani al mondo e in questi anni ha ricevuto persino i complimenti di un mostro sacro come Xavi, il quale ha spiegato di rivedersi nell’italiano per quanto riguarda movenze e stile di gioco. Verratti sembrava poter diventare the next big thing e il vero erede dell’ex Milan e Juventus, tanto è vero che dopo qualche stagione al Pescara senza mai aver giocato in Serie A si ritrovò a essere acquistato da uno dei club più ricchi e potenti del mondo, il PSG, nonostante la stessa Juventus e il Napoli avessero cercato di prelevarlo.
Da sempre con il mirino puntato addosso per via di un paragone pesantissimo, Verratti (che è ancora relativamente giovane) non è mai risultato però davvero decisivo, né per il suo club né per la Nazionale italiana. La sensazione principale resta quella di un giocatore un po’ smarritosi nel corso del tempo: con il passare degli anni sono diminuite le giocate determinanti e sono aumentate bizze caratteriali, proteste in campo, cartellini rossi ed errori individuali abbastanza pacchiani. Nonostante alcuni cali, Marco Verratti resta senz’altro uno dei giocatori italiani più talentuosi e forti di questa generazione. Il paragone con Pirlo, però, ormai non regge più da molto tempo, sia per quanto riguarda l’evoluzione tattica di Verratti – che da regista si è trasformato quasi in un ibrido tra un mediano e una mezzala – che a causa delle tante occasioni perse dal pescarese. Pur essendo un centrocampista praticamente completo, Verratti porta sulle spalle il peso di un paragone mediatico davvero ingombrante che, probabilmente, rovinerà in futuro la percezione della sua carriera.
Il nome più recente – sul quale però si sono già praticamente perse le speranze – sembra essere quello di Roberto Gagliardini. Giocatore esploso un po’ per caso dopo mezza stagione da titolare all’Atalanta sviluppatasi su altissimi livelli, il centrocampista centrale è stato acquistato dall’Inter con l’intento di renderlo il nuovo metronomo della zona mediana. Dopo un inizio incoraggiante, però, lo stesso Gagliardini si è perso e le sue prestazioni hanno avuto cali impressionanti sia con l’Inter che con l’Under 21. In effetti l’ex centrocampista di Cesena, Spezia e Vicenza è forse uno dei nuovi Pirlo meno tecnici e talentuosi che abbiano mai subito questo paragone. Segno anche di un impoverimento generale del calcio italiano che sembra ormai abbastanza tangibile. Lo stesso Pirlo, comunque, mise involontariamente una pietra tombale sulle speranze di emulazione: «Gagliardini mi piace ma gioca in un ruolo diverso dal mio», spiegò in un’intervista al Corriere dello Sport. Gagliardini ha ovviamente tutto il tempo del mondo per diventare decisivo. Non per diventare il nuovo Pirlo, evidentemente.
Il nome bonus di questa lista è senz’altro quello di Gaetano D’Agostino. Centrocampista mancino qualitativamente molto valido che si ritrovò a vivere il momento migliore della carriera proprio in contemporanea all’esplosione calcistica di Pirlo, nacque come regista offensivo (come il bresciano) e, sempre al pari del centrocampista lombardo, emigrò nelle zone più difensive del campo per sfruttare al massimo le sue qualità in impostazione. Le vicinanze tra i due non si fermavano a questo: D’Agostino infatti aveva una buonissima visione di gioco ed era un eccellente tiratore di calci piazzati, proprio come Pirlo.
Probabilmente l’errore di D’Agostino fu quello di non accettare un trasferimento altrove: con la maglia dell’Udinese stava facendo benissimo, fu cercato addirittura da Juventus e Real Madrid, ma decise di restare in Friuli per continuare a vivere del suo star power. La scelta però si rivelò sbagliata: negli anni successivi ci fu un pesante calo prestazionale, che portò poi a vari cambi di squadra (tra cui Fiorentina, Siena, Pescara e Benevento) rivelatisi infruttuosi. D’Agostino non tornò mai agli alti livelli raggiunti a Udine e anche per lui il paragone “in corsa” con Pirlo si rivelò fatale.
Come già accennato, difficilmente il calcio italiano scoprirà davvero il nuovo Pirlo. Sia per la comprovata rarità del calciatore in questione che per questioni tecnico-tattiche, le quali hanno sicuramente mutato il mondo del pallone sia in Italia che in Europa. Inoltre, non va sottovalutata anche una presunta maggiore “povertà” di contenuti tecnici per quanto riguarda i centrocampisti italiani, che sembrano sempre più lontani dagli standard raggiunti nelle scorse annate.
C’è da rassegnarsi dunque: di Andrea Pirlo ne resterà sempre e soltanto uno. E non è detto, in fondo, che questo debba essere considerato per forza un male.
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